La nostalgia è una lama a doppio taglio: ci fa apprezzare cose che spesso non meritano più la nostra venerazione (o che forse non lo hanno mai fatto), e semplifica, il più delle volte, il lavoro di ogni autore che decide di usarla come base di partenza per la propria opera.
Quando però, come nel caso di Mothergunship, le strizzate agli FPS anni 90 vanno di pari passo ad un approccio allo sviluppo moderno, in tutti i sensi, anche se il risultato finale è lontano dalla perfezione è impossibile non ammettere di trovarsi davanti ad un qualcosa di ben fatto, e in questo caso specifico, dannatamente divertente.
Alle meccaniche spara-spara contro orde di nemici, il gioco di Terrible Posture Games aggiunge infatti elementi roguelike, nell’ordine di livelli dalla struttura sempre diversa e imprevedibile, e un sistema di crafting con cui personalizzare il proprio arsenale senza (troppi) limiti: il risultato è meno disastroso del previsto, tutt’altro, ma porta con sé alcuni inevitabili problemi legati alla generazione procedurale, croce e delizia di tanti sviluppatori indipendenti degli ultimi anni.
Mothergunship non lascerà il segno nei vostri cuori per il suo impianto narrativo, poco ma sicuro: mero strumento per tenere incollati i vari livelli, ci vede come semplice recluta di un corpo di resistenza, guidato dal “Colonnello”, impegnato nella lotta alla “Nave Madre”, che tiene sotto scacco il pianeta Terra con il suo immenso esercito di navicelle. Dovremo raggiungerla distruggendole una dopo l’altra, superando le stanze contenute al loro interno e premendo il pulsante dell’auto-distruzione situato nel loro profondo, ma… c’è un ma: ogni astronave, ad ogni partita – e dopo ogni morte – cambia forma.
Ad ogni nuova stanza, insomma, potreste trovare una manciata di torrette e nulla più, mentre in quella successiva uno stormo di robot killer svolazzanti; e ancora, dove c’era un negozietto in cui spendere le monete ottenute dai nemici per acquistare nuove componenti delle armi, ora c’è una parete e zero possibilità di potenziare l’arsenale, oppure un’alcova segreta (disseminate ovunque), o ancora, una stanza contrassegnata da due dadi, che indica un ulteriore fattore casualità che andrà ad aggiungere bonus – o malus – imprevedibili, dal semplice aumento di difficoltà alla sovrabbondanza di power-up per il doppio, triplo, quadruplo salto (per un massimo di 40 – !? – ) con cui mantenersi in aria e provare a sfuggire all’inferno di proiettili vomitato costantemente dai nemici.
Il fattore risk/reward in Mothergunship è alle stelle
È tutto un risk/reward in Mothergunship: stanze più difficili portano più monete e punti esperienza (con cui potenziare la propria tuta, andando a migliorare tempi di ricarica, energia, salute e quant’altro), ma aumentano anche la probabilità di morire, e la morte è permanente. Significa che perderete sia le preziose componenti faticosamente ottenute nel livello, che quelle che deciderete di portare con voi in avanscoperta, andando così ad impoverire il vostro arsenale generale, accessibile dall’hub principale – l’astronave della resistenza – anche per testarle comodamente senza il rischio di perderle. Potrete rimpolparlo svolgendo le missioni secondarie, navicelle più piccole che nell’hub compariranno vicino a quelle della main quest, dal livello di difficoltà più basso, e in alcuni casi dall’arsenale di partenza pre-impostato casualmente dal gioco (“su ordine degli armaioli che sponsorizzano la resistenza” – cit.), che vi richiederà una capacità di adattamento ancora maggiore, in quanto dovrete arrangiarvi con solo componenti che troverete strada facendo.
A proposito, il sistema di crafting funziona alla grande, e vi permette di creare delle sputapiombo dannatamente tamarre: nulla vi impedirà di posizionare 5, 10, 15 canne diverse su una singola arma (ne avrete una per mano – sempre non vogliate farvi strada con i vostri soli pugni, ugualmente efficaci quando non ci sono troppi nemici su schermo), di forme e potenza disparate, tra spara-lame, mitragliatrici, laser, lanciarazzi o granate, e dovrete preoccuparvi solo di non farle sovrapporre, e di tenere d’occhio il consumo di energia.
Nel primo caso, potrete sbizzarrirvi grazie a connettori di varie dimensioni, con cui estendere gli slot per i moduli a vostra disposizione e lasciare più spazio per le canne più ingombranti, mentre nel secondo starà a voi decidere come approcciarvi allo shooting: non avrete infatti munizioni da raccattare e ricaricare, in quanto in Mothergunship ci sarà una barra di energia legata alle due armi, che verrà consumata ad ogni colpo sparato, e che richiederà un breve cooldown per poter tornare a sparare. Di conseguenza potreste decidere di ridurre al minimo il consumo usando solo una o due canne per volta, oppure andarci giù pesante sparando una marea di proiettili di ogni genere, ma impiegando poi più tempo in attesa di poter tornare a sparare.
Mothergunship trae il meglio dalla sua anima roguelike
Insomma, ampia libertà di approccio, come detto, che unita alla casualità delle componenti che troverete nei negozi che incrocerete nei vari livelli e dei nemici che incontrerete, rende ogni nuova missione totalmente imprevedibile, e il tutto funziona dannatamente. Solo una certa ripetitività di fondo nel design dei livelli, o meglio, un perenne senso di déjà vu, unita a picchi di frustrazione dovuti alla scarsità di negozi a disposizione o di monete lasciate dai nemici, complice un algoritmo che non può sempre tifare per noi, rovinano in alcuni momenti l’esperienza, la quale però riesce comunque a trarre il meglio dall’anima roguelike rendendo Mothergunship sempre fresco ed esaltante, anche contro comunissimi mob, a tratti molto più duri da battere dei boss standard, dallo splendido design – come i normali nemici – ma mai realmente duri da mandar giù.
Graficamente si lascia apprezzare, con il suo stile simil-Borderlands – da cui trae anche una grande ironia di fondo e la capacità di non prendersi mai troppo sul serio – e nella versione PC che abbiamo testato, salvo qualche lieve calo di frame rate nelle situazioni davvero concitate (quelle con 50 nemici o più su schermo, concentrati in stanze non troppo grandi), non abbiamo riscontrato problemi da segnalare.
Mothergunship prende il concept e il sapore anni 90 di Tower of Guns e lo espande, proponendolo in una veste nuova, che funziona alla grande e molto divertente. Alla struttura di shooter duro e puro, frenetica al punto giusto, Terrible Posture Games ha aggiunto elementi roguelike che solo in sporadiche occasioni rendono le cose un pelo frustranti, ma il più delle volte offrono un’esperienza fresca e sempre nuova, anche dopo l’ennesimo game over, e una componente crafting con cui creare armi ai limiti della fisica, sfiorando picchi di “ignoranza” raramente visti in uno sparatutto. La generazione procedurale contribuisce in parte ad una certa ripetitività nelle ambientazioni, ma con tutti quei nemici su schermo difficilmente ci farete caso, e anche la trama non ha alcun senso, ma il piatto forte di Mothergunship è il suo gameplay, e c’è davvero poco di cui lamentarsi: bullet hell all’ennesima potenza, con armi personalizzabili e situazioni sempre diverse e imprevedibili. A breve, inoltre, verrà introdotta la co-op: cosa volete di più? |
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