Quante volte ci siamo ritrovati alle prese con la Terra messa sotto scacco da alieni malvagi pronti a schiavizzare l’intera umanità, e ad impersonare un eroe solitario il cui intento è quello di salvare tutti i propri simili? Migliaia di volte. Forse milioni? Ma poco importa: Mugsters non vi sorprenderà con la brillantezza della sua trama – che è inesistente – o con dialoghi memorabili – che non ha.
Quello che riesce benissimo al gioco di Reinkout Games, one-man-studio del finlandese Riku Tamminen è far esplodere cose al giocatore, e fargli spremere le meningi per sopravvivere alle sue 25 isole, salvando, nel mentre, quanti più umani possibili e raccogliendo cristalli. Già, perché non c’è mai una vera procedura ben precisa per risolvere gli strambi puzzle di Mugsters, complice una fisica precisa e punitiva, croce e delizia di un eroe senza volto e senza nome che dovrà usare barili, veicoli e intelligenza per scamparla e non farsi friggere da un raggio laser.
Oltre al mix di azione e meccaniche da puzzle game c’è infatti un’anima sandbox preponderante a donare al gioco di Reinkout ancora più originalità e divertimento, in una formula che, al netto di qualche problemino, risulta godibile e divertente.
Non c’è davvero alcun limite su come sfruttare l’ambiente circostante per raggiungere i nostri obiettivi, alcuni opzionali, altri obbligatori. Uno degli omini da salvare, tutti racchiusi in capsule da rompere per poterli liberare, potrebbe infatti trovarsi al di là di un muro, ben protetto da un portone la cui apertura è legata ad una leva da mantenere tirata, o da un pulsante da mantenere premuto: nulla ci vieterà di cercare un sasso da qualche parte e piazzarlo davanti all’interruttore, così da entrare, salvarlo e proseguire nell’avventura; oppure di rompere il muro ai lati del portone con uno dei barili esplosivi disseminati qua e là (in certi casi ci sarà anche un distributore); o ancora, di schiantarsi con un veicolo di fortuna; o ancora, di unire l’utile al dilettevole e al cinematografico e di far esplodere il barile vicino al veicolo.
E ancora, nelle isole più avanzate ci saranno gigantesche creature di metallo che, passando nei loro pressi, proveranno a schiacciarci e/o a risucchiarci: potremmo attirarle in una strettoia, farle incastrare e lanciargli contro barili esplosivi, oppure ripararci all’interno dei veicoli, farci attaccare un po’ e uscire un attimo prima dell’esplosione, o ancora, correre verso l’acqua che circonda l’isola, virare all’improvviso e vederle affondare come meduse di metallo.
Non c’è davvero alcun limite su come sfruttare l’ambiente circostante per raggiungere i nostri obiettivi
Mugsters fa dell’improvvisazione e del motore fisico la sua forza, spronando il giocatore a sopravvivere e a raggiungere i suoi obiettivi nella maniera più spontanea e funzionale possibile, in base al suo ingegno, alla sua abilità e alla sua voglia di sperimentare. C’è un cristallo su una montagnola apparentemente impossibile da scalare? Si può dare un’occhiata in giro e vedere se c’è un elicottero nei paraggi, oppure un veicolo con una rampa sul retro da cui prendere la rincorsa, o ancora, cercare un furgone, salirgli sul tetto, e provare a saltare. C’è un fascio di elettricità che blocca l’accesso ad un’area? Lo si può infrangere mandandogli contro una macchina, oppure si può rompere il muro ai lati, oppure attirare alcuni nemici della nostra stazza – eliminabili anche a suon di pugni con un combat system, c’è da dire, un po’ impreciso – contro lo stesso e vederli friggere.
Crediamo abbia più senso raccontarvi Mugsters in questo modo, anche perché sostanzialmente si fa solo questo: in ogni missione c’è un obiettivo principale (mai realmente complesso), come distruggere o attivare un generatore, indirizzare un raggio laser verso un determinato oggetto, o facilitare la comunicazione tra antenne, ma di base si cerca di sopravvivere a nemici, trappole, raggi laser, si spaccano muri, si aprono porte, provando nel mentre a salvare umani e raccogliere cristalli, fuggendo dall’isola usando degli aeroplani e badando bene di non schiantarsi durante il decollo per non perdere il progresso faticosamente acquisito. Una volta fuggiti, potremo ritornare per raccogliere tutto ciò che è stato lasciato dietro – potremo anche completare un’isola a più riprese, mentre quelle più ardue potranno anche essere saltate – e sbloccare le sfide a tempo, con cui scalare le classifiche, e soddisfare la propria anima da completista, per chi ce l’ha.
Alla lunga potrebbe un po’ stancare, ma le situazioni proposte dal gioco, unite ad un intelligente level design e alla natura sandbox dello stesso, rendono assai difficile staccarsi da Mugsters, che una volta completato in solitaria può anche essere affrontato in compagnia di un amico in carne ed ossa con qualche lieve variazione sul tema, e fare un po’ di casino di coppia, scorrazzando per le isole e salvando umani – o la pellaccia. Varietà anche dal punto di vista estetico, nonostante l’estrema semplicità della grafica, tanto basilare quanto riuscita e piacevole, dalla personalità ben definita, che rende ancor più valida la proposta di Reinkout Games.
Le situazioni proposte dal gioco, unite ad un intelligente level design e alla natura sandbox dello stesso, rendono assai difficile staccarsi da Mugsters
C’è solo uno sporadico senso di frustrazione a rovinare in parte l’esperienza, tra la fisica in certi frangenti troppo punitiva, che ci costringe a ricalibrare e ritentare il lancio di un barile, e un sistema di guida dei veicoli davvero scomodo e macchinoso, che in alcune occasioni ci ha fatto morire in esplosioni non calcolate o finire in acqua. E anche l’IA che regola gli umani da salvare è da rivedere pesantemente: ogni umano liberato ci segue per tutta l’isola, ma in numerosi casi ci è capitato di vederli incastrarsi da qualche parte, cosa di cui ci siamo accorti solo salendo sull’aeroplano, o peggio, morire malamente dopo un salto, costringendoci così a dover tornare in un secondo momento e ripetere tutta la trafila per portarli in salvo; salti, per altro, misteriosamente complicati dalla loro presenza, in quanto interrompono o modificano la traiettoria anche dei nostri, motivo per cui il più delle volte siamo stati costretti a ripulire tutta l’isola e a salvarli solo all’ultimo momento, quando l’unica cosa rimasta da fare era scappare.
Il peculiare mix di action, puzzle e sandbox rende Mugsters un esperimento piacevole e riuscito, un gioco difficile il giusto, in grado di divertire e di spronare il giocatore a spremere le meningi e a risolvere spontaneamente, senza tenerlo per mano, le missioni proposte. Ad un obiettivo principale si aggiungono umani di salvare e cristalli da raccogliere assolutamente opzionali, che vanno però a dare pepe al tutto, tra l’impegno richiesto e la soddisfazione di completare ogni isola così da sbloccare la relativa sfida e tempo, e il giocatore può sfruttare nel modo che preferisce la fisica di gioco e gli elementi dell’ambiente circostante, aggirando ogni ostacolo come vuole. Una IA degli umani da salvare non sempre ottimale e dei comandi non sempre precisi (in particolare nelle fasi di guida e nel “combat system”) compromettono solo in piccola parte l’esperienza, la cui natura mordi e fuggi si sposa benissimo con l’essenza portatile di Nintendo Switch su cui lo abbiamo provato (ma è disponibile anche su PC, Xbox One e PS4). Al netto di qualche lieve difetto, Mugsters è comunque un puzzle game peculiare e divertente, originale e complesso al punto giusto. |
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