Mutant Year Zero

Mutant Year Zero: Road to Eden – Recensione

Nel mio ultimo contatto (risalente all’E3) con l’affascinante mix di GDR, meccaniche stealth e strategia à la XCOM amabilmente confezionato dagli svedesi The Bearded Ladies e da Funcom, mi era un po’ passata tutta la foga generata da un trailer di annuncio semplicemente perfetto.

Un trailer che mi aveva subito fatto innamorare di Mutant Year Zero: Road to Eden e del suo trio di protagonisti (non gli unici, tra l’altro), degli umani mutati in vere e proprie bestie che avranno anche perso le loro sembianze originali, ma non il senso dell’umorismo.

Non perché la build fosse particolarmente problematica, o il gioco avesse qualche difetto evidente: semplicemente, il team decise di fare capire l’antifona da subito ai presenti, ponendoci nel bel mezzo di una battaglia di alto livello, senza una minima infarinatura, senza un tutorial, con il solo obiettivo di smontare le poche certezze rimasteci in vita. Beh, missione riuscita: in mezz’ora, sarò morto qualcosa come 10 volte, vedendo la schermata del game over dopo uno, massimo due turni. “Tranquilli, potrete rifarvi nel gioco finale, e sarà davvero soddisfacente”.

Anche in questo caso, la loro profezia si è avverata: per quanto Mutant Year Zero: Road to Eden sia decisamente tarato verso l’alto in termini di difficoltà, “soddisfazione” è il termine adatto per descrivere la conclusione di ogni durissimo scontro con i terribili ghul che affollano la Svezia post-apocalittica del pen & paper Mutant, di cui i Bearded Ladies hanno realizzato un’ottima trasposizione videoludica.

Nel nostro viaggio verso l’Eden, un luogo in cui il freddo, la disperazione, la scarsezza di risorse, le insidie della Zona (il mondo di gioco) sono solo un ricordo, di ghul di ogni genere ne incontreremo un bel po’: ci sono quelli armati di molotov e particolarmente inclini all’infiammare tutto, quelli più comuni, ma anche quelli più avanzati, e versioni mutate potenziate che ci daranno un bel po’ di filo da torcere; ogni tipologia è dotata di speciali abilità, e di tanto in tanto faranno capolino anche creature meccaniche di supporto molto fastidiose (uno su tutti il coriaceo med-bot, che cura e riporta in vita i suoi compari).

Ma, e questa è uno degli elementi che dona non poca personalità e originalità a Mutant Year Zero: Road to Eden, non saremo sempre costretti ad affrontarli a muso duro, e anzi, in qualche caso, ad affrontarli del tutto. Avremo un hub centrale come in XCOM, l’Arca, l’ultimo baluardo di umanità (più o meno) in cui potremo acquistare potenziamenti per il team e per le armi, comprare medkit, bombe e mod, e scambiare quattro chiacchiere con l’Anziano, il leader spirituale dei superstiti che ci guiderà verso il paradiso con le sue visioni.

Il resto della Zona la si esplora in completa libertà, come in un GDR a visuale isometrica qualsiasi. La componente stealth è preponderante: spegnendo la torcia in dotazione del trio ci si accovaccia in automatico, riducendo il campo di individuazione dei nemici che perlustrano le varie aree in cui è diviso il mondo.

La componente stealth è preponderante in Mutant Year Zero: Road to Eden

Possono essere esplorate per racimolare rottami (la valuta principale), o per cercare casse contenenti ghiotte parti di equip, da armi a mod, passando per elmetti e armature (tutti conditi da buffe descrizioni degli storici, fantasiose congetture sull’utilizzo di certi oggetti – per noi comuni – della nostra epoca trattati come vere e proprie reliquie, un po’ come facciamo noi con le suppellettili di qualche millennio fa), ma anche e soprattutto per gestire al meglio gli scontri, che restano comunque l’anima pulsante del gioco.

Andare all’assalto e affrontare le folte compagini nemiche equivale ad un suicidio: oltre all’abilità strategica c’è anche la fortuna, il lancio dei dadi a metterci i bastoni tra le ruote, con attacchi che potrebbero non andare a segno (c’è l’immancabile percentuale di riuscita di un’azione che varia in base alla posizione di personaggi e nemici sulla “scacchiera” di battaglia, e alla presenza di eventuali ripari), e per quanto bravi possiate essere, il rischio di mandare alle ortiche una battaglia per via di un singolo colpo mancato è sempre alto, anche al livello di difficoltà più basso (Normale), ugualmente punitivo.

Diventa quindi cruciale setacciare ogni centimetro quadrato per scovare nemici in solitaria da eliminare (con armi silenziate, per non farsi beccare dagli alleati), così da sfoltire i loro ranghi nel caso decidiate di affrontarli (spesso custodiscono utili tesori, oltre a punti esperienza necessari per salire di livello e poter avere qualche chance nelle aree più dure), oppure per ritagliarsi un corridoio d’emergenza con cui aggirare gruppi di nemici opzionali, nel caso in cui non abbiate medkit a disposizione e non vogliate rischiare.

Sembra una soluzione pigra e sbrigativa, ma ripulire un’area permette di accedere ad armi e mod molto utili, e alcuni combattimenti sono necessari per avanzare, quindi pagherete lo scotto di avere un party troppo debole.

A dirla tutta però il sistema di crescita non è del tutto stimolante: salirete di livello pressoché dopo ogni scontro, e le mutazioni, tra abilità e passive, salvo alcuni poteri specifici legati ai singoli personaggi (come la carica del possente Bormin, il maiale, o le ali di Dux, l’anatra, che gli garantiscono una posizione sopraelevata non poco vantaggiosa), sono persino tutte un po’ simili.

E anche lo skill tree stesso è molto lineare, lasciandovi zero spazio per creare eventuali build più “personali”, riducendo un po’ così le potenzialità di un vero e proprio sistema di crescita in stile GDR, in questo caso trattato un po’ troppo all’acqua di rose.

L’utilizzo delle poche abilità, comunque, si ripercuote e non poco negli scontri, in cui dovrete investire saggiamente i due punti abilità a disposizione per ogni turno, e dove ogni scelta ha ripercussioni non indifferenti: le armi, ad esempio, vanno ricaricate con un’azione ad hoc (ogni azione consuma un punto, ma l’attacco fa terminare immediatamente il turno), e se siete a secco dovrete quindi decidere se spostarvi in una posizione in cui avere una maggiore chance di successo ma rinviare il colpo al turno successivo – sempre che il nemico non riesca a sviare del tutto dalla linea di tiro sfruttando l’ambiente circostante, tra alberi e rottami –, oppure sparare da dove siete tentando la sorte; o ancora, meglio focalizzarsi sull’offensiva, anche quando uno dei nostri muore, rischiando però di non riuscire a curarli in tempo e perderli per tutta la battaglia?

È in quei momenti che Mutant Year Zero: Road to Eden dà il meglio di sé, con ogni mossa sulla scacchiera che scatena una serie di reazioni, a volte imprevedibili, e costringe il giocatore ad adattarsi ad ogni evenienza, tanto quelle frutto delle sue scelte quanto quelle del fato.

Mutant Year Zero: Road to Eden costringe il giocatore ad adattarsi ad ogni evenienza, tanto quelle frutto delle sue scelte quanto quelle del fato

Anche graficamente il gioco di The Bearded Ladies si difende bene, comunque: per quanto poco originale, l’ambientazione post-apocalittica viene restituita da scenari ben realizzati e ricchi di dettagli che ne enfatizzano la decadenza, tra resti di un passato (il nostro presente) visti con una certa nostalgia (si stava meglio quando si stava peggio, no?) che prendono forma di oggetti e messaggi.

E la caratterizzazione dei mutanti che si alterneranno nel nostro party è una chicca, con ognuno di loro dotato di una personalità tutta sua, e dialoghi davvero ben scritti che ci offrono qualche dettaglio in più sul lore di questo mondo, anche se la sensazione è che sia stata solo scalfita la superficie.

Su PC, salvo qualche problema sporadico con le compenetrazioni, con nemici che finiscono al di là del pavimento dopo averli uccisi, non ho riscontrato particolari problemi, e ho apprezzato la configurazione dei controlli, tanto nella combo mouse e tastiera quando quella con il controller, segno che anche su console non avrete problemi a giocarlo.

Conclusioni

Mutant Year Zero: Road to Eden è un prodotto davvero affascinante: nonostante trama e ambientazioni non siano il massimo dell’originalità, sa farsi apprezzare con un cast di protagonisti interessante e un world-building di pregio (complice anche il materiale d’origine).

La sua vera forza è però nel gameplay, con un approccio fresco e convincente a meccaniche prese di peso dai principali esponenti dello strategico a turni (XCOM su tutti), che permette al giocatore di “personalizzare” le battaglie sfruttando una preponderante componente stealth, andando a sfoltire la compagine nemica, o persino decidendo se combatterle o meno (almeno in certi casi).

Un sistema di crescita più stimolante non sarebbe stato male, ma in compenso riesce ad appagare ampiamente con i duri combattimenti, anche se in qualche frangente la frustrazione, complice l’elemento casuale, si sente. Nulla però in grado di far desistere gli amanti del genere in cerca di una vera sfida.

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