Namco Museum

Namco Museum – Recensione Switch

In casa Namco, le buone abitudini non si perdono facilmente. Dopo aver invaso praticamente ogni console riproponendo le più disparate collezioni di vecchie glorie del passato, impossibile non aspettarsi l’arrivo dei famigerati anni ’80 anche su Nintendo Switch. Una console che, tutto sommato, si presta particolarmente bene a questa tipologia di prodotti – oggi più che mai in voga, considerando il numero di remastered, Collection et similia lanciate nel mercato: il cromosoma del multiplayer locale di Switch, del resto, è forse uno dei tratti più distintivi della nuova “piccola” del colosso del Sol Levante. Perché dunque non sfruttarlo in modo intelligente, permettendo anche ai più giovani di sperimentare almeno una volta le gioie della coop dei bei tempi andati e, già che ci siamo, di fare una visita al museo degli evergreen “a pochi pixel“? Questa, in sintesi, l’idea alla base del recente Namco Museum, disponibile su Nintendo eShop da una manciata di ore e pronto più che mai ad insegnare alle nuove leve come ci si divertiva la bellezza di 30 (e non solo) anni fa. Con una scuderia di undici titoli dall’indubbio nome, almeno tra i giocatori con qualche primavera in più sul groppone, e l’immediatezza del multiplayer offline di Switch, l’ennesima collezione di casa Namco avrebbe tutte le carte in regola per confermarsi uno degli acquisti più scacciapensieri di questa torrida estate 2017: peccato che la nostra visita al museo delle meraviglie, per quanto affascinante, si dimostri meno incisiva di quanto l’elenco delle sue attrazioni lasci ad intendere.

Namco Museum

Come anticipato in apertura, undici sono gli “smash hits” che compongono la roboante Namco Museum per Nintendo Switch. Ci sono i due Galaga (il primo, indimenticabile, apparso nel 1981 e il suo sequel, Galaga 88), il leggendario e oramai trentasettenne Pac-Man, i due Rolling Thunder (ispiratissimi, secondo molti, all’iconico Shinobi nonostante le atmosfere da sbirro senza macchia del primo e a quelle alla Miami Vice del secondo) e un altro popò di roba interessante, che tra un Dig Dug e uno Sky Kid arriva ai due momenti di puro godimento, almeno per chi vi scrive: il pantagruelico Splatterhouse, in tutto il proprio macabro splendore, e l’intramontabile Pac-Man VS. Euforia a parte per le due menzioni d’onore, impossibile nascondere un pizzico di amarezza nella scelta della line-up di questa collection: non che si tratti di titoli privi di spessore, questo è chiaro, ma se già consideriamo la difficoltà con cui alcuni di essi, specie quelli più datati, andranno digeriti dalle leve più giovani, riteniamo che la presenza di due “sequel” non sia la scelta più azzeccata. Non fosse abbastanza chiaro il messaggio, cara Namco, avremmo dato volentieri un rene pur di vedere un X-Rally del caso, giusto a titolo di esempio, che rimpolpasse ulteriormente l’offerta ludica che caratterizza questa nuova versione del museo digitale più celebre dello showbiz.

Questo perché, è bene sottolinearlo, il biglietto d’ingresso per il tour dei ricordi è tutto tranne che a buon mercato. 29.99€ è la tacca richiesta per immergersi nuovamente negli anni ottanta: e badate, per i figli dell’epoca si tratta di un’immersione a dir poco strepitosa. Tornare sulle strade di Rolling Thunder, farsi strada tra i mostri assetati di sangue di Splatterhouse o perdersi tra i cunicoli di Dig Dug, nonostante tutto, si riconfermano ancora oggi esperienze appaganti e divertenti. Mettici la natura portatile di Switch, e l’equazione della ricerca del “giochino perfetto non troppo impegnativo da portare sotto l’ombrellone” troverebbe una soluzione tanto evidente quanto schiacciante. Eppure l’operato di Namco, questa volta, convince solo in parte. L’assenza di modalità aggiuntive che esulino dalla sola modalità sfida (che, in sintesi, richiede di giocare a razzo sequenze o livelli specifici cercando di portare a casa il punteggio più alto) o dalle immancabili classifiche online è forse la testimonianza più evidente, a cui fa seguito l’inspiegabile assenza di bozzetti, illustrazioni o qualsiasi altra forma di “Amarcord” relativa ai titoli presenti in Namco Museum – che, sotto questa luce, di Museum ha davvero ben poco.

Namco Museum

Non mancano alcune opzioni interessanti, come la possibilità di attivare una “modalità CRT” relegata oggigiorno ad uno degli angoli più remoti della memoria, oppure di settare lo schermo in modalità verticale – ideale, inutile quasi sottolinearlo, per godere al meglio delle esperienze dei due Galaga. Non mancano nemmeno le semplificazioni nel sistema di salvataggio (con la possibilità di effettuare dei comodi save-state che, fossero esistiti ai tempi, ci avrebbero comodamente evitato una condanna futura nei più bassi gironi infernali), così come altre opzioni legate alla visualizzazione del gioco prescelto – che, di default, occupa la porzione centrale dello schermo. Insomma, non saremo certo noi a dire che manca l’impegno da parte dello sviluppatore, ma è impossibile non accorgersi di come in Namco Museum sia proprio il concetto di “collezione” ad essere affrontato con superficialità e sufficienza. Il che, lo ribadiamo, è un peccato non certo da poco: la freschezza del gameplay originale di molti dei titoli presenti, la natura mordi e fuggi di molte delle esperienze proposte e il divertimento di alcune perle, nonostante un command schema non certo dei più reattivi, avrebbero meritato un destino decisamente migliore. Specie, lo ribadiamo, alla luce di un esborso non propriamente favorevole…

Impossibile non aspettarsi l’arrivo dei famigerati anni ’80 anche su Switch

A risollevare il tutto, seppur entro certi limiti, ci pensa il già citato Pac-Man VS: un titolo giovane, se paragonato alle anagrafiche medie dei restanti compagni di gruppo, sopra cui si estende l’ombra di un certo Shigeru Miyamoto. E credeteci, la mano del designer giapponese si vede lontana un miglio. Apparso nel 2003 su GameCube, Pac-Man VS sovverte le regole del titolo originale, mettendo un massimo di tre giocatori alla “guida” dei fantasmi nel tentativo di pappare per primi l’odiatissimo Pac-Man. La variante offerta da Namco Museum permettere di giocare localmente indossando “le lenzuola” di due affamatissimi ectoplasmi: il terzo fantasma, inizialmente trasparente, assumerà il colore del primo che riuscirà a toccarlo – e condividerà con lui i punti di un’eventuale cattura. Discorso diverso nel caso di multiplayer online, dove il numero di giocatori salirà a quattro (con uno che controlla Pac-Man) e, ciliegina sulla torta, potremo scaricare gratuitamente un app dal Nintendo eShop per prendere parte all’incontro pur senza dover acquistare l’intero Namco Museum. Vuoi per la natura velocissima e frenetica del gameplay di questo titolo, vuoi – ancora una volta – per le potenzialità di gioco multi di Switch, quella di Pac-Man VS rappresenta il valore aggiunto più significativo di Namco Museum. Che di valore, tra le proprie teche, ne nasconde sì parecchio, ma esaurisce le proprie stanze forse troppo presto.

Conclusioni

Namco Museum è un titolo onesto: una collezione – non certo ricchissima – di glorie del passato, rivolta ad un pubblico che a decenni di distanza rimpiange ancora i coin-op e non teme certo di sporcarsi le mani quando la conta dei pixel scende rapidamente. Un titolo divertente, che nel proprio piccolo racchiude gemme che sì invecchiano, impossibile affermare il contrario, ma nonostante la veneranda età riescono ancora a divertire e a “tappare i buchi di quei pomeriggio noiosi” con un gameplay genuino ed immediato. Resa la doverosa menzion d’onore a Pac-Man VS, non c’è titolo all’interno di Namco Museum che non valga la pena provare, anche solo una volta, o con cui cimentarsi in compagnia di un amico una volta estratti i due Joycon.

Il problema, tuttavia, diventa evidente non appena si va ad analizzare il rapporto tra prezzo e quantità di contenuti disponibili. I circa 30€ necessari a mettere le mani sulla versione digitale del prodotto non sono certo pochi, e l’assenza di bozzetti, “enciclopedie” a riguardo o di modalità di gioco aggiuntive, che esulino dalla forsennata “corsa al punteggio più alto da sfoggiare nella classifica” non remano certo a favore del cartellino. Cartellino che, pur con qualche remora, rischia di essere valutato esclusivamente da quella frangia di giocatori che, al retrogaming everywhere, proprio non sanno dire di no. Per tutti gli altri, il Namco Museum potrebbe rappresentare un gita curiosa sulla carta, ma di cui si può tranquillamente fare a meno.

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