Ci sono opere che restano nell’immaginario collettivo per la loro capacità di parlare al pubblico. Basti pensare a Trainspotting con il suo celebre “Scegliete la vita”, per riuscire a comprendere come un’opera può diventare cult, e fare la storia. Nier: Automata è figlio di un piccolo cult, quel Nier che su PS3 e Xbox 360 fece parlare di sé in tanti modi diversi: era un gioco problematico, ma con una storia da raccontare intensa e delle scelte di design assolutamente geniali. Yoko Taro è un vero e proprio marchio, che fin dai tempi di Drakengard riesce a ammaliare i giocatori, con le sue storie malate, disturbanti e contorte, ma che parlano a più livelli, con riflessioni spesso importanti.
Ciò che mancava probabilmente all’epoca, era uno scheletro ludico sopra cui le capacità creative di Yoko Taro potessero fiorire, equiparando così un tessuto narrativo di spessore a quello del gameplay, dando all’esperienza la forma di un videogioco a tutti gli effetti. Square Enix e Yoko Taro si sono quindi affidati alla maestria di Platinum Games, leggendaria software house giapponese, per dare vita a Nier: Automata per come lo conosciamo oggi. La consulenza del team di Kamiya avrà giovato? Scopriamolo insieme.
Nier: Automata inizia con 2B e 9S, due androidi appartenenti alla squadra Yorha, l’ultimo baluardo escogitato dall’umanità per contrastare l’avanzata delle biomacchine sul pianeta Terra, ormai devastato dalla guerra. Gli umani si sono rifugiati sulla Luna, ed utilizzano gli Androidi per assicurarsi che ci sia ancora una Terra da chiamare casa, e su cui ritornare in futuro. Non c’è nulla di bizzarro o inusuale in questo compito, è probabilmente l’incipit di altre possibili e svariate storie di sfondo sci-fi.
Quella di Nier: Automata è però diversa, è dimostra quanto l’autorialità possa essere cruciale anche nel mondo dei videogiochi. Yoko Taro è una penna riconoscibile, e sebbene non abbia la portata di un Kojima a caso, il suo lavoro resta assolutamente originale e peculiare.
Nier: Automata è più che una mera opera di intrattenimento
Le investigazioni da parte dell’androide da combattimento 2B e del ricognitore 9S prendono infatti una piega inaspettata: dalle biomacchine prende vita un essere evoluto, una biomacchina dalle sembianze umanoidi e dai poteri incredibili, nonché stranamente affascinata dalla razza umana. Nier: Automata pesca a piene mani in ciò che avevamo conosciuto e scoperto in Nier, ma tenta di raccontare allo stesso tempo una storia in un nucleo narrativo a se stante. È indubbio che molto del fascino derivato da quel tipo di conoscenza pregressa vada perduto, ma la storia (anzi, le storie) raccontate stupiscono per la loro intensità nei temi trattati e per una malinconia tutta giapponese.
Una terra desolata, popolata da macchine abbandonate al tempo e a se stesse. Qualcuna sceglie la strada della pace, altre cercano di dare senso alla loro esistenza attraverso un contorto concetto religioso. Le riflessioni filosofiche, e non, di Nier: Automata colpiscono a livelli del tutto differenti dalle storie a cui siamo abituati. Una ricerca costante del senso della vita, macchine che prive di uno scopo assegnato, cercano alternative costruendo realtà fittizie, micro società e religioni che le diano di nuovo senso.
Una riflessione che si estende anche agli androidi, altro tipo di macchine, che controlleremo durante la nostra avventura. 2B e 9S, un androide femmina e uno maschio, condividono un viaggio di scoperta e coscienza di sé. Proibiti dal mostrare emozioni dal comando Yorha, il rapporto tra i due cambia e si evolve col tempo, sfociando spesso in un simbolismo tale, sia nelle immagini che in alcuni splendidi dialoghi, da rendere Nier: Automata più che una mera opera di intrattenimento (spesso anche un po’ bizzarra, come da tradizione per i titoli di Yoko Taro).
Ma Nier: Automata non è solo una storia, i tanti tasselli che compongono il puzzle (il gioco si dipana su più punti di vista, per un totale di 4 playthrough e molteplici finali possibili) sono anche raccontati attraverso quest secondarie e attraverso i personaggi che ne sono protagonisti. 2B e 9S sono i nostri occhi in un mondo senza Dio, dove suonano note lievi ed è solo il suono del vento, del deserto e delle macchine che calpestano la fredda terra a dare voce al mondo di gioco. Durante la sua esplorazione siamo rimasti affascinati dall’intelligenza con cui gli sviluppatori e gli autori hanno dato senso alle quest anche più stupide, che acquisiscono di pathos e significato nonostante la loro semplicità. Nier: Automata è un viaggio triste e malinconico nel significato profondo dell’esistenza, di cosa significa e di cosa comporta.
Siamo comunque di fronte ad un videogioco, e vi assicuriamo che da giocare ce n’è in abbondanza: l’apporto di Platinum Games nell’opera di Yoko Taro e Square Enix è indubbio, e siamo lontani anni luce dalle precedenti esperienze dell’autore. Nier: Automata è a tutti gli effetti un Action-Rpg, con una prevalenza della componente action, simile per altro a tanti titoli Platinum, quali un Bayonetta ad esempio, laddove la componente RPG va a porre forte accento sulla personalizzazione della propria esperienza di gioco.
Si tratta infatti di integrare al classico sistema di attacchi leggeri e pesanti da unire in combo e la gestione del Pod, a qualcosa di più vicino ad un RPG, come può essere ad esempio una maggiore capacità di attacco o una velocità maggiore nelle schivate, insieme a tanti altri bonus parametrici.
Tutto ciò che è legato al personaggio andrà gestito tramite chip, da potenziare o da fondere, e da inserire accuratamente in uno spazio limitato, portandoci ad una vera e propria creazione di una nostra “build” preferita. Il gameplay di Nier: Automata in questo senso è estremamente versatile e personalizzabile, arrivando addirittura a fornire chip che permettono di schivare e attaccare automaticamente per permettere, magari, anche ai meno avvezzi con gli action di godere della narrazione o semplicemente per imparare alcuni trucchetti da mettere in atto poi in prima persona.
Il gameplay di Nier: Automata è estremamente versatile e personalizzabile
Livelli di difficoltà e di approccio variabili per un titolo che trasuda Platinum Games da ogni poro: Nier: Automata non è per niente un gioco semplice, se approcciato nel modo in cui è stato pensato, magari a difficoltà normale; richiede riflessi e una certa pazienza per essere padroneggiato al meglio, ma nella sua estrema flessibilità si pone davvero come un’esperienza adatta (e adattabile) a tutti.
La gestione dell’equipaggiamento poi, per quanto minimale (ci si limita infatti a potenziamenti di sorta delle armi), viene resa affascinante da un bizzarro approccio allo storytelling: ogni arma infatti è legata a una storia particolare, che spesso ne dona nuovo significato e alle volte ci mostra qualcosa di nuovo sul sinistro mondo di gioco. Nier: Automata è, quindi, un’esperienza che trova la sua ragion d’essere nella narrazione e nelle sue sfumature, nonostante il lavoro di Platinum Games sia da un punto di vista qualitativo e ludico semplicemente eccelso.
La creatività della svolta action ha del particolare, perché il titolo trasforma spesso il suo gameplay a seconda degli eventi: spazia da uno shooter a scorrimento verticale (proprio come i vecchi cabinati da sala giochi) a sessioni platform e action a scorrimento orizzontale; l’apporto alla varietà dell’esperienza che queste scelte stilistiche (apparentemente sconnesse, ma sempre contestualizzate) donano a Nier: Automata un’anima tutta sua, che è difficile anche confrontare con altri titoli Platinum Games.
La sua natura di finto open world, comunque, più che un limite diventa un vantaggio: è chiaro come il titolo di Yoko Taro trovi conforto nella sua linearità, e come un mondo di gioco limitatamente vasto diventi semplicemente sfogo per offrire al giocatore altri motivi per continuare ad esplorarlo, attraverso le sue storie e i suoi misteri. Peccato purtroppo che questo venga in parte minato da una HUD della mappa abbastanza confuso e fastidioso (il resto dell’interfaccia è invece stiloso e riuscito), che rende faticoso il minimo spostamento ed invece è quasi consigliato andare un po’ alla cieca, affidandosi all’istinto più che agli indicatori presenti a schermo.
Additare l’interfaccia della mappa di gioco come un difetto, in un quadro generale così esaltante, potrebbe risultare pretenzioso. Invece, ci si rende conto fin da subito che Nier: Automata pecca proprio nella sua realizzazione tecnica, tradendo un budget limitato. Il mondo di gioco è, per quanto artisticamente splendido, piuttosto spoglio nella sua rappresentazione visiva: tende al blando, e poche volte regala scorci realmente indimenticabili, e quando lo fa è più per i suoi meriti artistici più che tecnologici. Nonostante tutto, parliamo di un titolo che gira a 60fps, con qualche sporadico calo, e che è assolutamente una gioia da vedere in movimento, vista anche la sua natura action.
Nier: Automata è un’esperienza che ha dell’incredibile
Piuttosto riuscito è il doppiaggio inglese (è disponibile inoltre l’audio giapponese), di grande classe e azzeccato per i personaggi principali, che va ad unirsi ad un comparto sonoro che non ha eguali. Merito soprattutto della colonna sonora, firmata da Keiichi Okabe e Keigo Hoashi, che si pone come una delle delizie sonore più belle di quest’anno: un lavoro di pregio e di grande originalità, con un lavoro anche linguistico legato ai testi e alle influenze dei brani. Ne siamo rimasti ammaliati, e la riascolteremo per lungo tempo.
Nier Automata è uno di quei titoli dal successo inaspettato, arrivato come seguito di un Nier Gestalt piuttosto sfortunato e incompreso. L’opera di Yoko Taro si inseriva ancora una volta in quel bizzarro, a tratti incomprensibile, universo narrativo dell’autore giapponese. Questa volta però, i riferimenti a Drakengard erano minori, così come quelli della tragica storia di NieR Gestalt (ora rimasterizzato sotto il nome giapponese Replicant). Un presupposto piuttosto utile ai nuovi giocatori, che si ritrovano in una Terra post apocalittica incredibilmente affascinante. Nessuna traccia di esseri umani, ma solo il vivido verde della vegetazione, l’abbagliante oro dei suoi deserti, e le rovine di una civiltà che da lungo tempo aveva deciso di abbandonare la propria casa. Nier Automata è un viaggio incredibilmente d’impatto, ancora oggi davvero interessante a livello strutturale, sovvertendo diverse volte le aspettative del giocatore. Con i suoi finti finali e i diversi cambi di punto di vista, Nier Automata è ancora oggi un’esperienza narrativa piuttosto unica e affascinante. Per chi ha la pazienza di stare al gioco, viste le sue ripetizioni e stranezze. A differenza di Replicant però, Nier Automata ha la grande fortuna di essere stato sviluppato insieme a Platinum Games, dimostrando di essere un ottimo action rpg. Dinamico, veloce e piuttosto tecnico, per i giocatori più smaliziati che vivono a pane e stylish action. L’idea di avere tutto questo su Switch è galvanizzante, ma i timori sui compromessi tecnici di questa versione vengono piuttosto naturali. Nonostante Nier Automata sia un gioco del 2017, la riuscita del porting era tutt’altro che scontata. Fortunatamente, siamo di fronte ad un ottimo porting, che si prende anche qualche libertà in più per sfruttare il peculiare hardware Nintendo. Via il dente, via il dolore (non in questo caso, almeno), Nier Automata gira a 30fps, a 1080p in modalità TV e a 720p in portatile. Il frame rate è piuttosto stabile, anche in modalità portatile. Ad essere sacrificata è stata la definizione generale, più bassa e con la presenza di un marcato aliasing. Nonostante la perdita di dettaglio, è davvero un bel giocare, soprattutto grazie all’utilizzo del Rumble HD e al curioso inserimento dei comandi di movimento (disattivabili). Sarà infatti possibile muovere i joycon (o la console stessa se attaccati), per attaccare con le due armi e per schivare. Una feature curiosa e inaspettata, forse un po’ inutile, ma sicuramente gradita. Il lavoro svolto da Square Enix è insomma ottimo, e permette di giocare uno degli action rpg più belli e unici della scorsa generazione in portabilità. |
Nier: Automata è un’esperienza che ha dell’incredibile. Va a porsi inizialmente come un banalissimo action dalle tinte RPG, ma ne esce come qualcosa di più: un action di grande caratura, divertente e appagante grazie al lavoro di Platinum Games; ma allo stesso tempo un RPG di livello, con un interessante approccio alla personalizzazione del proprio protagonista, e al suo relazionarsi con le attività che il mondo di gioco ha da offrirgli. Più di tutto però, Nier: Automata racconta una grande storia, che si muove tra lo strano e il bizzarro, per arrivare ad una profondità narrativa che solo in pochi hanno provato ad avvicinare. Incorpora in sé un cast memorabile, impreziosito da dialoghi spesso superbi e da una caratterizzazione dei suoi personaggi, dei luoghi e del mondo di gioco di grande spessore. È riflessione e filosofia traslata in un medium distante anni luce da concetti simili, ma è anche intrattenimento nella sua forma più pura. Le decine e decine di ore spese con Nier: Automata ci hanno fatto capire quanto esso non sia solo un ottimo videogioco, ma anche una grande opera, che dà i brividi e diverte in un equilibrio tutt’altro che precario. |