Ninja Gaiden: Master Collection – Recensione

Ninja Gaiden è una trilogia che ha fatto la storia degli action hack’n’slash. Dalla mente del geniale Tomonobu Itagaki, già autore di Dead or Alive, è nata un’esperienza incredibilmente punitiva e spietata – un Dark Souls ante litteram, potremmo dire. Pubblicato originariamente nel 2004, il primo capitolo ci metteva nei panni del giovane Ryu Hayabusa (non certo un nome sconosciuto) nel suo viaggio di vendetta contro Doku per riprendere la Spada del Drago Nero, sottratta dopo aver sterminato il suo villaggio. Il seguito ben seguiva le orme del predecessore, presentando ambientazioni curate, sebbene forse un po’ più kitsch, e lo stesso adrenalinico sistema di combattimento; il terzo, al contrario, ha rappresentato una brusca battuta d’arresto per la serie, mostrandosi ben lontano dalla visione di Itagaki (che aveva lasciato Team Ninja in concomitanza con l’uscita di Ninja Gaiden 2) e presentando al pubblico un gioco senza una precisa identità – spogliato di ciò che aveva reso i due titoli precedenti così apprezzati nella loro brutalità.

Ninja Gaiden: Master Collection torna a otto anni dall’uscita di Ninja Gaiden 3: Razor’s Edge, una versione riveduta e corretta, per farci assaggiare ancora una volta cosa significa la sconfitta. Così come l’avete conosciuta, in termini di gameplay  e “storia” (non cercatela, non esiste e laddove se ne scorga un scorcio è assolutamente discutibile; meno ci pensate, meglio è), la trilogia è la stessa: alcune funzionalità online non sono più disponibili ma, a parte questo, gli unici cambiamenti dalla riedizione riguardano estetica e performance.

Ci siamo dunque tuffati nel passato per scoprire se le sensazioni sono quelle di allora e abbiamo scoperto che, forse, certi mostri sacri è meglio lasciarli al loro momento storico, affidando al retrogaming il compito di farceli scoprire anziché aggiornarli a un 2021 che li vede incastrarsi con discreta difficoltà.

Se a suo tempo Ninja Gaiden ha settato degli standard, è stato senza dubbio per un sistema di combattimento studiato ma anche per il fatto che, non essendoci altri metri di paragone nell’ambito degli hack’n’slash (Devil May Cry aveva un approccio diverso), si è chiuso un occhio su alcuni aspetti che rigiocati oggi fanno sentire il loro peso. Il cosiddetto “priority system”, che sostituisce il lock-on e permette a Ryu di puntare un nemico sulla base di determinate condizioni non scritte – non solo la prossimità – serviva per meglio gestire gli scontri affollati che caratterizzano la serie.

In realtà bisogna ammettere che un vero e proprio affollamento non si è mai visto e se da un lato, forse, il lock-on avrebbe penalizzato il giocatore in aree ristrette come quelle che spesso ci troviamo a passare, dall’altro lato questo sistema mostra il fianco nei combattimenti uno contro uno (in genere boss fight): la gestione della telecamera demandata al giocatore, che con un solo pulsante la riposiziona dietro le spalle di Ryu, non solo a volte non risponde al comando a causa di un posizione difficile del personaggio ma, spesso, la mette in maniera tale che il corpo di Ryu copra quello dell’avversario impedendo così di vedere cosa stia facendo e reagire di conseguenza. Un problema che abbiamo ovviamente riscontrato con personaggi di dimensione umana o poco più grande e ha cozzato più volte con la nostra performance, rendendo più evidente un approccio che forse già all’epoca si poteva considerare meno riuscito di quanto non fosse ma oggi mostra sicuramente il suo lato più debole, soprattutto a difficoltà maggiori.

Ninja Gaiden: Master Collection mette in evidenza un gameplay che sente il peso degli anni

Ritrovarcelo di fronte, a quattordici anni di distanza (consideriamo che Ninja Gaiden: Master Collection ripropone le versioni Sigma dei primi due giochi e Razor’s Edge per quanto riguarda il terzo capitolo) è stata un’esperienza più frustrante di quanto avremmo voluto ammettere: non ne neghiamo la fluidità e a tratti la bellezza, quando si mettono a segno combo di una certa complessità, ma il punto è anche che non siamo troppo motivati a cercare quei virtuosismi che la quantità di mosse a disposizione suggerisce.

Il parry, ad esempio, funziona bene contro i nemici normali ma risulta pressoché inutile contro i boss poiché ogni loro colpo si risolve in uno spezza guardia per noi; o ancora, sia i boss sia le creature demoniache più grosse assorbono i nostri colpi senza risentirne e l’assenza di anche solo un minimo accenno di stordimento rende complesso affidarsi alle suddette combo, sapendo che possiamo essere interrotti senza problemi. Anche le armi da lancio presentano qualche illogicità, come le frecce esplosive che non esplodono su determinati avversari, limitandosi a rimbalzare via, o quelle in tungsteno che fanno la stessa identica fine nonostante fino a poco prima abbiano perforato un carro armato o, perché no, anche la pelle di un drago antico.

Insomma, sebbene la quantità di armi e mosse spinga alla sperimentazione, spesso è più sicuro affidarsi a quei pochi attacchi che si conoscono e strutturare il combattimento attorno a quelli; non siamo davvero sicuri che il priority system fosse così efficace già a suo tempo, anche per via di una gestione della telecamera discutibile, e oggi sicuramente non fa lo stesso effetto di allora. Perché questo lavoro di remaster, allora? Perché riportare in auge un gioco, o una serie del suo tempo, senza pensare di ammodernarla un po’? Certo, si potrebbe dire che cosi facendo il prodotto sarebbe snaturato ma, allora, sarebbe meglio lasciare il piacere della scoperta al retrogaming – a maggior ragione se consideriamo che su Xbox l’intera serie è retrocompatibile.

Passiamo ora al vero piatto forte di Ninja Gaiden: Master Collection, ovvero estetica e performance. Partendo da quest’ultima, non c’è assolutamente nulla da dire: i 60fps vengono mantenuti stabili sia su PS5 sia su PS4 Pro e, anzi, le differenze tra le due console sono minime, riflettendosi solo in un caricamento un po’ più prolungato per quanto riguarda PS4 Pro. Ci saremmo aspettati un’implementazione di qualche funzionalità DualSense ma il pad di nuova generazione non è stato preso in considerazione in questa remaster. Non preoccupatevi dunque se non siete ancora riusciti ad accaparrarvi una PS5: la versione PS4 Pro svolge più che dignitosamente il proprio lavoro per quanto riguarda le performance.

Più altalenante è invece la resa estetica, che in particolare con il primo Ninja Gaiden rende fin troppo evidente il peso degli anni: in alcuni casi ci siamo ritrovati a contare i pixel a schermo, durante i filmati, e un buon uso del blooming e degli effetti di distorsione non è comunque sufficiente a restituire una resa visiva che non somigli a un pugno in un occhio. Migliore la situazione sul secondo e terzo capitolo, a dispetto della delusione di quest’ultimo sotto il profilo ludico, che essendo più recenti ne escono con le ossa meno rotte. Nel complesso, il lavoro di modernizzazione è stato piuttosto pigro, volto a fare il minimo sindacale per distanziare la trilogia dai rispettivi originali: peccato perché abbiamo davvero la sensazione che si sarebbe potuto fare qualcosa di più.

Conclusioni

Ninja Gaiden: Master Collection è una riedizione che non si sforza molto soprattutto nell’ammodernare l’estetica della trilogia, mentre sul lato performance garantisce prestazioni stabili sia su PS4 sia su PS5. È chiaramente un’operazione nostalgia indirizzata ai fan storici, poiché il suo gameplay sente il peso degli anni e aspetti che all’epoca potevano essere trascurabili, oggi balzano di più all’occhio. Ci saremmo aspettati uno sforzo maggiore, perciò consigliare questa collection a occhi chiusi ci riesce difficile: rimane un pezzo di storia da scoprire, senza dubbio, ma a volte certe operazioni andrebbero lasciate al retrogaming.

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