10 Mar 2020

Nioh 2 – Recensione

L’esordio di Nioh nel 2017 si era dimostrato un interessante esperimento nell’ambito di quegli action-RPG che, a partire dal ben noto Dark Souls, ne avevano preso a modello una struttura divenuta in seguito un sottogenere a sé (il soulslike): Team Ninja aveva provato, iniziando da una base consolidata, di poter e saper prendere una propria strada dando così vita a un’esperienza unica, molto hardcore – più di quanto siano mai state quelle From Software – e capace di fondere la realtà storica con il folklore giapponese. Nella nostra recensione ne abbiamo applaudito in particolare il sistema di combattimento e il design dei demoni, che attingendo dal bestiario Ehon Hyaku Monogatari aveva saputo trascinarci nella parte più cupa del Giappone e della sua cultura.

Tutto questo si ripropone a distanza di tre anni con Nioh 2, un gioco che fa da prequel alla trama originale e mantiene pressoché inalterato lo scheletro del suo predecessore andando a rafforzare alcuni punti. Di contro, se nel valutare il primo capitolo abbiamo chiuso un occhio su alcuni aspetti un po’ grezzi ci siamo resi conto che, nonostante tutto, il team di sviluppo è ricaduto nello stesso errore e questa volta siamo più irremovibili a riguardo. Va sottolineato che l’effetto novità del primo Nioh viene ovviamente a mancare in questo secondo capitolo e soprattutto che la “risposta” di From Software con Sekiro: Shadows Die Twice ha minato gli equilibri di un’esperienza a suo modo unica – facendoci rivalutare il concetto di difficoltà e spingendo il giocatore oltre i suoi limiti presentando l’uso della spada come vera e propria forma mentis – ma nonostante tutto Nioh 2 fa ancora una volta dei suoi punti di forza i cavalli di battaglia per un gioco longevo, ad altissimo tasso di difficoltà e avvincente.

Come anticipato, la storia di Nioh 2 si ambienta prima degli eventi narrati nell’originale, ripercorrendo l’ascesa e la caduta di Oda Nobunaga, al quale succede Toyotomi Hideyoshi, tra realtà storica e folklore. Protagonista questa volta non è più un personaggio fisso come William Adams ma un avatar personalizzabile dal giocatore che risponde al nome di Hide: assieme a lui (o lei) viaggeremo in lungo e in largo per un Giappone che si è interamente fuso con i suoi miti e le sue leggende per diventare una terra inospitale, che ai tumulti della guerra affianca l’onnipresente minaccia degli yokai. Unica persona in grado di far fronte a queste creature grazie a un pugnale intriso di energia magica, complice la natura metamorfa che ne consente la trasformazione in yokai, il suo sarà un ruolo chiave in molti conflitti.

Chiunque abbia giocato a Nioh troverà in questo racconto figure familiari in grado di lasciare un po’ di amaro in bocca, nonostante la storia non sia proprio l’aspetto migliore di entrambi i giochi, mentre incuriosirà abbastanza i neofiti da spingerli a voler sapere cosa succede dopo. Un colpo al cerchio e uno alla botte, per una narrazione che tuttavia soffre di qualche falla e viene persino smorzata dalla decisione di offrire un protagonista personalizzabile: l’inevitabile mutismo che lo accompagna, infatti, rende molto difficile il coinvolgimento nelle vicende, specie quando gli altri personaggi vi si rivolgono direttamente o egli stesso è coinvolto in situazioni che avrebbero reso meglio con una personalità ben definita e soprattutto un doppiaggio. Ciononostante, Team Ninja riesce ad amalgamare tanto bene la realtà storica con la finzione da spingere il giocatore a volerne sapere di più, percorrendo una strada lastricata di sangue, tradimento e dell’ineluttabilità del destino.

A livello di longevità siamo tranquillamente sulle cinquanta ore e persino qualcosa di più, soprattutto se vi dedicate anche a tutte le missioni secondarie: sotto questo aspetto dunque, complice anche la presenza di una breve ma interessante sezione endgame, Team Ninja ci riconferma ancora una volta un’esperienza in grado di tenervi incollati alla console per diverse ore e che verrà estesa con i DLC post-lancio similmente a quanto fatto con il capitolo originale. Rimaniamo perplessi di fronte alla scelta di un protagonista anonimo, che toglie un po’ dell’unicità vista con l’originale per uniformarsi ad altri titoli simili, ma la storia ha comunque un suo perché.

La storia non è perfetta ma amalgama molto bene realtà e folklore

In un gioco come Nioh 2, tuttavia, la narrazione ricopre un ruolo marginale e serve da sfondo per il gameplay. Forte di un’impalcatura soddisfacente grazie al titolo originale, il sequel si rafforza grazie all’introduzione della trasformazione in Yokai: accumulata abbastanza energia, potremo liberare tutta la nostra rabbia diventando proprio uno di quei demoni ai quali diamo la caccia per portare devastazione entro un lasso di tempo limitato. In base allo Spirito Guardiano iniziale che sceglierete, avrete accesso alla forma Bruto, Spettro o Feroce, a ciascuna delle quali corrisponde un preciso stile di combattimento ma soprattutto un altrettanto determinato contrattacco. Laddove infatti assumere le fattezze di uno yokai è visivamente spettacolare ma molto mordi e fuggi, non potendo sostenerle a lungo, la possibilità di rispondere agli attacchi violenti dei nemici è nei fatti un game changing capace di rendere qualsiasi combattimento una danza letale. Facile solo a parole.

Il fascino di questa meccanica risiede nel fatto che i vostri tempi di reazione non devono variare solo in base al tipo di avversario ma anche allo stesso guardiano che portate con voi: se ad esempio il Bruto gioca d’anticipo e replica con inusitata violenza, Spettro e Feroce giocano su un tempismo molto più sottile legato al fatto di sfuggire all’assalto un attimo prima che questo vi tocchi. Non a caso gli stessi nemici sono stati caratterizzati con attacchi violenti che non possono essere tutti contrastati dallo stesso tipo di forma yokai e questo ci porta a un ulteriore stratificazione dell’esperienza: i nuclei d’anima. Occasionalmente, le creature sconfitte ne lasciano cadere uno che potete armonizzare con il vostro guardiano in modo tale da assorbirne e utilizzarne le capacità, per un potenziale creativo delle build ampio tanti quanti sono gli yokai del bestiario, boss compresi. Una piccola meccanica gestionale che rubandovi un po’ di tempo dona ulteriore profondità ai combattimenti.

Non lasciatevi spaventare da statistiche, numeri e quant’altro. Come molti degli aspetti di Nioh 2, anche questo deve essere interiorizzato dedicandovi un po’ di tempo prima di renderlo naturale nel flusso di gioco. A proposito di flusso, non possiamo che ancora una volta applaudire Team Ninja per la capacità di stratificare il proprio sistema di combattimento senza per questo renderlo proibitivo: sebbene l’interfaccia si riempia ulteriormente di comandi e sia facile cadere in errore a volte, a lungo andare si viene coinvolti da questo ciclo continuo di schivate, ritmo Ki, abilità Yokai e contrattacchi in una vera e propria danza di morte – che molto spesso sarà la vostra ma è il dazio quando si affrontano giochi del genere. Con questo tuttavia non intendiamo scusare l’errore principale del gioco: il bilanciamento.

Il primo Nioh si è fatto la nomea di gioco impossibile a livello di demo e provati, per poi rivelarsi impegnativo ma perfettamente abbordabile. Nioh 2 vive invece di un picco di difficoltà immotivato all’inizio, uno scoglio che non abbiamo timore nel definire allucinante, per poi prendere una piega molto più morbida (dando quasi la sensazione di star giocando ad altro, almeno a livello di boss) e rialzarsi all’improvviso verso la fine ponendoci di fronte ostacoli che difficilmente combaciano con il livello giocatore. Se tuttavia verso la conclusione potete dire di aver sbloccato molte abilità, padroneggiato il flusso di gioco e in generale rafforzato il personaggio, all’inizio le cose sono di tutt’altra pasta e non giustificano un simile dislivello tra giocatore e gameplay. È quasi una prova d’ingresso per i giocatori più meritevoli e non ci sarebbe stato nulla di male se avesse ruotato all’effettiva capacità di comprendere il nemico, come del resto fa Sekiro: nel caso specifico però si parla di una disparità proprio a livello di costruzione del personaggio, che a quel punto non dispone del necessario per affrontare lo scontro quantomeno con maggiori possibilità.

Il combattimento in Nioh 2 diventa una vera e propria danza di morte

A nulla o quasi peraltro serve l’intelligenza artificiale, se non come carne da macello che comunque i boss non faranno fatica a eliminare in pochissimi minuti, data la loro tendenza suicida: considerato che richiamare un alleato gestito dal computer ha un costo in tazze Ochoko, al contrario di Dark Souls o Bloodborne che offrivano alleati fissi ma gratuiti (sebbene a precise condizioni a volte), sarebbe stata preferibile una maggiore cura nella loro gestione. Se vogliamo utilizzarli come distrazione può funzionare ma alla lunga diventa un espediente di cui si fa a meno, soprattutto per la capacità innata di complicare i combattimenti anziché facilitarli.

Nonostante infatti Nioh 2 sia un gioco più rompibile rispetto a Sekiro grazie a magie e tecniche di sorta, osservare il comportamento del nemico è fondamentale per prevederne le mosse e ottimizzare al meglio il Ki (specie considerando la presenza del Regno Oscuro) e in questo senso un alleato che non fa niente se non gettarsi nella mischia rischia di diventare egli stesso un ostacolo. L’unico caso in cui non sussiste è quando gli alleati sono personaggi principali del gioco, poiché non possono davvero morire ma solo essere messi temporaneamente fuori gioco e da noi soccorsi. Ciò non toglie che anche loro abbiano tempi e modi di reagire molto discutibili.

Questo problema di equilibrio tra curva di difficoltà e alleati si estende anche alla modalità multigiocatore con le Spedizioni: l’idea di prendere parte alle singole missioni per aiutare o farci aiutare da qualcuno è interessante ma in Nioh 2 viene ancora una volta resa inutilmente proibitiva. Morire un determinato numero di volte, infatti, comporta il fallimento dell’intera missione e se in una partita privata con giocatori fidati è un rischio presente ma meno sensibile, un team formato casualmente potrebbe avere esiti disastrosi. Sinceramente non comprendiamo il motivo di un ennesimo scoglio tanto ingiusto che impedirebbe a giocatori meno preparati di ricevere od offrire aiuto senza il rischio di compromettere tutto troppe volte per renderlo tollerabile. Per un passo avanti, alle volte, se ne fa uno indietro.

Nel complesso Nioh 2 è un ottimo gioco ma risulta un gradino inferiore al titolo originale per aver reiterato alcuni suoi difetti, in primis il bilanciamento: aver stratificato il sistema di combattimento va di pari passo con un incremento delle potenzialità dei nemici, che tuttavia si prendono la libertà di utilizzare mosse devastanti con una frequenza esagerata – e ci riferiamo soprattutto a quelli comuni, che a tratti sono persino più proibitivi dei boss. Nioh 2 è un’esperienza che va presa con molta calma, sfruttando ogni tecnica a disposizione per isolare gli avversari ed evitare scontri affollati dai quali usciremmo morti prima di aver menato un solo fendente. Ci sono tuttavia sezioni obbligatorie che presentano più nemici assieme e a ciclo continuo che meglio di altre sottolineano il forte sbilanciamento tra giocatore e sistema. L’errore di Nioh 2 non è tanto essere un gioco simile al primo con una marcia in più, bensì di esserlo trascinandosi dietro le imperfezioni passate.

Conclusioni

Nioh 2 è un more of the same del capitolo originale, con il quale condivide l’intera struttura generale sia per quanto riguarda il modo di raccontarsi sia il sistema di combattimento, tuttavia propone alcuni guizzi che rendono il gioco molto gradito e coinvolgente: se il fattore novità dovuto all’originale introduzione del ritmo Ki e di una meccanica molto votata all’utilizzo delle diverse guardie viene a mancare, a controbilanciare arriva la forma Yokai con tutti i benefici che ne conseguono.

La natura metamorfa del protagonista scava più a fondo in un sistema di combattimento già di per sé stratificato e complesso da memorizzare, arricchendolo di meccaniche per cui serviranno tempo e dimestichezza ma che una volta interiorizzate apriranno le porte a combattimenti all’ultimo respiro. Non solo per quanto riguarda le boss fight perché Nioh 2 è impegnativo (a volte sfiorando purtroppo il proibitivo) anche quando si tratta dei nemici comuni – Yokai o uomini che siano.

Nel lungo percorso che ci porterà ad assistere all’ascesa e alla caduta di Nobunaga Oda, in cui la realtà storica e il folklore si amalgamano molto bene, seguiremo una curva di difficoltà imprevedibile, con picchi ingiustificati soprattutto all’inizio che poi si ammorbidiscono notevolmente nel proseguo per risalire verso la fine. Un ritmo altalenante dove emerge ancora una volta quanto sia hardcore la serie firmata Team Ninja ma non lima proprio tutte quelle critiche mosse al primo Nioh.

Da una disposizione spesso esagerata dei nemici a un’intelligenza artificiale buona solo come carne da macello per distogliere l’attenzione da noi stessi, Nioh 2 è un’esperienza più piacevole da giocare in solitaria soprattutto per l’attenta pianificazione degli scontri, il cui equilibrio potrebbe essere sovvertito proprio dalla presenza di un PNG. La stessa storia soffre di alti e bassi, penalizzata dalla presenza di un protagonista muto che non riesce a creare alcun coinvolgimento con una narrazione di cui comunque a volte non si comprendono diversi passaggi. Team Ninja dimostra ancora di saperci fare ma non riesce a rischiare quanto dovrebbe.

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