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27 Ago 2021

No More Heroes III – Recensione

No More Heroes III, sfortunatamente, è la quasi definitiva conferma che il capitolo originale della saga, pubblicato su Nintendo Wii nell’ormai lontanissimo 2007, non fu altro che un caso più unico raro, un capolavoro senza tempo destinato tuttavia a rappresentare il solo picco di una saga che, capitolo dopo capitolo, continua a perdere pezzi, incapace di recuperare lo smalto d’un tempo e di riproporre quel mix di trama geniale e gameplay assuefacente che caratterizzò il capostipite.

Vogliamo essere franchi e schietti, soprattutto nei confronti dei fan più accaniti del brand, come lo è il sottoscritto: siamo lontani anni luce dall’autoreferenzialità vuota e fine a sé stessa di Travis Strike Again, reo persino di propinare al videogiocatore un gameplay quanto mai ripetitivo e sostanzialmente piatto. Allo stesso tempo, sfortunatamente, se la splendida intro in stile anime e le prime, taglienti, battute del protagonista trasudano stile e follia made in Suda51 da tutti i pori, lasciando presagire un ritorno in grande stile della saga, da lì a poco ci si ritrova a giocare ad un’avventura riuscita solo in parte, cocciutamente arroccata attorno alla stessa filosofia che aveva senso quasi quindici anni fa, ma non certo oggi.

No More Heroes III, come detto, inizia alla grande, con una premessa coinvolgente, per quanto prevedibile. Dopo aver battuto i killer più pericolosi di Santa Destroy e del mondo intero, questa volta Travis dovrà vedersela con dieci supercattivi alieni, villain al soldo del terribile Principe Fu, intenzionato ad assoggettare l’umanità tutta e a distruggere il pianeta Terra.

Quasi si muovesse ormai con il pilota automatico inserito, Suda51 e gli altri sceneggiatori di Grasshopper Manufacture dimostrano di saperci ancora fare con Travis Touchdown e compagnia bella. Il boss finale è un personaggio estremamente affascinante, il protagonista buca continuamente lo schermo (e la quarta parete) sia letteralmente, sia grazie al suo implacabile carisma. La trama, pur seguendo un sentiero già battuto e ampiamente prevedibile, si alimenta di un citazionismo continuo, di cambi di stile repentini e geniali, di ibridazioni schizofreniche.

C’è Terminator, c’è Alien, un po’ di X-Files, ovviamente Tarantino, pure una spruzzata dello stilosissimo e immortale Italian Spiderman (se non sapete di cosa si tratti, rimediate subito). Suda51, quanto a rimandi, anche interni alla saga stessa, si dimostra in grande forma, ancora in grado di spingere il medium verso quella brillante e geniale meta-referenzialità che è un po’ il suo (adorato) marchio di fabbrica.

Se la trama scorre via piacevolmente, insomma, non può dirsi altrettanto del gameplay, che segna netti passi indietro rispetto all’originale.

L’idea di un open-world vuoto e costellato di minigiochi ripetitivi aveva perfettamente senso nel 2007, un po’ per venire incontro agli evidenti limiti della piattaforma che ospitava No More Heroes, il piccolo Nintendo Wii appunto, un po’ per lanciare una critica, all’epoca condivisibile, al trend di creare immensi mondi digitali anonimi e privi di vita. Purtroppo, percorrere il medesimo sentiero, nel 2021, sulla stessa console che ha animato il gigantesco mondo di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, sembra solo l’indiretta ammissione di uno studio, Grasshopper Manufacture, di non avere al suo interno programmatori sufficientemente abili.

Santa Destroy e relative zone che si sviluppano attorno hanno l’aria di essere state trascinate di forza da un qualsiasi gioco per Nintendo 64. Texture sgranate, scenari letteralmente vuoti, pochi PGN vestiti tutti uguali, un paio di auto che si muovono in strade desolate. Lo spettacolo offerto è senza mezzi termini deprimente e sconfortante, pur volendo attribuire un preciso intento artistico all’infelice scelta di design.

I minigiochi, praticamente identici a quelli visti nelle puntate precedenti, sono inutilmente ripetitivi e patetici. Gli scontri più o meno opzionali a cui potrete prendere parte durante l’esplorazione rimandano invece all’altro grande problema di No More Heroes III.

Laddove nei precedenti capitoli regolari, il tutto si sviluppava all’interno di veri e propri livelli in cui affrontare una lunga serie di sgherri da eliminare tramite rapide, gustose ed adrenaliniche combo, questa volta il tutto si consumerà affrontando uno sparuto gruppo di tre, massimo quattro avversari, in arene fisse.

No More Heroes III è sì più difficile e tecnico, ma al tempo stesso meno esaltante dei prequel

Per quanto l’idea di combattere nemici ben più attrezzati, sia in termini di pattern offensivi che di barra di salute, abbia il suo fascino, sul lungo periodo la scelta non paga. Se il primo No More Heroes ci aveva stregati soprattutto grazie al suo ritmo sostenuto e alla pittoresca carneficina che si consumava sullo schermo, il maggior tecnicismo richiesto da queste battaglie non risarcisce la perdita del ventaglio di emozioni esperito quasi quindici anni fa.

No More Heroes III è sì più difficile e tecnico, ma al tempo stesso meno esaltante dei prequel. La varietà di katane laser disponibili è stata sostituita dal Death Glove, con cui attivare mosse speciali vincolate a specifici cooldown. Si ripresenta la slot machine che, dopo ogni eliminazione, potrà eventualmente premiarvi con power-up temporanei. Non mancano poi le prese wrestling, da mimare eventualmente Joy-Con alla mano.

Il combat system, insomma, è quello di sempre, gustoso e godurioso, ma è la sovrastruttura a lasciare interdetti. Questo, ovviamente, a fronte di boss battle semplicemente stupefacenti, feature che da sola salva No More Heroes III dal baratro di una bocciatura completa.

I dieci alieni che dovrete sconfiggere per salvare la Terra, sono un mix di battaglie combattutissime e variazioni al gameplay che in più di un’occasione vi lasceranno a bocca aperta. Non vogliamo spoilerarvi nulla, ma sappiate che in questo caso il livello qualitativo supera abbondantemente quello del primo capitolo.

Purtroppo, anche tecnicamente la creatura di Grasshopper Manufacture va incontro a sonore critiche. Se in termini di direzione artistica c’è poco da eccepire, soprattutto considerando la diversità di stili abbracciati, che anche in questo caso strizzano l’occhio a film, serie TV e quant’altro, in termini prettamente tecnici qualcosa è andato maledettamente storto. Se sulla povertà dello scenario ci siamo già pronunciati, lascia completamente basiti il constatare che il tutto è accompagnato da una definizione insufficiente persino su Nintendo Switch, soprattutto quando giocherete sul televisore di casa, e da frame rate per quanto rari.

Conclusioni

Difficile non ritenere No More Heroes III una cocente delusione. Chi si aspettava un ritorno di Travis Touchdown capace di rendere onore al suo esaltante esordio, dovrà ingoiare una pillola piuttosto amara e difficile da digerire.

Tecnicamente siamo molto al di sotto dello standard qualitativo minimo. Sul fronte del gameplay mal si sopporta la struttura a singole arene, con ben pochi nemici da affrontare, scelta di design che coinvolge anche gli scontri con i boss, per nulla anticipati da livelli veri e propri.

No More Heroes III si salva grazie al carisma dei suoi protagonisti, alla trama folle quanto basta, ad una direzione artistica bizzarra e suggestiva, ad una colonna sonora, quello sì, spettacolare.

Purtroppo si tratta di un gioco che potrà essere apprezzato, pur dovendo accettare molti compromessi, da una ristrettissima cerchia di fan sfegatati, più che del brand in sé e per sé, dello sboccato e tamarro Travis Touchdown.

Se non amavate No More Heroes, insomma, non cambierete certo idea con questo controverso sequel.

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