Il prezzo dell'immortalità come critica feroce al capitalismo
Cosa succederebbe se l’uomo conquistasse l’immortalità? Quali conseguenze avrebbe sulla società e, addirittura, sulle singole persone che vedrebbero la propria vita allungarsi potenzialmente in eterno? Lo studio di sviluppo polacco Critical Hit Games prova a offrire uno scenario distopico basandosi su questo concetto e lo fa con Nobody Wants to Die, un thriller narrativo in prima persona dalle tinte hard-boiled, ambientato in un mondo neo-noir nel quale sì, l’immortalità è stata raggiunta… ma con essa è stata stabilita una società distopica e orwelliana, dove ogni essere umano è di proprietà del governo fin dalla nascita. Soprattutto, lo sono i loro corpi, qui mezzo fondamentale per consentire la “reincarnazione” dell’individuo la cui coscienza sarà trasferita in un guscio nuovo: il che non vuol dire performante, d’altronde nel gioco il capitalismo è portato probabilmete a uno dei suoi massimi estremi.
Anno 2329. Nei panni del detective James Karra, rimosso dalla propria posizione a causa di un incidente occorso poche settimane prima degli eventi correnti, quello che si rivela essere un delicato eppure “banale” caso di suicidio (dopotutto la morte vera occorre solo se la coscienza è danneggiata senza rimedio) si trasforma in una spirale dalla quale non c’è uscita, che lo porterà a confrontarsi con se stesso, i suoi demoni interiori e con una società sempre più sull’orlo del collasso. In un mondo dove i potenti schiacciano senza alcuna remora i deboli, modificando le leggi a proprio uso e consumo senza che nessuno possa fare davvero qualcosa, è davvero tanto sbagliato trasformarsi in giustiziere? Esiste poi, in questa realtà dove la vita eterna non è una chimera ma una certezza (seppur controllata da altri), il confine che separa il bene dal male? Quando vivi così a lungo, forse, quella linea che la tua mortalità ti avrebbe permesso di tracciare non conta più nulla perché il tempo sbiadisce ogni cosa: anche l’umanità che pensavi di avere.
Prima di immergerci nel vivo del gioco, occorre spendere qualche parola di lode per il worldbuilding. Critical Hit Games ha posto molta cura nella costruzione non solo della New York futuristica in cui si svolgono gli eventi ma della società stessa e di come guarda al passato – cioè al nostro presente. Il neo-noir si respira a pieni polmoni (attenti a non intossicarvi, l’aria non è proprio salubre qui) e la decadenza della città, cui fa da contrappunto l’opulenza di chi può permettersi di guardare dall’alto in basso, si può quasi percepire a pelle.
Si è completamente immersi in questa New York dove il sole non brilla mai e che sembra chiudersi attorno a noi, perché guardando in alto o in basso la sensazione è quella di sentirsi soffocare, prigionieri di verticalità delle quali non si scorge la cima. Se dal punto di vista estetico i modelli umani lasciano un po’ a desiderare, non trasmettendo la sensazione di un gioco current-gen, non si può invece dire nulla sull’ambientazione: sono chiari gli sforzi profusi dal team in tal senso e non possono che essere premiati. Sebbene non ci sia davvero modo di esplorare New York se non nei modi, luoghi e tempi stabiliti dal gioco, il colpo d’occhio è indubbiamente di pregio.
Il lavoro svolto in termini di worldbuilding è assolutamente lodevole.
Allo stesso modo lo è la narrazione intesa come ad ampio respiro, non solo legata alla trama: esplorando ed esaminando tutto il possibile si comprende sempre più la società distopica menzionata in precedenza, così come i suoi affascinanti contrasti. Accanto a quella tecnologia d’eccezione che permette il trasferimento di coscienza troviamo la posta pneumatica ma anche le mail, armi da fuoco “all’antica” e macchine volanti, cinema e film anni ’50 affiancati da ologrammi di ultima generazione.
Insomma, New York è una città che vive di contrasti e ossimori, sociali e non, perfetta ambientazione per una storia che pesca a piene mani dai temi moderni del neo-noir; ce li offre in un’esperienza pressoché impeccabile nella sua prima parte, che solo nel secondo tempo mette un po’ troppo il turbo e giunge a una conclusione un po’ affrettata ma non per questo incoerente. Sembra tuttavia che manchi qualche piccolo pezzo, quella cura per i particolari e quella coesione riscontrate invece nella prima metà, dove ogni aspetto era gestito con una cura persino maniacale. Non va a minare la bellezza complessiva di Nobody Wants to Die, tuttavia è innegabile che mantenere il medesimo ritmo e la “pienezza” narrativa che precedono un determinato momento di trama avrebbe portato il gioco a brillare ancor di più.
Passando al gameplay vero e proprio, Critical Hit Games mette in piedi un sistema di indagine molto interessante, che ancora una volta fa uso di metodologie “vecchie” (seppur modernizzate negli strumenti usati) e le affianca ad altre perfettamente in linea con l’ambientazione. Durante la storia dovremo analizzare diverse scene del crimine, dividendoci tra lo scattare foto, l’utilizzo dei raggi X, della lampada UV e dell’oggetto più importante di tutti: il ricostruittore. Grazie a esso è possibile, come il nome suggerisce, ricostruire un evento riavvolgendo il tempo e analizzando elementi altrimenti impossibili da gestire o anche solo da individuare.
Ciascuna indagine risulta particolarmente dettagliata e ci troveremo più volte a passare da uno strumento all’altro per esaminarla a fondo. Il ruolo di punta lo ricopre il ricostruttore ma anche gli altri oggetti non risultano da meno, al punto che non c’è mai un vero squilibrio tra le parti. Anche questo denota molta attenzione da parte del team. L’unica critica da muovere in merito è che a volte i punti di interazione non sono facili da raggiungere (se non li si nota, c’è un aiuto apposito in grado di illuminarli) poiché messi in una posizione un po’ scomoda e ci sono casi in cui James stesso si incastra nei modelli degli altri personaggi quando utilizziamo il ricostruttore: un blocco da cui si può facilmente uscire, non è qualcosa che costringe al riavvio del gioco, ma resta comunque una piccola imperfezione.
Critical Hit Games mette in piedi un sistema di indagine molto interessante.
Una volta raccolte le prove, dall’appartamento di James è possibile interagire con la lavagna interattiva per collegare tutti i punti e trovare risposta alle nostre domande: se avete giocato ad Alan Wake 2 questo approccio vi risulterà familiare, non è però certo l’unico gioco ad averlo adottato, anzi. Il famoso castello mentale di Sherlock Holmes viene declinato in tantissimi modi, con una varietà di approcci e gestioni che a volte sanno renderlo intrigante. Come nel caso di Nobody Wants to Die, la cui semplicità è in questo caso supportata dai commenti di James e della sua partner Sara ogni volta che prenderemo una prova per provare a collegarla con altre. Anche queste conversazioni permettono di approfondire tanto il mondo di gioco quanto i singoli personaggi e il loro rapporto – a mio avviso, un altro suo eccellente aspetto.
La presenza di dialoghi a scelta multipla, alcune delle quali bloccate dietro determinate (ma non telefonate) decisioni prese nel corso della trama, permette a Nobody Wants to Die di offrire un’esperienza diversa in base non soltanto alle vostre scelte ma anche a quanti e quali oggetti esaminerete nel corso della partita. Molti di questi portano, come già detto, a un approfondimento dal punto di vista narrativo e permettono di avere ancor più contezza della cura che Critical Hit Games ha avuto nel costruire il proprio mondo di gioco.
Dal punto di vista della qualità narrativa ci sono pochi dubbi e al netto di un seconda parte un po’ frettolosa che tuttavia non perde di mordente, l’opera prima dello studio polacco supera il test a pieni voti anche grazie a un doppiaggio inglese validissimo – un po’ più incerta è invece la localizzazione italiana ma si parla di alcune piccole imprecisioni. Per chi mastica i diversi generi che compongono il gioco sarà ancora più facile apprezzare i monologhi soprattutto di James, il suo punto di vista sulla società ma anche su se stesso, mentre dall’altro lato abbiamo una partner sorprendente come Sara: ruvida come il mondo in cui tutti loro sono costretti a crescere, saprà tenere testa a James e instaurare con lui un rapporto di fiducia che andrà oltre il lavoro (anche se questo dipenderà in larga parte dalle vostre scelte).
Nel complesso, Nobody Wants to Die è un’ottima prova del fuoco per Critical Hit Games, che dimostra piena padronanza dei generi cui si è voluta approcciare e in grado di creare, nelle cinque o sei ore totali di gioco, personaggi molto verosimili e facili da apprezzare soprattutto nei loro angoli più ruvidi, quella che la vita stessa ha concorso a creare.
Conclusioni
Nobody Wants to Die è un gioco che, pur nella sua brevità, offre un’esperienza narrativa curata, affiancata da un ottimo worldbuilding. I personaggi di James e Sara sono molto ben caratterizzati, le dinamiche tra loro funzionano senza stridere mai e solo nella seconda metà la storia accelera un po’ troppo, restando coerente con quanto detto prima ma facendosi prendere dalla fretta di concludere. Non mina l’esperienza complessiva, tuttavia la differenza nelle due metà si percepisce. Lato gameplay, il sistema di indagine è sfaccettato e a ogni strumento viene dato il giusto spazio, contribuendo a stratificare sia le analisi in loco sia quella attraverso la lavagna interattiva.
In quanto avventura fortemente narrativa, la libertà lasciata al giocatore è minima e dipende dai tempi dettati dal gioco; se da un lato spiace non poter esplorare una città finemente costruita come la New York del 2300, dall’altro è logico pensare che troppa libertà avrebbe compromesso la fluidità della narrazione. Se Critical Hit Games vorrà tornare a toccare questa ambientazioni e questi temi, saremo curiosi di immergerci in un mondo da poter sviscerare in ogni suo aspetto.
Good
+Ottimo worldbuilding+James e Sara sono ottimi partner d'indagine+Doppiaggio inglese molto valido+Narrazione avvincente e mai pesante...Bad
-... ma un po' affrettata nella seconda parte-Alcuni punti di interazione scomodi da raggiungere
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