News 18 Mag 2015

NOT A HERO – Recensione

È strano come l’avvento delle nuove console e della grafica 4K abbia caratterizzato l’uscita dei giochi da un anno a questa parte: grafiche pompate al massimo e schede RAM che chiedono volentieri il turn-over per riprendere il fiato. C’è però un’altra categoria di giochi che è andata via via ingrandendosi, probabilmente per lo stile retro che non morirà mai, oppure per la evidente semplicità nella produzione rispetto a titoli AAA. Ecco dunque che il mondo videoludico si divide in due: quelli che non tollerano la vista di un pixel e quelli che li vorrebbero vedere grandi come una casa.

Lo stile vintage dei giochi “pixellosi” ha sicuramente rapito il cuore di giocatori sia giovani che veterani, grazie all’aspetto sempre simpatico e al carattere spesso irriverente della trama. Basti pensare a giochi recenti come Hotline Miami e Shovel Knight, per poi considerare qualcosa di più evoluto come Minecraft e finire con la miriade di giochi mobile disponibili per i vostri smartphone.

NOT A HERO è dunque molto appetibile agli amanti del genere; un gioco in cui ritroveranno sicuramente tracce dell’ampiamente criticato Hotline Miami, per quanto riguarda il sangue versato e la quantità di bossoli giacenti sul pavimento. Chi invece porta qualche anno in più sulle spalle vedrà in questo gioco l’anima di Elevator Action, vetusto titolo che ha accompagnato parte dell’infanzia del sottoscritto sul suo ancora fiammante Game Boy.

Al primo impatto, NOT A HERO somiglia molto a tutta la serie di giochini flash che si trovano in giro per Internet, ma la costruzione del gioco diventa sempre più chiara dopo pochi minuti di gioco: la fluidità della grafica e la qualità delle particles rendono chiaro che non ci si trova davanti ad un semplice gioco flash, bensì ad uno molto più elaborato ed appartenente allo stile indie. Per l’intera storia il giocatore è il braccio di BunnyLord, strampalato coniglio che vuole diventare a tutti i costi sindaco della città/padrone della galassia: spargere qualche litro di sangue fa parte della sua campagna elettorale, ma del resto si parla di cattivoni a cui far esplodere la faccia, dunque va tutto bene.

Giorno dopo giorno e sfida dopo sfida si possono sbloccare ulteriori personaggi con abilità uniche e più o meno utili, in base alle challenges interne ad ogni livello. Se le prime missioni sembreranno facili come mangiare una fetta di torta, sappiate che i minuti seguenti saranno passibili di rage-quitting e potreste aver bisogno di un controller o di una tastiera nuova. Se giocherete su PS Vita, forse è meglio pensare due volte al vostro autocontrollo. Alcuni livelli oltrepassano la barriera dello “sparoaqualsiasicosasimuova” e si prestano a meccaniche stealth e strategiche, a causa della presenza di nemici che possono uccidervi in un solo colpo, materiali da recuperare o ostaggi da salvare. A meno che non vogliate vedere una testa innocente scoppiare in un’esplosione di pixel, ma questa è un’altra storia.

Se inoltre amate serie manga come Naruto per il fatto che i ninja siano uberfighi, sappiate che questo gioco potrebbe finire per farveli odiare a morte.

Ciò che vince per quanto riguarda la giocabilità è la presenza di soli 4 tasti, per scivolare, sparare, ricaricare e lanciare granate. Nulla di più semplice, se non fosse per il fatto che i riflessi e la capacità di non andare nel panico siano effettivamente i due requisiti maggiori per chi gioca. NOT A HERO può essere completato in un paio di ore come nel tempo necessario per una maratona di Star Wars: tutto dipende dalle abilità del giocatore e dalla sua forza di volontà nel ripetere continuamente livelli fino alla nausea in caso di morte. L’assenza di checkpoint può a volte risultare molto antipatica a causa di episodi troll in stile Cat Mario proprio a fine livello: un gran bel “U MAD BRO?” da parte degli sviluppatori.

Dopo svariati tentativi si arriva finalmente alla conoscenza globale della missione e quindi al suo superamento, per passare ad uno ancora più infame. Nel caso si giochi su PC è consigliato avere un controller Xbox 360 con filo, come segnalato anche nella pagina Steam del gioco: pochi sono i tasti complessivi, ma la comodità di usare un joypad è incomparabile.

Nel modo più superficiale possibile si potrebbe dire che ogni gioco pixel-style si somiglia molto per la grafica sempre simpatica e mirata in un’unica direzione: usare textures retro, dando però la consapevolezza di essere nel 2015. Le ambientazioni colorate e legate alla missione sono un buonissimo colpo all’occhio, con una grafica molto curata e perfetta per il titolo.

I vari personaggi sono tutti stereotipi dei maggiori trend inglesi e americani, simpatici nel modo di porsi, nelle movenze e negli urli che mandano ai nemici o al giocatore stesso, quando si dimentica di ricaricare l’arma. Già solo Jesus potrebbe portare avanti l’intera baracca, con quelle movenze alla Michael Jackson in versione messicana.

A fare da contorno, anche se dovrebbero essere in primo piano, ci sono le colonne sonore stile 8-bit, diverse per ogni livello e sempre “groovy”: impossibile non muovere il collo a mo’ di Disco Stu durante i briefing di BunnyLord. È del resto un punto in comune con gli altri pixel-style, che si focalizzano spesso sull’audio per guidare l’attenzione del giocatore e tenerlo sempre nel mood del gioco.

L’umorismo, molto spesso comprensibile solo grazie ad una buona conoscenza dell’inglese, è fatto di freddure al veleno: i dialoghi di BunnyLord sono sempre ridicoli e conditi da black humor, cosa che risulta simpatica nelle prime missioni, per poi perdere di originalità nel corso della storia. Anche la trama è dunque il punto debole del gioco: guidare un coniglio sul trono di sindaco è già abbastanza lineare di per sé e ciò porta a skippare i dialoghi dopo 4 o 5 missioni in favore del vero gioco sparatutto, soprattutto se non si mastica bene l’inglese (ma questo è un problema italiano). Del resto tra colori, sangue pixelloso e frenesia, quello che conta veramente alla fine è fiondarsi nel gioco e fare il maggior caos possibile, magari concentrandosi anche sulle challenges più o meno ardue.

Proprio queste sfide si fanno troppo difficili nel corso del tempo: con alcuni personaggi sono assolutamente impossibili quelle a tempo, mentre gli ostaggi a volte sono praticamente condannati a morire. Per non parlare di nemici con vita da boss e attacchi da one-shot che possono mandare a monte l’intero livello proprio alla fine, costringendo a ripeterlo tutto. Un po’ in stile Hotline Miami, ma non penso che questo gioco voglia passare ai giocatori come un Hotline Miami 3 versione platform.

Altro punto a sfavore della trama è l’impossibilità di aumentare la velocità dei dialoghi, presente praticamente ovunque nei giochi retro: l’unica alternativa è skippare l’intera spiegazione, ma ciò potrebbe rivelarsi rischioso nel caso ci fossero punti chiave della missione.

In conclusione…

Se questo gioco fosse un test per la pazienza, probabilmente molte persone fallirebbero, ma tornerebbero a giocarci dopo qualche ora per riprovare dove hanno fallito. Questa capacità di far perdere le staffe ad un giocatore per poi richiamarlo all’azione è sicuramente il punto forte di questo titolo e dovrebbe essere introdotto praticamente ovunque. È infatti necessario far sbollire la rabbia a volte e passare a qualcosa di diverso, ma dopo un po’ NOT A HERO torna ad essere una prova anche contro se stessi, quindi la faccenda si fa personale e molto seria.

La trama passa purtroppo velocemente in secondo piano, lasciando il posto all’azione frenetica e alla volontà di completare le sfide di ogni missione. Nonostante sia un punto negativo, non è assolutamente un motivo per non comprare il gioco e toccare con mano l’esperienza, disponibile per soli 12,99€ su Steam e prossimamente anche su PS Vita e PS4: un prezzo onesto e giustificato, accessibile a tutti e che rispecchia pienamente il contenuto.

Un altro degno partecipante alla corsa degli indie pixel-style, che stanno prendendo sempre di più il piede anche sulle console di ultima generazione.

Voto: 7,5/10

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