Omensight 01

Omensight – Recensione

Avete mai sentito parlare di Reynardo? Un tipo scanzonato, abile spadaccino, saccheggiatore, smaliziato come una volpe e dalle sembianze simili a Fox McCloud ma senza astronave… nulla? Allora potreste esservi persi un action-adventure interessante che fa della narrazione frastagliata e della possibilità di cogliere ogni sfumatura di un evento i suoi punti chiave. Se invece siete familiari con quel filibustiere e le sue scorribande in Stories: The Path of Destinies, allora avrete già capito dove voglio arrivare: lo studio canadese Spearhead Games è tornato con una nuova avventura ambientata proprio nello stesso universo di quel volpone di Reynardo ma anziché rappresentare un diretto sequel, potremmo definirlo più semplicemente un seguito spirituale – che ricalca alcuni degli aspetti già messi in campo dai ragazzi del team (ex membri di Ubisoft e Visceral Games) ma li inserisce in un contesto dove l’ironia non trova molto posto. Fosse anche solo perché la protagonista non proferisce parola.

Omensight ci mette subito di fronte a un fatto compiuto: la distruzione del mondo. Non proprio la situazione migliore con cui iniziare ma del resto noi impersoniamo nientemeno che l’Araldo, colei che viene invocata nel mondo quando la situazione è prossima alla catastrofe: non ha volto né voce con cui esprimersi ma non le servono, quando la lama affilata e qualche trucchetto possono parlare al posto suo. Ammetto che, trovandomi di fronte al trailer senza sapere nulla del gioco, non ho subito collegato Omensight a Spearhead Games e anzi, mi sono ritrovata a pensare “somiglia molto a Stories!” salvo poi realizzare che, be’, arrivavano dalla stessa matrice. In un certo senso, è stata una garanzia del fatto che il team sia riuscito a dare un’impronta ben specifica alle sue produzioni – scuse a parte, il titolo ha davvero molto in comune con il suo predecessore ma la direzione che intraprende è completamente diversa.

Omensight 02

Omensight è un action-adventure con elementi RPG focalizzato sulla risoluzione di un misterioso omicidio, dunque aspettatevi la classica visuale in terza persona durante i combattimenti in tempo reale e diversi salti durante la fase platforming, accompagnati da qualche leva di quando in quando. Ci sono porte chiuse da determinati sigilli, le cui conoscenze potremo apprendere nel corso del gioco, ma praticamente nessun enigma, se si esclude qualche puzzle ambientale di poco conto per raggiungere leve nascoste e avere accesso ad altrettante aree bloccate. Il focus principale ad ogni modo è sulla figura della sacerdotessa-senza-dio Vera, la cui morte porta inevitabilmente alla distruzione del mondo a opera del malvagio dio Voden – l’incarnazione stessa del Vuoto: non si conoscono le cause del suo omicidio, nemmeno chi l’abbia perpetrato, ma è difficile pensare che qualcuno sia davvero così folle da volere il totale annientamento del mondo. Eppure esiste e seguendo uno sviluppo simile a “Ricomincio da capo” (il film del 1993 con Bill Murray) dovremo ogni volta ripetere le dodici ore precedenti la sua distruzione per raccogliere indizi sull’accaduto, stringendo e sfaldando alleanze con i principali membri delle due fazioni a seconda della necessità: non preoccupatevi troppo della moralità legata alle vostre decisioni perché, come spesso capita in situazioni dove solo il protagonista porta con sé le conoscenze dei suoi viaggi nel tempo, ogni volta che rivedremo questi personaggi loro non avranno alcun ricordo delle circostanze che ci hanno visti assieme… e li hanno inevitabilmente condotti alla morte, che sia per mano vostra o di Voden. Inoltre, l’Araldo è una figura eterea senza altro compito che preservare l’integrità del mondo: non ha una vera e propria caratterizzazione perché è il salvatore della storia e, proprio come Link nella serie The Legend of Zelda, si reincarna ogni volta per svolgere il suo dovere. Apparentemente, ogni Araldo conserva le memorie di chi l’ha preceduto ma per giustificare la spiegazione della situazione al giocatore, la nostra eroina non possiede alcun ricordo del passato.

Omensight è la prova del percorso in salita di Spearhead Games

Nonostante l’ineluttabile distruzione del mondo possa essere un valido argomento per fare le cose di fretta, gli sviluppatori hanno evitato l’approccio alla Final Fantasy XIII: Lightning Returns o The Legend of Zelda: Majora’s Mask per offrirci invece la possibilità di ripetere a piacimento queste fantomatiche dodici ore – con l’accortezza tuttavia di farci notare che insistere su alcune scene potrebbe non essere di alcuna utilità raggiunto un certo punto della narrazione. Il nostro obiettivo è capire le ragioni dietro l’omicidio di Vera e, laddove non sia possibile prevenirlo, trovare un altro modo per impedire la liberazione di Voden. Per farlo dovremo interagire con quattro personaggi chiave, due per ciascuna delle fazioni in gioco: Draga, il generale felino devota all’imperatore uccello Indrik, la comandante dei ribelli Ratika e il suo braccio destro Ludomir, rispettivamente un ratto e un orso. Torna quindi il marchio di fabbrica di Spearhead Games, l’utilizzo di animali antropomorfi, le cui reazioni varieranno in base a come ci porremo nei loro confronti e quali informazioni sceglieremo di condividere con loro: a mano a mano che sbloccheremo nuovi indizi si apriranno nuove possibilità narrative che aggiungeranno un tassello in più all’intricato sviluppo delle vicende. Non pensiate infatti che questo omicidio segua una logica scontata, perché ogni volta che ci sembrerà di avere trovato la soluzione ecco far capolino nuove prove che scagionano chi credevamo colpevole e gettano ombre su coloro la cui innocenza era quasi certa. Non fatevi ingannare, sono in molti ad avere segreti da nascondere in Omensight.

La storia si svolge attraverso cinque luoghi che, a eccezione di uno, possono offrire percorsi alternativi e approcci differenti in base a chi decideremo di accompagnare nella nostra scoperta della verità. A differenza di Stories: The Path of Destinies, dove l’Impero era solo un pretesto e il vero discrimine fra bene e male era rappresentato dai bivi che decidevamo di intraprendere, qui c’è un male innegabile pronto a minacciare l’esistenza di chiunque e le nostre scelte porteranno sempre allo stesso esito fino a che non avremo raccolto abbastanza prove da determinare come siano andate veramente le cose e cosa si celi dietro un disegno che sembra andare oltre il semplice omicidio. Si potrebbe pensare che Indrek, nella sua sete di potere, abbia ucciso Vera e ne abbia disperso l’anima per evocare Voden e assoggettarlo al proprio volere – diventano così invincibile – ma stando a queste considerazioni perché Ratika non potrebbe aver fatto lo stesso, in cerca della forza necessaria a contrastare il dominio dell’Impero di Pygarta? In questo senso, Omensight gioca perfettamente con l’incertezza aprendoci di volta in volta nuovi scenari che vanno in aperto contrasto con quanto scoperto appena poco prima, alimentando intelligentemente la nostra curiosità. Sarebbe facile parteggiare per la parte debole della storia ma senza la certezza di chi sia il vero oppresso in una situazione tanto nebulosa, come possiamo fidarci di quello che ci viene detto?

Il solo modo per fugare definitivamente i dubbi e spingere i quattro personaggi a parlare e agire in determinati modi è l’ottenimento dei cosiddetti Omensight: sono visioni del passato e verità inconfutabili che una volta mostrate non possono essere negate. Il vero dilemma sta a chi mostrarle per prime poiché, complici alcuni passaggi bloccati, a volte potremmo trovarci la sequenza interrotta in mancanza del sigillo necessario a proseguire. Fortunatamente questo aspetto del gameplay, ovvero una ripetitività che purtroppo è inevitabile quando si opta per giochi simili, è stato limato dalla possibilità di scegliere se riprendere una sequenza già sperimentata dal suo punto cruciale e non dall’inizio: grazie a una componente dinamico-estetica che ha riportato alla mente i bei tempi di Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo, saremo portati in avanti nel tempo fino al momento appena precedente il punto chiave. Ed ecco che si arriva al punto più interessante del gameplay, sul quale finora non mi sono espressa: gli scontri con i boss. Nel momento in cui Omensight si farà più intricato e avremo a disposizione delle prove concrete a sostegno di specifici contesti, avremo la possibilità di concludere la battaglia in maniera pacifica mostrando la visione in nostro possesso all’avversario: trattandosi di una scelta, comporta delle conseguenze e non è escluso che a discapito di indizi interessanti potremo indisporre il nostro alleato, che si rifiuterà di fornirci informazioni fino a che non ripeteremo la storia e acconsentiremo al suo sentimento di vendetta o giustizia – spesso il confine fra le due è molto labile. In caso contrario si comincerà a una lotta all’ultimo sangue la cui difficoltà almeno a livello base è quasi inesistente, come del resto la maggior parte degli altri scontri.

Omensight gioca sapientemente con la nostra curiosità e incertezza

Seguendo lo stile brawler del precedente e di titoli come la serie Batman Arkham o Assassin’s Creed, il titolo di Spearhead Games ci metterà di fronte a più avversari in una volta sola, dei quali dovremo sbarazzarci sfruttando solamente la nostra lama (a differenza di Reynardo, avremo un’arma e non quattro) e aiutandoci con qualche abilità che apprenderemo salendo di livello oppure acquistandola di volta in volta nell’hub di gioco: l’aggiunta di questi trucchetti, che si riveleranno indispensabili soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati, è un’interessante variazione nel sistema di combattimento, che tuttavia rimane piuttosto semplice. Proprio perché ha una natura più da picchiaduro, la strategia è poco richiesta per vincere i combattimenti sebbene ogni tanto si possa cedere alla necessità di usare l’ambiente a proprio vantaggio per mettere in difficoltà i nemici – trappole, colonne cedevoli, barili esplosivi, qualunque cosa potrebbe essere utile allo scopo. L’innalzamento del livello e della varietà dei nemici, comunque limitata, si riflette sui percorsi che andremo a intraprendere una seconda o terza volta e rende la sfida bilanciata alla nostra progressione, nonostante il gioco resti accessibile a un pubblico abbastanza ampio. Gli sviluppatori hanno dichiarato di essersi ispirati ad alcuni elementi tipici dei “metroidvania”, tra cui la possibilità di sbloccare nuove zone e scoprire segreti utili a una maggiore comprensione della trama e dei personaggi, ma la storia è fruibile senza troppi problemi anche dai giocatori più occasionali. Chiudo la recensione con qualche nota dolente sul comparto tecnico: sebbene ci siano stati dei passi avanti in termini di stabilità rispetto a Stories: The Path of Destinies, i cui 30fps non erano sempre garantiti, a volte si percepisce una certa rigidità nello svolgimento dell’azione soprattutto quando a schermo c’è una situazione particolarmente movimentata. Non si tratta di un vero e proprio rallentamento quanto di una difficoltà nello stare al passo con gli input nonostante l’Araldo continui ad agire senza sosta. Per quanto riguarda eventuali bug, gli sviluppatori hanno fornito un elenco di quelli che sarebbero potuti occorrere (ce ne sono stati alcuni) ma hanno assicurato che la patch al day one risolverà tutto.

Conclusioni

Omensight è la dimostrazione che il percorso di Spearhead Games è sempre più in salita: da un comparto artistico meno spigoloso rispetto al suo predecessore fino a un level design più che apprezzabile, che varia da ampi spazi aperti a zone più strette, passando per una narrazione molto più complessa e dalle tinte più apocalittiche, è un gioco consigliato a chiunque cerchi un’avventura alla mano ma sapientemente costruita. Questo alle difficoltà più basse, perché alzando l’asticella il gioco vi negherà qualsiasi aiuto durante il vostro percorso e dovrete basarvi solo sul vostro istinto per capire la direzione da prendere. C’è ancora qualcosa da limare in termini di fluidità, e forse non avrebbe guastato un approfondimento ulteriore dell’aspetto RPG (che comunque gode di diverse abilità e non si scorda dei vostri compagni) ma bisogna anche considerare la discreta brevità dell’avventura. Anche in questo caso il fattore ripetitività è inevitabile ma la possibilità di saltare subito al momento cruciale delle vicende è un ottimo palliativo. La salvezza del mondo è nelle vostre mani: riuscirete a scoprire la verità?

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