C’era da aspettarselo: senza stare a disquisire sulla bontà di un gioco discusso e polarizzante come No Man’s Sky, è innegabile che l’ambizioso progetto di Hello Games, ben lontano dalla sua conclusione, abbia riacceso quella sete di spazio, quella corsa alla “El Dorado” tra le stelle che già in passato ha catalizzato l’attenzione di centinaia di autori, registi, sviluppatori, insomma, creatori di esperienze, studiate per permettere ad individui qualunque di valicare i confini dell’atmosfera terrestre e scoprire cosa si cela lì nel buio omega.
Fenix Fire Entertainment, giovane team indie coadiuvato da Reverb Triple XP, è solo l’ultimo di una sequela di studios il cui obiettivo è proiettarci verso le stelle, con un progetto anch’esso non meno ambizioso di tanti colleghi ben più blasonati. Osiris: New Dawn è disponibile da qualche settimana su Steam in Early Access (al momento è un’esclusiva PC, ma è previsto l’arrivo anche su PS4 e Xbox One, a data da destinarsi), ben lungi però dall’essere completo e perfettamente funzionante, motivo per cui abbiamo pensato di parlarvene a più puntate, focalizzandoci per prima cosa sulla campagna in singolo, al momento un puro e semplice (ma lungo) tutorial col quale iniziare a prendere la mano e approcciare il comparto multiplayer, il vero fulcro dell’esperienza, con un impatto il meno devastante possibile.
L’anima online di Osiris presenta infatti ancora numerosi problemi di gioventù, tra un netcode instabile e un matchmaking che espelle continuamente dal server, per non parlare di un fantomatico “limite strutture” che impedisce ai giocatori di costruire gli elementi base per dare il via alla propria avventura e collaborare alla colonizzazione del pianeta Proteus 2, al momento l’unico presente. Bastano queste premesse a lasciar trasparire la natura ancora acerba del progetto, lanciato ad un prezzo più basso (22,99€) proprio per premiare tutti quei giocatori che decideranno di scommettere sulle idee di Fenix Fire, che prevedono update continui, nuovi pianeti, un intero sistema solare, e contenuti con i quali ampliare l’esperienza, lasciando che siano poi gli utenti, un po’ come accade in ARK: Survival Evolved o in Rust (inevitabili punti di riferimento di Osiris: New Dawn), a dar vita a faide, guerre e scontri all’ultima risorsa.
L’anima online di Osiris presenta infatti ancora numerosi problemi di gioventù
Lasciamo però da parte le promesse del team (ci torneremo al momento opportuno quando – e soprattutto se – verranno rispettate) e concentriamoci su quel che ora Osiris: New Dawn ha da offrire. Il genere di riferimento è il survival, e l’incipt è classicissimo, privo di troppi convenevoli, in quanto scopriremo solo in separata sede che il nostro protagonista (uno scienziato, ma nel gioco completo potremo scegliere tra altre 3 classi: Marine, Ingegnere e Ranger) fa parte di una squadra spedita in missione dalla U.N.E. (United Nations of Earth) per scoprire cosa ne è stato del team Osiris-1, pionieri dell’esplorazione inviati a loro volta a cercare un’alternativa alla Terra da colonizzare, ma spariti misteriosamente dai radar. La sfortuna colpirà però anche i loro successori: sopravviveremo infatti per un pelo ad un atterraggio di emergenza, ritrovandoci nel bel mezzo del nulla cosmico, con il vetro della tuta rotto, una carenza di ossigeno potenzialmente letale, e qualche container fortunatamente ancora pieno, contenente qualche utile oggetto col quale prolungare, almeno per un po’, la nostra permanenza sul pianeta.
La prima cosa da fare è riparare la tuta con del nastro (tornerà utile anche in futuro), e posizionare una piccola struttura gonfiabile che fungerà da riparo provvisorio. Al suo interno sarà possibile recuperare più velocemente l’ossigeno (in particolare quando lo termineremo in maniera definitiva), oltre che ripristinare alcuni valori vitali e salvare la partita dormendo.
Il tutorial prosegue con brevi missioni pensate per introdurre il giocatore alle meccaniche di base di Osiris: New Dawn: il cambio di inquadratura (prima o terza persona), la costruzione delle strutture primarie (come depositi vari in cui conservare le risorse più pesanti, o la Forgia, con cui creare materiali raffinati come vetro e acciaio, fondamentali per il crafting), e la raccolta dei primi materiali, come ferro, acciaio e rame.
La via del progresso è però tortuosa e in salita
Come da tradizione in ogni survival che si rispetti, il crafting e il mining sono parte integrante dell’esperienza, e dovrete “picchettare” le rocce disseminate qua e là per il pianeta per raccogliere risorse, da utilizzare per costruire strutture via via più complesse, dando forma al vostro quartier generale e guadagnandovi l’accesso a veicoli sempre più potenti, necessari per esplorare con più comodità i vasti deserti che vi si pareranno davanti, fino alle navicelle, con cui, in futuro, sarà possibile raggiungere nuovi pianeti.
La via del progresso è però tortuosa e in salita, e ci vorrà molta, forse troppa pazienza anche solo per portare a termine la manciata di missioni/tutorial, figuriamoci sbloccare la prima hoverbike. Ma gli esperti del genere sanno già cosa aspettarsi: un ritmo lento, dettato da lunghissime passeggiate, alternando una minima propulsione con cui darci la spinta per qualche metro allo sprint, badando bene di non far sforzare troppo il nostro avatar, pena l’accelerazione del ritmo cardiaco e del consumo di calorie (e quindi una più frequente necessità di mangiare cibo – possibilmente cucinato – e bere), così come un consumo maggiore di ossigeno, che può portare alla morte e alla perdita dell’intero contenuto del proprio zaino (ma tranquilli, una freccia vi indirizzerà verso la posizione del vostro cadavere, lasciandovi così recuperare il tutto).
A mettere la vostra vita in pericolo ci penseranno anche bestiole di ogni genere e forma: se in No Man’s Sky era spesso un piacere incontrare qualche buffa creatura generata proceduralmente, da analizzare e magari rinominare, in Osiris la quasi totalità delle entità presenti, oltre ad avere forma e nomi definiti e cattivissimi (tranne quel tartarugone di “Tumbo”, ndr), non vedrà l’ora di banchettare con le vostre carni, costringendovi a sfoderare pistola o fucile (quest’ultimo con proiettili limitati) in cambio di ottima carne aliena, da cuocere prima di essere ingurgitata (pena avvelenamento). Alcuni di loro pioveranno dal cielo, altri strisceranno silenziosamente verso di voi, altri ancora creeranno imponenti arcobaleni di viscere e spuntoni, come dei vermoni spaziali giganteschi che di divoreranno con un sol boccone, ma in generale, il loro obiettivo sarà presidiare zone particolarmente ricche di minerali, alberi (dai quali ricavare l’utilissima gomma o delle succulente bacche) e geyser (fonti di gas da intrappolare in appositi barili preventivamente craftati), e infastidirvi durante le vostre battute di caccia.
A mettere la vostra vita in pericolo ci penseranno anche bestiole di ogni genere e forma
Anche in single player non sarete però da soli: potrete infatti portare con voi un fido droide, un po’ lento e nemmeno troppo intelligente (a volte non riesce ad aggirare gli ostacoli naturali), ma che oltre a combattere al vostro fianco, offrirà inventario extra, contribuendo così anche alla raccolta di pesanti minerali.
E una volta raccolti sufficienti materiali, potrete dedicarvi alla costruzione del vostro quartier generale, sfruttando strutture modulari: partendo da un “Habitat” base, dovrete preoccuparvi persino delle pareti, avendo così, però, la possibilità di unire più moduli tramite corridoi, aggiungere serre in cui coltivare il cibo, laboratori in cui dedicarvi alla tecnologia, e camere da letto in cui piazzare docce, divani e cucine. Ma anche distributori di acqua potabile, di ossigeno, fino ai banchi per il crafting di materiali di costruzione o di raffinazione delle risorse. E possibilmente anche segnalatori e bandiere con cui orientarvi nell’immenso Proteus 2: non avrete infatti comodi indicatori o mappe di gioco consultabili in ogni momento, ma solo un mini-radar che indicherà le vostre coordinate, informazione assolutamente da conservare nel caso di giacimenti di minerali particolarmente rari.
E fidatevi, vi servirà: non ci sarà nulla di più frustrante che camminare per minuti e minuti alla ricerca, totalmente alla cieca, di una particolare roccia, necessaria per costruire un determinato elemento, salvo poi rendersi conto di aver fatto male i calcoli e di aver bisogno di altre due o tre unità per costruire quella struttura che vi interessava, o peggio, per portare a termine la missione del tutorial immediatamente successiva. Tra i problemi principali di Osiris spicca proprio questa sua propensione ad allungare il brodo con un’esplorazione estenuante e senza alcuna meta o alcuna indicazione, da ripetere fino allo sfinimento, fino almeno alla scoperta dei primi veicoli, che non avverrà prima di un buon numero di (pesanti) ore di gioco. Questo però vale unicamente per il single player, in quanto in multiplayer ci si potrà organizzare in squadre e perlustrare il pianeta in maniera più efficace, raggiungendo così più facilmente l’ambito traguardo tecnologico, e da lì il dominio del pianeta.
Proteus 2, seppur monocromatico, è pieno di scorci suggestivi
I problemi tecnici, quelli invece riguardano entrambe le versioni, ma trattandosi di una build pre-Beta, il lavoro svolto da Fenix Fire, almeno per lo stato attuale del gioco, è encomiabile: tra problemi particolarmente evidenti con le collisioni, qualche bug che fa sparire le risorse, animazioni legnose e texture non sempre dettagliatissime, l’impatto visivo complessivo non è poi così male, e Proteus 2, seppur monocromatico, è pieno di scorci suggestivi, tra lune, pianeti in lontananza, monoliti fluttuanti, eruzioni improvvise, e una flora curiosa e originale. Lo stesso vale per il design delle creature, sgraziate nei movimenti, ma tutte cattive e disgustose al punto giusto, tra tributi ad Alien, Tremors e chi più ne ha, più ne metta. Per non parlare del ciclo giorno/notte, tra ombre che si allungano progressivamente e il buio che divora la luce, dando una pennellata di horror al tutto, con creature che sbucano all’improvviso, illuminate solo da una piccola torcia (con la batteria pronta a scaricarsi da un momento all’altro). Il tutto impreziosito da una buona colonna sonora, che coglie nel segno passando dal creare atmosfere siderali alla tensione più pura all’avvicinarsi di qualche bestia aliena. Ci penseranno poi umidità, condensa, tempeste e il cuore che batte a mille ad immergervi completamente in Osiris: New Dawn.
Nonostante sia uscito in Early Access, Osiris: New Dawn non vedrà la luce nella sua forma completa prima di un anno, ed è quindi ancora presto per sbilanciarsi. Il progetto è sicuramente interessante, oltre che ambizioso, e l’idea di avere un intero sistema solare completamente esplorabile a disposizione è, per quanto meno elettrizzante rispetto ad un intero universo, indubbiamente intrigante. Le meccaniche di base sono molto classiche, ma funzionano, per non parlare della possibilità di collaborare con i propri amici nella creazione di intere colonie. Non abbiamo potuto provare il multiplayer, afflitto ancora da problemi: ci torneremo in occasione del rilascio di una build più avanzata e stabile.
Di certo, chi è in cerca di un survival dalle atmosfere spaziali, può e deve sicuramente tenerlo d’occhio, se non rischiare e scommettere già da ora, risparmiando sul prezzo finale e contribuendo alla realizzazione della visione di Fenix Fire. Segnaliamo inoltre la completa scalabilità della difficoltà, potendo influenzare il numero e la potenza dei nemici, la velocità con cui si sale di livello e si migliora in particolari campi (come il mining o l’utilizzo delle armi), e la frequenza di respawn delle risorse, permettendo così ai giocatori più hardcore di trovare il pane per i propri denti, o a quelli alle prime armi, di godere una simile esperienza senza sudare le proverbiali sette camicie.