Outcast: Second Contact – Anteprima gamescom 17

Colonia – Il nome Outcast, almeno per i giocatori più stagionati, dovrebbe suonare familiare. L’anno è il 1999, uno dei periodi più floridi per l’allora imbattibile Infogrames: era l’anno di Cutter Slade, futuristico avventuriero a zonzo nelle costellazioni di Adelpha, impegnato in una pletora di missioni per salvare il proprio universo da una sempre più probabile fine prematura. Outcast, probabilmente, passerà alla storia del videogioco per due aspetti principali: il primo è la quantità enorme di dialoghi (rigorosamente non skippabili) con i quali finivano inesorabilmente per volar via interi pomeriggi, nell’attesa di partire per la missione vera e propria – che, inutile dirlo, ci avrebbe condotto da un altro NPC con cui parlare un altro buon quarto d’ora. Il secondo, è che Outcast è stato probabilmente uno dei pochi Action TPS di matrice esplorativa a poter essere interamente giocabile solo con due tasti del mouse: uno per fare fuoco contro i nemici, l’altro contestuale – e quindi permetteva di camminare verso la direzione impartita dal click, correre, saltare e, ovviamente, parlare.

Le vendite di Outcast non andarono proprio benissimo, nonostante l’appeal narrativo del prodotto belga non fosse oggettivamente trascurabile. Dati alla mano, furono poco meno di 400 migliaia le unità vendute dal titolo Infrogames a livello mondiale: un dato tutto tranne che rassicurante, tuttavia incapace di dissuadere la compagnia dal folle tentativo di un sequel, The Lost Paradise, mai pubblicato per l’avvenuta bancarotta della compagnia. Questa premessa, doverosa, dovrebbe farvi capire da subito uno dei dubbi che dall’istante della nostra prova hands on di Outcast: Second Contact assilla la nostra mente: aveva davvero senso una campagna Kickstarter, poi passata sotto l’ala benevola di Big Ben, per un titolo che forse forse proprio così memorabile non era? E non un sequel o un reboot nel senso stretto: un remake, piuttosto, che ne migliora l’aspetto estetico e ne aggiornasse le meccaniche un po’ troppo rigide di gameplay. La risposta sarebbe stata probabilmente negativa già prima della nostra visita al booth di Big Ben di questa gamescom 2017: ma dopo averlo provato, in tutta sincerità, siamo usciti a metà strada tra l’incredulo e lo sbigottito. E no, non in termini positivi.

Outcast: Second Contact, come svelato in apertura, è un remake in senso stretto dell’omonimo titolo Infogrames, ammodernato (si fa per dire) nelle visuali e smussato – almeno negli intenti dello sviluppatore e della stessa Big Ben – da tutte quelle asperità che quasi 20 anni fa ne caratterizzavano le meccaniche di gioco. In sostanza si tratta di un Action RPG votato all’esplorazione e dal dialogo facile, frammisto a sequenze combat a con armi da fuoco (nonostante la possibilità di utilizzare i pugni) all’interno di una mappa di gioco vasta e ragionevolmente articolata, costellata da missioni principali e secondarie che, senza sosta, richiederanno al giocatore di spostarsi da un punto all’altro della galassia a reperire informazioni. Non c’è moltissimo altro da aggiungere sulle meccaniche di questo Outcast, che offre al giocatore un ragguardevole set di armi con cui farsi spazio tra le file nemiche – nonostante il look & feel delle suddette non sia dei migliori, ad essere proprio onesti – e un’interfaccia per la gestione delle skill di Cutter e del diario di bordo ragionevolmente dettagliata.

Da qui in avanti, ve lo anticipiamo, la situazione non è delle migliori. La build di Outcast: Second Contact presentata in occasione di gamescom 2017 presenta una serie di problematiche così evidenti da preoccuparci non poco già nel corso della presentazione. Tecnologicamente il codice appare alquanto arretrato, con una modellazione e una texturizzazione di livello quasi inferiore ad un titolo early PS3, vessato da glitch, compenetrazioni e difetti di IA a tratti clamorosi Le animazioni dei personaggi, da Cutter a qualsiasi altro NPC presente, sono basilari, rese ancora più fastidiose da un tearing evidente anche quando la presenza di poligoni su schermo è contenuta.

Problemi anche nelle meccaniche base di gameplay: duole ammettere che, da quanto visto, abbiamo l’impressione di essere di fronte ad uno shooting rimasto fermo all’incirca ai tempi di Infogrames. Dovunque punti il nostro mirino, quasi sicuramente il colpo andrà comunque a segno sul corpo del nemico di turno, caratterizzato dalla stessa AI semplicistica e, in più di qualche occasione, disposto a girarsi di spalle e rimanere immobile di fronte ai nostri spari piuttosto che contrattaccare o, alle brutte, cercare un riparo. Il tutto, ironia della sorte, condito da un rag doll poco verosimile e curato, laddove ogni corpo morente si affloscia sulle ginocchia, dando quasi l’impressione di sgonfiarsi.

 

In conclusione

Outcast: Second Contact, da quanto mostrato oggi qui a Colonia, non è propriamente quel titolo che a poco più di un mese dal rilascio gode di perfetta salute. Con un comparto tecnologico forse troppo arretrato per questa generazione, una AI lontana anni luce dagli standard attuali a cui oramai l’utenza media è abituata e, non certo ultima, la presenza di un numero considerevole di bug, glitch o altri errori in grado di invalidare seriamente l’esperienza di gioco, la build della creatura dei ragazzi di Appeal non è forse il miglior biglietto da visita auspicabile per spingere un titolo che, a fine settembre, sarà disponibile sia in formato fisico che digitale. Possiamo solo sperare nel lavoro del team di sviluppo, per smussare quante più asperità nel minor tempo possibile: una sfida su cui, difficilmente, ora come ora scommetteremmo ad occhi chiusi.