Oggi ci pensavo. Pac-man è come Totti. Da che ricordo è sempre stato in gioco, è in gioco ora e, probabilmente, ci sarà pure in futuro. Parlo del “pupone” o della mitica pallina gialla? Beh, parlo di entrambi!
Sì perchè, se provo ad andare a ritroso con la memoria e cerco il primo ricordo legato a questo videogioco, arrivo ai mitici anni ’80. Una sala giochi, lucine psichedeliche, il tempio del divertimento: un luogo affascinante e incredibile nella mente di un bambino. Non arrivavo ai tasti, ero troppo piccola. Dovevano farmi salire su uno sgabellino e le mie ditine erano troppo impacciate e lente per procurarmi punteggi da record, ma non aveva importanza! Quella pallina gialla, che mangiava pillole, inseguita da adorabili fantasmini colorati era il mio gioco preferito. Perchè?
Non saprei, ma doveva essere qualcosa legato ai colori e al fatto che quelle piccole figure in movimento avevano una personalità incredibile, rispetto alla media del periodo. Non c’erano più banali alieni-cloni di Space Invaders (che vi confesso a me sembravano dannatamente scemi) qui c’erano Pac-Man e i suoi quattro fantasmini, ognuno con il suo nome (Inky, Blinky, Pinky e Clyde) e la sua personalità.
Un’anima che ha un suo carattere ben definito crea un legame affettivo, anche se si avvale solo di un corpo di pixel. Qualche anno dopo, è cominciato il periodo dei gadget legati al gioco: t-shirt, spillette, anelli, portachiavi. Avevo tutto o quasi tutto. Questa era la sua forza. Non rimaneva chiuso nel labirinto, quel personaggio veniva fuori dal monitor e si imponeva nella vita di tutti i giorni.
A trentaquattro anni dalla nascita dell’ eroe in giallo, Fabio D’Anna, collezionista ed esperto di retrogaming ha pubblicato un libro completamente dedicato a lui. Un libro che segue l’ intera genesi di Pac-Man e ci fornisce anche tante chicche interessanti circa la sua origine (sapevate che la leggenda vuole che l’idea sul personaggio sia nata guardando una pizza privata di uno spicchio, in una serata conviviale fra amici?) e circa lo studio psicologico nascosto nel concept del gioco.
Sono stata alla presentazione del libro “Pac-Man da videogioco a icona culturale”, qualche giorno fa presso l’Extraball, mitica sala giochi di Roma (quale altro luogo poteva essere più adatto?) e ho incontrato l’autore. Una persona estremamente disponibile e simpatica, che sprizza amore per il retrogaming da tutti i pori e sa rispondere praticamente a qualsiasi domanda, in merito all’argomento. Non è un ragazzo, è un’enciclopedia. Approfittando di tutta questa competenza, gli ho posto alcune domande.
Ciao Fabio! Perchè un libro su Pac-Man?
FD: Ciao a tutti i lettori di Game Soul. Qual è il personaggio che ci viene subito in mente se pensiamo alla storia dei videogame? Pac-Man! Il titolo ideato nel 1980 dal game designer Toru Iwatani è riuscito a superare i confini del videogioco stesso per diventare una vera icona del settore. Il suo simbolo stilizzato, oramai, è sinonimo di gioco, anche dopo oltre trenta anni dalla sua nascita. Il libro racconta curiosità e retroscena sulla storia di un titolo che è tuttora attivo e tra i più giocati al mondo. All’inizio degli anni 80 si è scatenata una vera Pac-Mania per il gioco, poi citata persino in uno dei titoli ufficiali della serie, che non accenna ancora a smettere. Un gioco immortale, unico e assolutamente iconico.
Quali sono a tuo parere i punti forza e longevità di questo gioco?
FD: Pac-Man è riuscito a ribaltare completamente i canoni imposti dai videogames precedenti. Se prima i videogiochi erano influenzati dalla paura della guerra fredda e cercavano di esorcizzarla grazie a continue battaglie tra umani ed alieni, spesso metafora non troppo mascherata del semplice blocco opposto, stavolta sono trattati temi conviviali, leggeri e legati al divertimento. Pac-Man abbandona letteralmente il tasto “FIRE”, trasposizione simbolica del pulsante che, un ipotetico capo di stato adirato, avrebbe potuto premere per scatenare una guerra nucleare. Pac-Man si basa infatti sul solo movimento, e su concetti atavici come il mangiare, ovvero il motore primario dell’uomo. Oltretutto è un gioco progettato per far giocare anche le coppie e le famiglie, e questa è una novità assoluta del settore, influenzato da un decennio di emancipazione culturale. Iwatani infonde una tale universalità ed immediatezza al titolo da regalargli l’immortalità. Del resto, ha dichiarato una volta Alexey Pajitnov, autore dell’altrettanto universale Tetris, “un gioco perfetto può vivere per sempre”.
Credi che sia possibile anche un futuro per il gioco? e se sì, come ti immagini possa evolvere nei prossima anni?
FD: Visto che la serie di Pac-Man ha all’attivo oltre quaranta titoli e che ci “perseguita” dal lontano 1980… direi decisamente di si! Pochi in realtà sanno che Namco a cadenza mediamente triennale rinnova il franchise e sforna nuovi episodi. Di fatto il grande pubblico è ormai attratto da titoli fotorealistici con grafica e sonoro “pompati” ma non di solo Assassin’s Creed vive il videogiocatore. Microsoft, ad esempio, ha stipulato un accordo con Namco per avere in esclusiva Pac-Man Championship Edition, titolo simbolo che accompagnava la sua Xbox 360 Arcade. Oggi la saga è divisa in tre filoni fondamentali, la reiterazione di nuove versioni del maze game originale, una serie di esperimenti bizzarri come Pac-Pix su DS, dove si sperimentano nuove vie di game design, a cui appartiene Pac-Man e infine il filone platform le avventure mostruose uscito nel 2014, ispirato da una recente serie tv dedicata all’eroe giallo. Ma Pac-Man ormai non ha nessun tipo di vincolo, potrebbe essere protagonista di qualunque tipologia di gioco e, persino, crearne egli stesso di nuove! Se non avete mai giocato ai titoli meno noti di Pac-Man vi consiglio caldamente di provarli, potreste diventare dei veri Pac-Maniaci!
L’opera di Fabio è molto interessante, scritta ottimamente, in modo scorrevole e, cosa sempre gradita, in un formato pratico da portare in giro. Ve lo consiglio vivamente, perchè vi rivelerà aspetti e curiosità sul gioco che non avreste mai immaginato.
Come vi consiglio il gioco stesso. Quanti di voi navigano intorno ai trent’anni, sicuramente conoscono Pac-Man, ma quanti sanno che oggi ne esiste anche una versione per smartphone ovvero Pac-Man Dash (2013) ? Uno stimolo anche per i lettori più giovani, quelli che ne hanno sentito parlare, ma in quanto a giocarci, proprio mai, ammaliati da titoli clamorosamente dettagliati come The Last of Us o GTA V…roba che viene fuori dallo schermo, volti che ti fissano come se fossero veri. Eppure, ragazzi, il valore ipnotico di questa semplice pallina gialla potrebbe sorprendervi. Crea una piacevole dipendenza. Provare per credere.
Le parole dello scrittore, nel corso della presentazione del libro, che accostavano i videogiochi a nuova forma d’arte mi hanno aperto nella mente una serie di domande, tutte sintetizzabili in questa:
Molti videogiochi, per le idee che trasmettono, per la caratterizzazione dei personaggi o per l’unicità stessa del loro essere, rappresentano delle vere e proprie opere d’arte. Allora perchè esiste ancora, oggi, una sorta di pregiudizio che etichetta il videogioco come semplice “roba da ragazzini” o addirittura come “pericolo sociale” e lo priva della reale considerazione che meriterebbe?
Attendendo che possiate illuminarmi, nei commenti qui sotto, vi lascio il contatto Facebook di Fabio D’Anna ( SuperFabio Bros ) che raccoglie sulla sua pagina tantissimi appassionati di Pac-Man e ha messo su una comunità davvero viva e articolata.
Nulla che un fan della mitica pallina gialla possa lasciarsi scappare!
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