Se non avete mai sentito parlare di PaRappa The Rapper, Signori, avete un grosso problema. Per carità, non pretendiamo certo che anche voi – come il vecchietto che vi scrive – abbiate già vissuto ai tempi della prima PlayStation le divertenti avventure della versione canina di Eminem: diciamo che, come tutte le icone videoludiche consolidate nel corso degli anni, anche il sempreverde PaRappa è entrato nell’Olimpo delle Star del videogioco e, proprio per questo, è uno di quei personaggi di cui, nel bene o nel male, almeno qualche volta si è udito qualcosa. Eterno cagnolino in età adolescenziale vestito da novello rapper della West Coast, il buon PaRappa spegne quest’anno la ragguardevole cifra di venti candeline sulla propria torta di compleanno: un traguardo che Mamma Sony ha deciso di festeggiare con una delle pratiche più in voga nelle ultime due generazioni di console, la tradizionale Remastered in altissima definizione.
Del resto, ne è passata di acqua sotto i ponti del Rhytm Game: dai primissimi esperimenti, che videro proprio in PaRappa The Rapper uno dei pionieri del genere, alle realtà conclamate di soltanto una manciata d’anni fa (tutti i Guitar Hero o Rock Band del caso), passando per fenomeni come Amplitude o esperienze ai limiti dell’allucinogeno come Rez, l’evoluzione del genere musicale ha rappresentato un dato di fatto sul cui successo innegabile non c’è molto da discutere. Più che lecito dunque tornare alle origini di tutto, almeno nell’universo PlayStation, e regalare a chiunque se la sia persa l’esperienza forse più seminale di questo particolarissimo genere. Schiarite la voce e preparate le vostre rime migliori: il flow, si sa, non ne perdona una. E se la strada del rapper vi dovesse sembrare troppo dura, l’importante è crederci. Parola di Parappa.
Alla base di PaRappa The Rapper, un po’ a sorpresa, troviamo una storiella sentimentale alla Dawson’s Creek, intrisa di buoni propositi, tenerezza e scenette buoniste strappa-sorriso. C’è PaRappa, un cagnolino antropomorfo senza fisico e senza un soldo in tasca; un tipo un po’ sfigato, lontano anni luce dal mondo di successi dell’eterno rivale in amore Joe Chin. Del resto, lui sì che è uno cool: ha i soldi, il physique du rôle, il macchinone che manda le tipe in visibilio. Come mai potrà riuscire il nostro eroe impacciato e vestito da paninaro anni ’90 a far breccia nel cuore della bella Sunny Funny, la ragazzina di cui è follemente innamorato? Beh, c’è solo un modo: crederci. Esaltare i propri pregi, specie quando si tratta di stringere un microfono in mano e farsi trascinare dal groove, ma anche accettare i propri difetti – proprio quelli che, nonostante tutto, ci rendono unici e speciali. Una storiella semplice e dal retrogusto teen, infarcita di problemi all’apparenza insormontabili risolti di volta in volta da rime serrate e basi trascinanti: questa la formula del successo alla base di PaRappa, divenuto a breve giro un’icona per tutti quegli adolescenti degli anni ’90 desiderosi di rivalsa e di “successo”. Un personaggio “nella norma” in cui è facile identificarsi, ma che proprio nella sua normalità finisce per diventare straordinario – e, non senza qualche difficoltà, riesce pure a combinare con la tipa.
Meta-filosofie a parte, il gameplay di PaRappa The Rapper (e di questa Remastered celebrativa) è qualcosa di drammaticamente semplice. Sei scenari a disposizione nell’avventura principale che richiedono al giocatore di premere il tasto giusto al momento giusto, pena l’interruzione del flow perfetto e un calo più o meno sensibile del punteggio. La parte inferiore destra dello schermo ospita un apposito meter “fantasiosamente” rinominato in You Rappin’ che, con una scala di valori che va dal Cool all’Awful, transitando per Good e Bad, fornisce una valutazione in tempo reale della nostra performance. Sbagliare clamorosamente tasto o lisciare (sia in ritardo che in anticipo) la rima corretta faranno scendere precipitosamente l’indicatore verso il basso, con umiliante interruzione della performance qualora si finisca per raschiare ulteriormente il fondo del barile dell’Awful. C’è spazio anche all’improvvisazione in PaRappa The Rapper, è bene ricordarlo: ma badate che premere tasti a caso per arricchire il proprio show non sempre è la mossa più indicata.
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Raggiunta la fine della canzone, indipendentemente dal punteggio raggiunto, il passaggio al livello successivo verrà introdotto da una simpatica cut scene in risoluzione rigorosamente originale: una scelta che, per quanto possa piacere l’Amarcord, stride non poco con i 4K raggiunti dal titolo quando si parla di “in game” vero e proprio. Aggiungeteci pure delle bande laterali (orripilanti) che trasudano kitsch lontano un paio di chilometri, e viene legittimo chiedersi se, effettivamente, qualcosina in più per svecchiare i 20 anni del titolo si sarebbe potuto fare. Non saranno di certo dei filmati in perfetta grafica PlayStation 1 a privare PaRappa The Rapper di quel carisma che, a decenni di distanza, ricordavamo ancora nitidamente in molti: diciamo che, tuttavia, quello dei filmati è solo il primo di una serie di problemi che testimoniano una certa superficialità nel riadattamento effettuato da questa Remastered.
Vi basti guardare il menu, ad esempio, un mostriciattolo già difficilmente manovrabile venti primavere or sono e del tutto anacronistico oggigiorno. L’impressione che scaturisce dalla prova di PaRappa The Rapper è di avere tra le mani un compitino fatto più per dovere che per autentica passione, un qualcosa che avrebbe meritato una maggior contestualizzazione tecnologica, considerando l’hardware di tutto rispetto per cui è previsto, che sfruttasse in modo maggiore il microcosmo di PS4. Ecco perché la presenza di alcune tracce aggiuntive (le stesse che affronteremo nei sei livelli principali, soltanto con una base modificata in termini di beat) o la possibilità di alternare un moderno 16:9 ad un più tradizionale 4:3 non bastano a levarci quest’impressione dalla testa. PaRappa e i suoi assurdi amici (primo su tutti il leggendario Prince Fleaswallow) avrebbe meritato sicuramente di più: il prezzo di 14.99€ non può certo far storcere troppi nasi, ma perché non optare piuttosto per una Trilogia onnicomprensiva, comprendente anche gli ottimi Um Jammer Lammy e PaRappa The Rapper 2 – considerando la risicata longevità del titolo originale?
Se non avete mai sentito parlare di PaRappa, Signori, avete un grosso problema.
Longevità che si spegne rapidamente anche per i cacciatori del Platino, raggiungibile senza eccessivi intoppi nell’arco di un solo pomeriggio. Non mancano momenti memorabili in PaRappa The Rapper (il penultimo scenario con la fila ai bagni pubblici, ad esempio, è entrato di diritto nella storia), memorabili proprio come la sua colonna sonora – il rap dell’Istruttrice di scuola guida Mooselini è leggenda – destinati a martellare la testa di chi gioca per ore e ore. Eppure sì, raggiunti i credits e il Cool in tutti i brani proposti, il divertimento lascia rapidamente posto ad un leggero retrogusto amaro, al dubbio amletico su cosa avrebbe potuto essere questa Remastered, se affrontata con un piglio diverso. Forse, tra gli studi di Sony Japan, non ci hanno creduto abbastanza.
Lo ammettiamo: giocando a PaRappa The Rapper dopo tutto questo tempo, un po’ vecchi ci siamo sentiti per davvero. Mettici quell’atmosfera scanzonata da fiaba adolescenziale dove un protagonista in stile Adam Sandler riesce a rivalersi di millenni di angherie e soprusi, mettici quei personaggi tanto assurdi le cui rime, in un modo o nell’altro, suonano ancora familiari a decenni di distanza, ed ecco spiegato il motivo di quella fitta al cuore di eterni teen ager che, inesorabilmente, finirà per cogliervi dopo pochi minuti di gioco. Perché poche storie, PaRappa The Rapper è un pezzo di storia, nonostante tutti i suoi limiti: un pezzo di storia che non invecchia nemmeno così bene, se paragonato al recente passato del Rhytm Game, ma così particolare e unico che merita sia di essere vissuto una seconda volta, sia di essere provato da chi, per questioni anagrafiche, si sia perso il primo “concerto”. Proprio per questo motivo ci sentiamo costretti ad un giudizio particolarmente critico su questa Remastered, che limita il proprio lavoro al minimo riproponendo i sei livelli giocabili nei fasti delle risoluzioni a molti K e poco altro. Manca il cuore, verrebbe quasi da dire, quel cuore che lo stesso PaRappa getta oltre l’ostacolo per conquistare l’amore della bella Sunny. PaRappa The Rapper Remastered è sì uno di quegli appuntamenti che, per svariate ragioni, merita di non essere accantonato: ma impossibile, una volta terminato l’ultimo rap di gruppo, non sentirsi la bocca vagamente asciutta e non avvertire una leggera malinconia. Speriamo vada meglio alla prossima Battle … |
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