14 Feb 2017

Persona 5 – Anteprima

A cavallo tra l’anno appena trascorso e quello corrente, Atlus è in piena modalità anniversario: il 2017 è infatti il trentesimo anno da quando il primo titolo Megami Tensei è stato lanciato e allo stesso tempo anche il venticinquesimo a festeggiare la ramificata serie Shin Megami Tensei. Per non parlare poi, questo nel 2016, del ventesimo compleanno di una branca particolare, Persona, celebrata in grande stile con l’uscita in terra nipponica della sesta installazione – la prima, va fatto notare, a svincolarsi del prefisso Shin Megami Tensei che invece ha caratterizzato gli altri titoli; nulla di troppo sorprendente, se si pensa a quanta popolarità si è ottenuta già con il terzo e quarto capitolo. Famosa per la profonda narrazione che riesce a far coesistere creature soprannaturali senza mai abbandonare del tutto un contesto reale, la saga ha eccelso pressoché in qualunque aspetto, dal sistema di combattimento emozionante a un visual design di tutto rispetto, ed eccelle tuttora grazie a Persona 5 che porta ciascuna di queste caratteristiche un gradino più su.

Prima di entrare nel merito della nostra breve anteprima vorremo fare un po’ di retrospezione e scavare sia nella serie a livello generale, per aiutare a familiarizzare chi fra di voi non è molto ferrato oppure è solo curioso, sia nello sviluppo di Persona 5, che ha una storia alle spalle e porta con sé non pochi omaggi ai titoli precedenti. Apriamo con una considerazione che è assieme un plauso: in un mercato affamato come quello odierno, Atlus è riuscita a fare di se stessa un glorioso esponente di un genere complesso e sfaccettato, agli occhi occidentali, come il JRPG, un paradigma capace di riunire sotto un’unica passione la vecchia guardia con nuove generazioni di giocatori, specialmente attraverso una delle sue “derive”. Esatto, Persona.

Persona: il suo percorso fino ad oggi

Contrariamente a quanto si può pensare, considerate le innumerevoli influenze culturali ma soprattutto la sua provenienza, le origini della serie e più nello specifico il concetto legato alla parola Persona trovano le proprie radici in un luogo ben lontano dal Giappone, uno stato la cui neutralità è storia al punto da dimenticarsi quasi della sua esistenza: ci riferiamo alla Svizzera di fine ‘800, dove nel 1875 nasce, in un piccolo villaggio chiamato Kesswil (Canton Turgovia), Carl Gustav Jung. Figura tra le più importanti negli ambiti della psicologia, psichiatria e psicoterapia, egli fu infatti il primo a proporre l’idea di “Persona” in una sua opera datata 1928 dal titolo L’Io e l’Inconscio: non è facile fare una sintesi di quello che in realtà sarebbe un discorso complesso, ma chiunque abbia solo avvicinato la figura di Sigmund Freud durante il suo percorso scolastico non sarà estraneo al concetto di Io, descritto come la struttura psichica deputata al contatto e ai rapporti con la realtà interna ed esterna, nonché principale mediatore della consapevolezza. Secondo la bipartizione nella quale il “padre della psicoanalisi” divide la mente umana, a esso si affiancano l’Es (la rappresentazione delle pulsioni umane nell’intreccio Eros/Thanatos) e il Super-Io (insieme eterogeneo di modelli comportamentali e ideale ipotetico verso cui il soggetto tende); nella seconda metà troviamo l’inconscio, il preconscio e la coscienza.

Dopo un’iniziale concordia con le concezioni di Freud, Jung se ne discosta nel 1913 iniziando un proprio percorso di riflessione al quale segue, fra le diverse teorie, la messa in essere del concetto di Persona: citando testualmente, “la Persona è un complicato sistema di relazioni tra la coscienza individuale e la società, una maschera designata da un lato con il compito di fare una netta impressione sugli altri e, dall’altro, per nascondere la reale natura dell’individuo.” Insomma, la maschera dell’attore, quella dietro alla quale ci nascondiamo per evitare soprattutto di confrontarci con noi stessi, guardarci allo specchio e vedere riflesse tutte le menzogne fino a quel momento celate. Vissuto all’incirca nel medesimo periodo storico, anche lo scrittore Luigi Pirandello con il suo relativismo (“Uno, nessuno, centomila”, la frantumazione dell’io) può affiancarsi al modello junghiano nelle fondamenta che Atlus ha posto per la costruzione della serie, ma non puntando noi ad alcuna cattedra lasceremo da parte queste considerazioni per focalizzarci sul leitmotiv che ha contraddistinto dapprima la saga madre e poi il suo fortunato spin-off: la capacità, innata o artificiale, dei protagonisti di evocare demoni e sfruttarne l’abilità in battaglia, che con Persona sposterà l’attenzione su personaggi più “umani” e affini all’immaginario collettivo giovanile; individui comuni, lontani dall’archetipo dell’eroe e ignari della loro forza interiore, esasperati dagli eventi fino a entrare in sintonia con il proprio subconscio ed evocarne dunque la manifestazione fisica. Appunto, il Persona.

Persona 5 fonde ed eleva le già eccellenti caratteristiche dei vecchi capitoli

A partire dalla prima installazione, Revelations: Persona (1996), gli elementi caratteristici di tutti i capitoli, migliorati nel corso degli anni, sono stati e sono tuttora il setting da “vita di tutti i giorni”, che vede i teenager protagonisti coinvolti in un’avventura ai confini del reale, e le modalità tramite cui questi entrano in contatto con i rispettivi Persona, punto di inizio per il terzo, fondamentale aspetto distintivo della serie: la caratterizzazione dei personaggi, approfondita così da rendere il viaggio dei vari protagonisti un percorso attraverso personalità in continuo cambiamento ma soprattutto perenne evoluzione (di nuovo la concezione pirandelliana per cui ogni aspetto del mondo viene percepito differentemente persino da uno stesso individuo), questo grazie anche a un eccellente cast di comprimari che compensa il nostro avatar silenzioso e assiste l’immersione del giocatore nella quotidianità che fa da cornice agli eventi.

Nonostante l’encomiabile lavoro del team Atlus nel proporre con Revelations: Persona e Persona 2 (Innocent Sin nel 1999 ed Eternal Punishment nel 2000) trame originali che per l’epoca si collocavano ben al di sopra degli standard, il vero spartiacque nonché trampolino di lancio per la serie è stato nel 2006 Shin Megami Tensei: Persona 3 – da notare il riallacciamento, nominale ma per certi versi anche strutturale, alla saga madre – la cui celebrazione da parte di critica e pubblico ha portato l’anno successivo a una edizione ampliata e migliorata sempre su PlayStation 2, Persona 3 FES, e nel 2009 a una versione PlayStation Portable. Non è difficile capire il perché: aveva creato una coesistenza delle meccaniche roguelike tipiche della serie con le dinamiche classiche dei popolarissimi e iconici life simulation games, il tutto accompagnato da una ventata di freschezza e un esoscheletro nuovo non soltanto per la serie, ma anche per un genere che da campione dell’industria stava allora ricercando una nuova identità. Se questo poi non fosse bastato, ecco intervenire un design moderno e una ambientazione accattivante, un gameplay profondamente influenzato dallo scorrere del tempo e un innovativo sistema di relazioni sociali denominato Social Link, che si sarebbe ripercosso direttamente sull’utilizzo dei Persona in battaglia. Sullo sfondo, Jung e Pirandello annuiscono soddisfatti.

Naturale evoluzione del terzo capitolo, Shin Megami Tensei: Persona 4 arriva fra 2008 e 2009 come un titolo già vincente, destinato a perfezionare ogni aspetto del precedente e, ovviamente, riuscendoci. La narrazione intreccia le consuete tematiche teen drama a risvolti polizieschi degni di Agatha Christie, mettendo in scena la battaglia contro il proprio io oscuro e la risoluzione di omicidi seriali che stanno sconvolgendo la tranquilla vita cittadina. Un’azione di storytelling ben congegnata che, unita a un arricchimento strutturale e riprendendo il concetto psicologico junghiano di Ombra come somma del negativo dell’individuo già espresso nel secondo capitolo, fa di Persona 4 un successo straordinario che porta, ancora una volta, a successive pubblicazioni: nel 2012, l’edizione deluxe Persona 4 Golden per PlayStation Vita, nello stesso anno il beat-em-up Persona 4 Arena e nel 2014 il sequel Persona 4 Arena Ultimax, seguito da Persona Q: Shadow of the Labyrinth per finire, nel 2015, con il primo esponente della serie in ambito rythm game Persona 4: Dancing All Night. Tutte le caratteristiche sopraccitate legate ai giochi principali sono state riprese, fuse ed evolute, per il ventesimo anniversario, dall’attesissimo Persona 5.

Persona 5: omaggiare il passato guardando al futuro.

Sempre sfruttando l’escamotage del nuovo studente, Atlus gioca più a fondo sulla molteplice personalità dei personaggi donando al cast di protagonisti una vera e propria seconda identità: durante il giorno normali liceali, di notte vigilanti guidati dal loro senso di giustizia, Ladri Fantasma che grazie ai propri smartphone attraversano il confine del reale per entrare nel Metaverse, il cosiddetto “inconscio collettivo” di tutta l’umanità. Qui è dove le brame più distorte delle persone si manifestano sotto forma di palazzi, nelle cui profondità è celato il desiderio più radicato e oscuro del bersaglio, protetto da schiere di Ombre e dallo stesso io malvagio della persona in questione; una volta sottratto il Tesoro, sotto le cui spoglie il desiderio si manifesta, l’oscurità che avvolgeva il cuore si dissolverà e il bersaglio sarà finalmente in grado di comprenderne la pericolosità. Questa scelta può tuttavia comportare la morte cerebrale dell’individuo.

Gli sviluppatori hanno dunque deciso di toccare il delicato tema del senso di giustizia con il suo inevitabile corollario, mettendo di fronte Akira e i suoi compagni alle possibili conseguenze di un simile gesto, gettando su di loro l’ombra dell’omicidio intenzionale. A questa si affianca un ventaglio di tematiche altrettanto forti, nella loro negatività, orientate durante il nostro hands-on agli abusi, quasi certamente anche di tipo sessuale: apprendiamo dunque che alla Shujin Academy un insegnante riversa su alcuni studenti le proprie frustrazioni e/o perversioni e, forte della propria posizione, gode di una totale impunità. Seguendo la missione incontriamo Ann Takamaki prima che arrivi a vestire i panni di Ladra Fantasma e iniziamo a (ri)prendere familiarità con alcuni aspetti del gioco: la mappa e gli spostamenti rapidi da una zona all’altra quando all’esterno, l’esplorazione libera che già caratterizzava il quarto capitolo, l’evoluzione dei Social Links in una meccanica chiamata Confidant, diversa dalla precedente per il guadagno “materiale” che ne deriva – soprattutto benefici da sfruttare in battaglia – e per il fatto di avere ciascuna interazione con gli NPC completamente doppiata, mentre soltanto una parte dei Social Links lo era.

Persona 5 mette sul piatto della bilancia il senso di giustizia e il suo corollario

Seguendo il filone classico della serie, il gameplay si divide in due grosse sezioni principali all’interno delle quali sono permesse diverse azioni: la vita di tutti i giorni e l’esplorazione del Metaverse, entrambe uniche a modo loro e complementari. Come abbiamo anticipato, i dungeon esistono come parte del mondo delle Ombre e basano la propria forma sui desideri più profondi e oscuri di chi li ha creati: questo è un indizio per supporre che ciascun palazzo abbia una struttura diversa ma uno degli aspetti fondamentali e del quale abbiamo avuto prova giocando è che non stiamo parlando di zone monotone, grigie, stanze squadrate dove aspettarci un gruppo di nemici. I palazzi in Persona 5 sono vere e proprie strutture con un senso architettonico, dotate di stanze più o meno grandi, arredi e altri elementi del caso che i Ladri Fantasma possono sfruttare per nascondersi alla vista – pur restando a volte comicamente visibili – valorizzando quella componente stealth che sta alla base delle nostre infiltrazioni: essere scoperti aumenterà infatti l’indicatore della sicurezza, rendendo i nemici sempre più tosti e risolvendosi, nel peggiore dei casi, in una cacciata dal Metaverse con possibilità di ritornarvi solo il giorno seguente. Occorre cautela.

Muoversi all’interno dei palazzi conduce per forza di cose, prima o poi, a scontrarsi con i nemici ma questo non vieta di approcciarli tendendo loro un’imboscata così da avere la priorità in battaglia; lo stesso sistema può applicarsi a noi, con conseguente accerchiamento da parte delle Ombre se colti di sorpresa e uno svantaggio iniziale. Parlando dell’azione in sé, ogni personaggio è controllato dal giocatore attraverso un menù dove a pressoché ogni pulsante è demandata un’azione: corpo a corpo, arma da fuoco, evocazione del Persona per lanciare incantesimi, guardia, uso di oggetti, comandi a un compagno di squadra, analisi del nemico e cambio del bersaglio. Ai tipi di magie derivanti da Persona 4 (physical, fire, ice, wind, electric, light, e dark) se ne aggiungono tre nuove, projectile, nuclear e psychic, il che introduce altrettante debolezze e maggiori possibilità di stordire i nemici per un’offensiva letale.

Un’interessante meccanica di questo quinto capitolo è Hold Up: consente al giocatore di scegliere tra il familiare All-Out Attack e una Conversazione Speciale che se ben gestita può portare al guadagno di soldi, oggetti o addirittura di un Persona in alcune situazioni. Per iniziare un Hold Up è necessario mettere a nudo tutte le debolezze del nemico oppure portare a segno un colpo critico, così che la squadra possa circondarlo e puntargli contro le armi per poi lasciare al giocatore la decisione su come agire; considerato che non è così facile arrivare a questa situazione e che il fallimento di una negoziazione (aspetto ripreso dai primi due capitoli della serie, ricordiamo) porta il nemico a rialzarsi e richiamare un alleato, è opportuno giocare le proprie carte al meglio. La nostra prova si è conclusa con la sconfitta del boss e nel complesso ci ha lasciato non solo molto soddisfatti ma desiderosi di averne ancora – non al punto da creare un palazzo nel Metaverse, comunque – perché Persona 5 si prospetta un titolo destinato a imporsi sul genere JRPG senza troppa fatica e rafforzare quel paradigma di cui abbiamo parlato all’inizio. Profondo, complesso, impegnativo e sfaccettato, non è un caso che abbia avuto il completo favore di Famitsu.

In attesa della dettagliata recensione che potrete trovare in futuro sulle nostre pagine, dal Metaverse è tutto. Nella giornata degli innamorati, cui Atlus aderisce con una simpatica attività a tema sotto forma di card personalizzabili che potete trovare qui, sarà forse un Ladro Fantasma a rubarvi il cuore?


 

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