Plantronics non è una semplice azienda specializzata nella realizzazione di cuffie. Come gli audiofili più esperti sapranno, si tratta di un brand che ha creato il proprio nome nel mercato degli headset portabili, basati su tecnologie rigorosamente Bluetooth, rivolti ad un segmento di utenza per lo più medio alto, con soluzioni avanzate e dal prezzo in linea con la qualità. Per quanto il know how non rappresenti nella fattispecie un problema, saltare da un mercato orientato prevalentemente al business settoriale ad un altro più “consumer”, dove il design del prodotto è tanto importante quanto la sua qualità, non è certo cosa facile – nemmeno quando il tuo curriculum parla per te. Lo scorso anno, Plantronics esordiva “sugli scaffali” con BackBeat Pro, un prodotto sensazionale dal punto di vista della pura qualità, seppur non privo di piccoli nei realizzativi: una struttura pesante e voluminosa, che le limitava inesorabilmente all’utilizzo domestico o da ufficio, seguita da un prezzo – come lecito aspettarsi – non particolarmente abbordabile. Difetti non certo trascurabili per l’utente di oggi, attratto sempre più dalle soluzioni mobili e dalla portabilità totale, corretti tuttavia in modo esemplare nell’ultimo modello firmato dal produttore americano: BackBeat Sense. Una cuffia wireless dall’aspetto accattivante e dallo stile unico, capace di fare del proprio esiguo peso un vanto: solo 140 grammi per un concentrato di tecnologia e qualità di altissimo livello. Fastidio e scomodità, insomma, sono solo un ricordo.
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Una delle caratteristiche più curiose e interessanti di BackBeat Sense è la cura nella scelta dei materiali. L’archetto superiore in acciaio inossidabile è ricoperto da un materiale estremamente soffice in finta pelle, lo stesso utilizzato per rivestire la schiuma di cui si compongono entrambi i padiglioni. La comodità è alla base di questa scelta, che non solo appare esteticamente convincente, ma permette di risolvere problemi secolari nell’universo degli headphones quali la pressione sui lobi dell’utente (davvero ai limiti del percettibile) e il riscaldamento sugli stessi. Il tutto è impreziosito da un astuto disegno proprio nel centro dei due padiglioni, sui quali sono impressi le lettere L e R in modo da suggerire all’utente la corretta collocazione della cuffia. Connessa direttamente all’archetto (chiaramente allungabile, in modo da adattarsi alle caratteristiche di chi le indossa) troviamo una struttura in plastica solida e piacevole al tatto, ancorata ai padiglioni con un meccanismo che permette una rotazione completa degli stessi. Ed è qui che troviamo un altro dei punti forti di questo “secondogenito” di Plantronics: i controlli tattili e a ghiera circolare.
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La parte posteriore del padiglione sinistro, realizzata con un materiale in simil gomma, è in realtà una zona interamente cliccabile da chi indossa le Sense: premendo in corrispondenza della parte centrale sarà possibile far partire o mettere in pausa la traccia audio corrente, laddove basterà premere sui lati sinistro e destro per andare alla traccia precedente o quella successiva. Sempre a sinistra troviamo la ghiera per la regolazione del volume, da mantenere ruotata in avanti/indietro per alzare/abbassare l’intensità generale dell’ascolto. Nella parte bassa è infine presente un tasto rosso che attiva la funzionalità OpenMic e, pur lasciando la cuffia accesa, permette di ascoltare ciò che avviene nell’ambiente circostante. Dietro il padiglione destro sono invece presenti il tasto generale di accensione e, in modo analogo ai pulsanti appena citati, quello con cui accettare o rifiutare una eventuale telefonata in arrivo – qualora il dispositivo sia connesso ad un cellulare. Subito sotto, l’ingresso per un jack a 3.5mm (doveste mai preferire la classica soluzione a filo in luogo del wireless) e una porta MicroUSB, attraverso cui caricare le Sense. Particolarmente azzeccata è la tecnologia Smart Sensor, in grado di percepire quando le cuffie vengono indossate o tolte, in modo da mettere in pausa o riprodurre automaticamente l’esecuzione della traccia o inviare e ricevere chiamate in cuffia. Il tutto a vantaggio della durata della batteria agli ioni di Litio, che in condizioni di utilizzo normali raggiunge la significativa vetta delle 18 ore.
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Le BackBeat Sense sono cuffie wireless, il che sta a significare che potrete connetterle a praticamente tutti i dispositivi mobile disponibili sul mercato tramite connessione Bluetooth. La procedura di accoppiamento tra i device è semplice: basta accendere il BT sul proprio apparecchio, accendere le cuffie e mantenere l’interruttore di accensione premuto verso l’alto per un paio di secondi, sino a quando il led sul padiglione inizia a lampeggiare di rosso. A questo punto, una voce femminile avviserà l’inizio della procedura di pairing, per poi comunicarne il corretto esito ad accoppiamento concluso. Sarà possibile connettere simultaneamente sino a due dispositivi alle cuffie – che, lo ricordiamo, utilizzano un protocollo Bluetooth 4.0. Che, giusto a dimostrazione delle citate capacità di Plantronics, permette di mantenere una comunicazione stabile tra dispositivo e cuffie anche a distanze fino a 100 metri.
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Abbiamo condotto i nostri test sulle BackBeat Sense per un paio di settimane, utilizzandole approfonditamente tanto su dispositivi mobile quanto su PC (esse funzionano comodamente come headest PC, a patto di avere una scheda BT compatibile). I risultati sono stati molto più che soddisfacenti in pressoché tutti i casi – l’unico appunto da fare, nel caso apparteniate all’utenza PC, è quello di dover scaricare la suite Plantronics Hub dal sito del produttore in maniera del tutto gratuita. Essa permetterà infatti di installare i driver corretti per il dispositivo (altrimenti riconosciuto come una generica cuffia/mic BT mono a qualità 8k) e di sfruttare l’hub per la configurazione e l’aggiornamento del firmware. La prima cosa che salta all’orecchio è la buona gestione dei bassi, riprodotti in modo naturale e non eccessivamente invadente. Bassi e mezzi toni danno vita ad un suono armonioso, che pur senza esaltare spudoratamente le frequenze più basse appare comunque rotondo e complesso. Ottimo invece il volume con cui vengono riprodotte le tracce, decisamente maggiore rispetto alla soluzione adottata da gran parte delle cuffie Bluetooth sul mercato – una trovata brillante di Plantronics, in special modo se contestualizzata in un quadro di mobilità dove il rumore di fondo non sempre è trascurabile. L’introduzione dei codec aptX, pienamente supportati da BackBeat Sense, aggiunge profondità e volume al suono complessivo, che gode di brillantezza e pulizia sia nell’ascolto del metal più cattivo, sia nel più difficile acustico. Non dimentichiamoci però che le Sense si comportano anche da Headset Bluetooth, grazie al doppio microfono integrato nella struttura. Le chiamate effettuate durante i nostri test sono state estremamente convincenti, con un suono chiaro e comprensibile da ambo le direzioni. Ma da una compagnia specializzata in questa tipologia di comunicazione, non potevamo certo aspettarci di meno.
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A voler essere davvero pignoli, qualche difetto lo abbiamo trovato. Il primo è diretta conseguenza della struttura e della leggerezza delle Sense, che tendono un po’ a scricchiolare e a “sobbalzare” dalla propria posizione qualora l’ascoltatore si stia muovendo: nulla di trascendentale, che tuttavia avrebbe potuto essere risolto con una tensione leggermente maggiore da parte della banda superiore in finta pelle. Il secondo è invece più tecnologico: se la nitidezza del suono è da primo della classe, sull’isolamento e sulla cancellazione del rumore esterno c’è ancora da lavorare. Non tanto per l’utilizzo domestico, dove il rumore viene cancellato senza eccessivo impegno, quanto nelle situazioni più “out”, magari seduti in treno o sull’autobus con persone nel raggio di pochi metri che parlano a volumi più intensi. La percentuale di abbattimento di tali “interferenze” si aggira attorno al 50/60% – il che comunque è più che sufficiente, non trattandosi di una soluzione in-ear appositamente progettata per l’isolamento acustico. Isolamento che appare più convincente nell’altra direzione: una volta indossate e accese, il rumore che esce dalle Sense è ai limiti dell’impercettibile, anche da persone molto vicine alla sorgente sonora e in condizioni di volume ragionevolmente alto. Se a questo aggiungiamo la già citata tecnologia SmartSensor, la privacy dei nostri “ascolti” è praticamente garantita.
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Forse non tutti lo sapranno, ma ve lo ricordate quel Neil Armstrong che, anni or sono, sbarcò per primo sulla Luna e passò alla storia per quella frase leggendaria detta al microfono, “Un piccolo passo per l’Uomo, un grande passo per l’umanità”? Indovinate un po’ chi era il produttore di quel microfono … Dopo aver dimostrato per anni la propria esperienza nel mercato degli headset Bluetooth, Plantronics prova per la seconda volta l’abbordaggio a quello più “giovane” e movimentato degli headphones, dopo il primo parziale successo raggiunto dalle BackBeat Pro. BackBeat Sense segnano il via di una nuova era per il produttore Californiano, caratterizzata dalla commistione tra una tecnologia proprietaria solida e avanzata e, finalmente, da una scelta e da una raffinatezza estetica tutto tranne che marginale. Con queste Sense, insomma, si esce dagli standard rigidi dell’ufficio: stile e eleganza, a braccetto però con una componente elettronica tutto che secondaria (dai sensori che rilevano se le stiamo indossando ai comandi integrati direttamente nei padiglioni): il risultato è ottimale, sia in termini visivi sia, e soprattutto in termini di ascolto.
Sì, perché le Sense il proprio lavoro lo compiono alla perfezione. E ok che non stiamo parlando di una soluzione propriamente a buon mercato (dal momento che il loro costo si aggira attorno ai 160/170€) e che, a voler rompere le proverbiali scatole, la noise reduction non è la migliore mai vista. Ma alla stessa cifra, difficilmente troverete una soluzione wireless così tecnicamente avanzata come quella Plantronics, che funziona anche come headset Bluetooth 4.0. Tanto per non tradire le proprie origini.
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