Sebbene Fortnite gli abbia soffiato da sotto il naso lo scettro di gioco del momento, nonché il primato di battle royale più chiacchierato dai fan del genere, Sony non vedeva l’ora di accogliere sulla sua ammiraglia l’apprezzatissimo PlayerUnknown’s Battlegrounds, fino a qualche giorno fa ad esclusivo appannaggio, in ambito console beninteso, della diretta rivale Xbox One.
Lo scorso 7 dicembre la fortunata produzione Bluehole Studio ha ufficialmente debuttato anche su PlayStation 4 in una versione (momentaneamente) “definitiva” che, dopo lunghe sessioni di prova, possiamo promuovere a pieni voti. Memori dei divertenti orrori a cui abbiamo assistito durante la beta sulla piattaforma Microsoft, ci siamo sorpresi nel comprovare la bontà del codice di questa edizione, già piuttosto solida e priva di chissà quali bug.
Per chi non ne fosse a conoscenza, parliamo un FPS esclusivamente online, relativamente atipico, ancorato a tre regole fondamentali che ne influenzano pesantemente il gameplay. Da una parte abbiamo la permadeath, feature che rende ogni partita sempre carica di tensione e ne determina la conclusione, visto che si avrà un vincitore quando resterà un solo sopravvissuto in gara. Dall’altra c’è la necessità di raggiungere la zona sicura entro lo scadere del tempo, meccanica che spinge i videogiocatori a concentrarsi, e quindi scontrarsi, in aree sempre più ristrette e limitate.
L’ultima legge che caratterizza il gioco, e più in generale il genere, riguarda l’equipaggiamento. All’inizio di ogni partita, dopo un lancio da un aereo che sorvola il campo di battaglia, ci si ritrova completamente disarmati, con l’imperativo di raggiungere gli edifici e le strutture più vicine, spesso, ma non sempre né per forza, generosi di giubbotti antiproiettile, pistole, fucili, munizioni, bende per curare le ferite e quant’altro.
Non ci sono perk, classi, livelli d’esperienza. Da questo punto di vista PlayerUnknown’s Battlegrounds è estremamente democratico, offrendo le stesse chance e possibilità tanto al neofita, quanto al videogiocatore incallito.
Soprattutto quando si sceglie di affrontare la partita in squadre composte da quattro utenti, piuttosto che da due o in solitaria, opzioni comunque disponibili sin dal primo avvio del software, a fare la differenza sono soprattutto la strategia, la tattica con cui ci si approccia allo scontro, ovviamente un pizzico di fortuna.
Le notevoli dimensioni della mappa e il tendenziale realismo imposto dal gameplay incentivano un incedere ragionato
Al contrario di quanto accade con Fortnite, non sono i riflessi e la prontezza con il pad a decidere le sorti di un conflitto. Molto più che in Blackout, la modalità battle royale di Call of Duty: Black Ops IIII, difficilmente un atteggiamento eccessivamente sfrontato paga. Le notevoli dimensioni della mappa e il tendenziale realismo imposto dal gameplay incentivano un incedere ragionato, lento, cadenzato da lunghe pause ed attese.
Nonostante i ritmi spesso blandi, è comunque impossibile annoiarsi. Soprattutto quando si gioca con i propri amici, l’ansia di incappare in gruppi ostili tiene sempre alta la tensione, mentre non mancheranno quasi mai siparietti comici innescati da qualche piccolo glitch.
Questa versione per PlayStation 4 è per lo più priva dei gravi bug che resero alcune partite ingestibili ai tempi della beta su Xbox One. Eppure qualche magagna grafica si palesa con una certa regolarità. Qualche caso di pop-up, un ragdoll non sempre convincente, cattive collisioni, animazioni incerte. C’è tutto questo e anche qualcosa di più, ma esattamente come fu, a suo tempo, per Goat Simulator, certe sbavature, comunque per lo più ininfluenti sul corso della partita, sono utili, appunto, per farsi qualche sana risata con i propri compagni d’armi.
A rendere ancor più unica ogni partita, oltre ad un arsenale davvero sconfinato, ci pensano poi le tre mappe messe a disposizione anche su PlayStation 4, in attesa di una quarta in arrivo a brevissimo che catapulterà i videogiocatori in uno scenario dalle dimensioni più contenute del solito, completamente immerso nella neve. La migliore del pacchetto resta Erangel, l’unica ad amalgamare con armonia un’ampia varietà di ambienti diversi, oltre che a racchiudere tutta una serie di location ricche di loot, inevitabili scenari di battaglie piuttosto violente e serrate.
Sanhok, dal canto suo, è lievemente più ripetitiva, ma con la sua florida vegetazione offre la possibilità di nascondersi, anche in campo aperto, alla vista dei videogiocatori più disattenti. Avremmo gradito qualche villaggio abbandonato in più, su questo non c’è dubbio, ma resta comunque una mappa dalle dimensioni ideali per il gameplay che sviluppa PlayerUnknown’s Battlegrounds.
Miramar, infine, è senza alcun dubbio l’ambientazione più deludente del terzetto, non fosse altro che favorisce fin troppo il cecchinaggio, componendosi per la maggior parte di ampie zone prive di ostacoli. Le sue discrete proporzioni, tuttavia, la rendono comunque adatta a sviluppare più che degnamente le meccaniche imposte da un battle royale.
Su PlayStation 4 Pro si apprezza un livello di dettaglio certamente superiore, oltre che una maggior pulizia dell’immagine
Graficamente PlayerUnknown’s Battlegrounds non si è mai imposto di lasciare sbalordito il proprio audience e questa versione per la piattaforma nipponica non confuta questo dettame. Su PlayStation 4 Pro si apprezza un livello di dettaglio certamente superiore, oltre che una maggior pulizia dell’immagine, ma non vale certo la pena fare un paragone diretto con i picchi qualitativi toccati da altri congeneri, soprattutto considerando che la pur poco stupefacente edizione per PC è comunque superiore a quella console.
PlayerUnknown’s Battlegrounds si conferma, anche su PlayStation 4, una killer application (per il genere di riferimento) capace di imprigionare qualsiasi amante di FPS competitivi in un tunnel di assuefazione senza fine. Non ci sono particolari migliorie rispetto alle altre edizioni, né gameplay e gunplay sono stati ritoccati di una virgola. Certo, se non amate i battle royale non sarà certamente questa conversione a farvi cambiare idea. Eppure la produzione di Bluehole Studio resta un punto di riferimento per chi si vuole iniziare al genere e, magari, non ha moltissimo tempo da passare con il pad tra le mani. L’assenza di livelli d’esperienza ed equipaggiamento ottenibile al raggiungimento di specifiche condizioni, fanno sì che non ci siano svantaggi indipendenti dalla propria abilità (e fortuna). Nonostante il successo di Fortnite e la concorrenza di Blackout, PlayerUnknown’s Battlegrounds conserva ancora immutato tutto il suo fascino. Riscoprirlo anche su PlayStation 4 ci ha fatto un grande piacere. |