Il successo di PlayerUnknown’s Battlegrounds è per molti versi inspiegabile. Nato originariamente come una mod per ArmA II su PC, il gioco sviluppato da Bluehole si è rapidamente reso indipendente, trasformandosi in un vero e proprio fenomeno di culto, capace di catalizzare un’attenzione di massa e coinvolgendo uno spropositato numero di giocatori.
Nonostante le versioni iniziali fossero afflitte da numerosi bug e imperfezioni tecniche (un po’ come ne soffre ora la versione per Xbox One), PUBG ha macinato record su record, fino a diventare il titolo più giocato su Steam e superare il milione di utenti connessi contemporaneamente. Numeri da capogiro, inarrivabili per qualsiasi franchise odierno: come ha fatto allora una mod a diventare un’inarrestabile macchina da soldi? Qual è il segreto che si cela dietro la produzione di Bluehole?
Forse il peculiare meccanismo di gioco, forse il passaparola tra giocatori, forse l’essere così divertente non solo da giocare, ma anche da guardare, o più semplicemente una combinazione di tutti questi fattori. Quello che sappiamo per certo, è che Microsoft ci ha visto lungo ed ha ottenuto una delle esclusive più importanti dell’anno sulla sua piattaforma. Il 12 dicembre infatti, PlayerUnknown’s Battlegrounds è uscito ufficialmente anche su Xbox One e Xbox One X, registrando in sole 48 ore più di un milione di unità vendute. Scommessa vinta? Potremmo dire di sì, anche se è presto per giudicare in maniera definitiva, soprattutto perché attualmente il gioco è ancora in early access (e si vede, ndr).
Se non avete confidenza con il genere Battle Royale (che poi deriva dall’omonimo romanzo giapponese di Koushun Takami), vi rinfreschiamo rapidamente la memoria: si tratta di giochi in cui tutti i partecipanti devono eliminarsi tra loro finché ne rimane soltanto uno. In PUBG, 100 giocatori vengono catapultati su un’isola abbandonata che dovranno esplorare con attenzione per ottenere armi, equipaggiamento e vestiario, in modo da sopravvivere e allo stesso tempo eliminare qualsiasi avversario. Col passare dei minuti, l’area di sicurezza sulla mappa diminuirà il proprio raggio, costringendo i superstiti a spostarsi in zone sempre più piccole e forzando in questo modo lo scontro tra loro. Alla fine ne rimarrà soltanto uno: il vincitore assoluto. Semplice, immediato e mortale.
È inoltre possibile formare dei gruppi di due o 4 persone per aumentare leggermente le proprie chance di sopravvivenza e coordinarsi meglio nell’esplorazione e nella gestione dell’inventario (comunque molto limitato), ed è proprio in questo caso che PlayerUnknown’s Battlegrounds regala la migliore esperienza ludica, al netto dei molteplici e fastidiosi bug che attanagliano la versione console.
Perché se il 20 dicembre su PC arriverà la versione definitiva del gioco, su Xbox One è ancora sotto forma di “preview” e quindi soggetta a tutta una serie di limitazioni che spesso e volentieri minano la giocabilità e la derivante godibilità del match. E non parliamo solo di una resa grafica decisamente sotto gli standard e di un framerate che in alcuni momenti arriva a toccare i 18 fps, ma anche di disconnessioni dai server, edifici che appaiono all’improvviso, localizzazione in italiano imperfetta, gestione astrusa dei comandi e chi più ne ha, più ne metta. Insomma, un vero disastro.
Eppure… Una volta imbastito il giusto team, non siamo riusciti a staccarci neanche per mezzo secondo. Perché, come dicevamo in precedenza, PUBG riesce a dare il massimo quando lo si gioca insieme. È proprio in questo caso che i giocatori riescono miracolosamente a cooperare come mai fatto prima d’ora in un videogioco, ossessionati dal poter sfruttare una sola e unica chance, spaventati dalla totale assenza di riferimenti sulla mappa, sempre più tesi man mano che il contatore dei sopravvissuti cala di numero.
L’impatto iniziale non è dei migliori, questo è innegabile. Le prime partite servono quasi esclusivamente a prendere confidenza con il gameplay e soprattutto con i comandi, che sono tantissimi e inizialmente pensati per la sola tastiera. Gli sviluppatori di Bluehole hanno dovuto lavorare parecchio per assecondare la configurazione semplicistica del joypad senza sminuirne la maneggevolezza: col tempo ci si fa l’abitudine, ma nei primi minuti l’impatto è quasi disturbante e se vi diciamo che abbiamo impiegato ben più di una partita anche solo per capire come andava ricaricata l’arma, potete crederci sulla parola.
La sensazione di essere costantemente braccati non vi mollerà nemmeno un secondo
Ma quello che rende PUBG unico nel suo genere è l’essere così rigidamente democratico. Ogni giocatore atterra sull’isola nelle stesse condizioni di tutti gli altri (ad eccezione di qualche accessorio estetico, ottenibile attraverso l’acquisto di loot box) e la supremazia dipende solo dall’attrezzatura che si è in grado di trovare e dal tempo nel quale la si recupera. Non avete speranza se tentate di ingaggiare un combattimento armati solo di machete contro un fucile automatico, oppure cercando di resistere ai colpi di una balestra senza nemmeno una protezione antiproiettile addosso.
Per questo l’esplorazione è un tassello fondamentale nell’economia del gioco, soprattutto se ben equilibrata tra i diversi membri della squadra: gli edifici sono tantissimi (dopotutto le dimensioni dell’unica mappa disponibile sono molto generose) e più o meno tutti contengono armi, vestiti, accessori aggiuntivi e generi di pronto soccorso. Ma se incappiamo in un appartamento vuoto? È stato sempre così o è stato già svuotato da qualcuno? E se quel qualcuno fosse ancora lì per tenderci una letale imboscata?
La sensazione di essere costantemente braccati non vi mollerà nemmeno un secondo, vi infetterà come un virus costringendovi a non rilassarvi mai e perché no, magari a commettere qualche stupido errore che decreterà la vostra fine.
Se da un lato è davvero troppo presto per giungere ad un verdetto definitivo, è innegabile che la formula di gioco ideata da Bluehole con PUBG è egualmente vincente anche su Xbox One.
Speravamo ahinoi in una versione più recente del titolo o comunque meglio ottimizzata, poiché in particolar modo durante gli scontri a fuoco, il basso framerate si rivela una tremenda spina nel fianco, inaccettabile visto anche l’altrettanto basso dettaglio grafico.
Ma una volta passati oltre le grandi incertezze tecniche (che speriamo vivamente vengano sanate con successivi aggiornamenti), l’anima competitiva della produzione è in grado di assoggettarvi in modo rapido e irremovibile. Resta da vedere se il fenomeno Battle Royale, dopo quello PC, è in grado di conquistare anche il mercato console e sbaragliare la concorrenza di un multiplayer online di stampo classico che per anni è rimasto ben saldo sul trono. Noi pensiamo che possa meritarsi una possibilità, e voi?