PlayStation Classic – Recensione

Con PlayStation Classic anche Sony entra nel mercato delle mini-console, ormai divenute un must per i collezionisti e un valido modo per farsi prendere dalla nostalgia. È pur vero che questa leva psicologica sia quella più forte, in grado di far spendere anche 100 € per una console retro, ma il vintage va sempre di moda e, senza alcuna offesa, ci sono al momento modi ben peggiori per spendere i propri soldi.

Se siete qui, però, è per PlayStation Classic. L’emozione di ricevere in posta un pacchetto tale e quale a quello del 1994 (1995 per noi italiani) è stata davvero forte, anche per uno come me che non ha mai, purtroppo, avuto una PlayStation 1 tutta sua. Grazie di cuore dunque a chi mi ha permesso di giocarci a scrocco da bambino.

PlayStation Classic sarebbe infatti una fotocopia dell’originale, se non fosse per le dimensioni ridotte, le diverse funzioni dei tasti e un pool di giochi interno non espandibile. Quello che non è cambiato di una virgola è il controller, se non per il modo in cui si collega alla mini-console. Non lo ricordavo così piccolo, segno che probabilmente sono le mie mani ad essere cresciute negli ultimi 20 anni.

PlayStation Classic

Comunque sia, una volta collegata PlayStation Classic a una TV che nemmeno immagina cosa sia un tubo catodico è tornata la magia degli anni passati. Il primo avvio serve per impostare la lingua del sistema e per introdurre all’utilizzo della console.

Non essendoci un lettore ottico, il bottone Open serve dunque per cambiare gioco tra quelli disponibili, mentre quello Reset riporta al menu principale salvando il gioco. PlayStation Classic è infatti un emulatore, in grado di immortalare le situazioni di gioco per poterle riprendere più tardi. Si tratta praticamente di una Memory Card virtuale, giusto per rimanere in tema.

PlayStation Classic è un concentrato di ricordi

Il sistema operativo di PlayStation Classic è semplice e funzionale, con un design dai pixel che richiamano le basse risoluzioni dei tempi d’oro. Giocare su uno schermo piatto da 42 pollici con interfaccia HDMI è del resto anacronistico, ma tutti i giochi mantengono la stessa grafica di più di 20 anni fa.

Se devo essere sincero, questa unione tra passato e presente non ha avuto all’istante un impatto del tutto positivo. Vedere le grafiche di un tempo in una risoluzione così alta può confondere all’inizio, ma bastano pochi minuti per capire che non è quello il punto della questione. I titoli inclusi in PlayStation Classic sono infatti ancora divertenti come una volta, a prescindere da quanto le loro imperfezioni grafiche vengano accentuate a dismisura dagli strumenti odierni.

La selezione di 20 giochi inclusi in PlayStation Classic è ottima, anche se c’è qualche grande assente che avrei gradito facesse parte del club. Non parlo ovviamente di Crash Bandicoot e Spyro, già riportati alla luce coi rispettivi remaster, ma di altri titoli che potranno essere approfonditi in futuro.

Tra i giochi disponibili ne spiccano sicuramente alcuni, come Final Fantasy VII, in arrivo prossimamente sotto forma di remake, e l’intramontabile Metal Gear Solid, che ha dato inizio alla leggenda.

Elenco dei 20 giochi inclusi in PlayStation Classic:

  • Battle Arena Toshinden
  • Cool Boarders 2
  • Destruction Derby
  • Final Fantasy VII
  • Grand Theft Auto
  • Intelligent Qube
  • Jumping Flash!
  • Metal Gear Solid
  • Mr. Driller
  • Oddworld: Abe’s Oddysee
  • Rayman
  • Resident Evil Director’s Cut
  • Revelations: Persona
  • Ridge Racer Type 4
  • Super Puzzle Fighter II Turbo
  • Syphon Filter
  • Tekken 3
  • Tom Clancy’s Rainbow Six
  • Twisted Metal
  • Wild Arms

La presenza di simili titoli è uno dei punti migliori di PlayStation Classic. I giocatori di oggi lamentano infatti una certa brevità dei giochi, dovuta sia alle diverse esigenze del mercato, sia alla quantità di ore che ormai si passano davanti a uno schermo.

In PlayStation Classic, però, sono presenti capolavori in grado di resistere per ore e ore all’esplorazione e alla voglia di scoperta del giocatore. Gli anni 90 non erano fatti per quelle persone dedite alle situazioni facili e ai puzzle ricercabili su internet. Certo, andavano forte i cheat, ma le storie sono comunque diventate indelebili nella loro mente.

PlayStation Classic
Ridge Racer Type 4, ad esempio, mi ha buttato violentemente nel passato a causa dell’assenza dell’analogico. Sembra una cosa non da poco, ma dire addio a un input “a curva” in favore di uno “on/off” è un violento passo indietro rispetto a quello a cui sono abituato ora. Tuttavia, sono bastati pochi giri per riprendere confidenza coi tasti direzionali, grazie anche alla fisica che risponde ancora bene agli stimoli.

Lo stesso discorso non si può però affrontare per Destruction Derby, che fa della pazzia e della perdita di controllo il suo mantra. In questo caso la mente nemmeno va a pensare a quali siano le traiettorie da seguire e le strategie da intraprendere. C’è solo una modalità per i miei due neuroni, “cerca e distruggi”. Per questo trovo che Destruction Derby resti uno dei giochi che ho più amato nella storia di PlayStation.

La giovinezza del recente Red Dead Redemption 2 si scontra con la vecchiaia estrema di Grand Theft Auto, che ormai sente gli anni sulle spalle. Forse il cambiamento di stile che ha portato il gioco dalla visuale verticale a quella in terza e poi prima persona è ciò che pesa di più su un gioco ancora sublime, ma non più fruibile come una volta. Paga infatti la fluidità dell’azione e la difficoltà nel tener traccia di tutto quello che succede sullo schermo, penalizzato da una grafica ormai più che superata.

Quello che resiste benissimo è invece Tekken 3, provato rigorosamente in multiplayer. La frenesia che ora caratterizza certi giochi picchiaduro non trova spazio in Tekken 3, la cui lentezza richiede un certo studio delle movenze del proprio combattente. Bastano pochi colpi per andare K.O., così come non serve molto tempo per sapere come assestare un bel gancio. Tuttavia, per imparare a stendere l’avversario con stile, c’è ancora bisogno di dedizione e impegno. Soffre forse un po’ la grafica, molto rimpicciolita anche su una TV da 42 pollici.

Anche Metal Gear Solid resiste al tempo che scorre, ma Final Fantasy VII è la vera incognita. Con un remake in arrivo è difficile fare paragoni in anticipo. Tuttavia, il gioco mantiene tutte le caratteristiche che gli hanno permesso di entrare nel cuore dei fan, tanto da diventare uno dei più apprezzati.

PlayStation Classic
La cosa migliore, per i nostalgici, è che tutti i titoli si avviano col jingle originale di PlayStation, unito al logo originale a colori. I pixel si contano sulle dita di una mano, ma a noi eterni sognatori piace proprio così.

Se devo trovare dei punti negativi in PlayStation Classic, uno di questi risiede nell’assenza dell’adattatore per l’alimentazione. Il cavo USB incluso nella confezione è infatti privo dell’adattatore finale, quindi occorre averne uno in casa o acquistarlo direttamente perché non basta collegarlo alla porta USB della TV.

PlayStation Classic è senza ombra di dubbio un acquisto obbligato per gli amanti del brand

È una soluzione nata malamente ai tempi del Nintendo 3DS, ma che sembra essere entrata nelle corde dei publisher. È pur vero che ogni regione del mondo ha il suo adattatore tipico, ma non inserirlo nella confezione è un malus non da poco, poiché costringe a doverne acquistare uno universale e quindi con una (seppur piccolissima) probabilità che danneggi la console.

Oltretutto, i controller hanno cavi lunghi 1,5 m, decisamente poco per le necessità dei nostri tempi, dove gli schermi sono grandi e richiedono una certa distanza di utilizzo per evitare che le nostre retine prendano fuoco. Fortunatamente il mio divano è vicino alla TV, ma ciò costringe comunque a giocare seduti e a non potersi spiaggiare comodamente.

Conclusioni

Per concludere, però, PlayStation Classic è senza ombra di dubbio un acquisto obbligato per gli amanti del brand, anche solo per avere un pezzo di storia da poter mostrare nuovamente accanto alla TV. Difficilmente potrebbe rapire i bambini di oggi, ma del resto, che ne sanno i 2000?

Si tratta di un concentrato di ricordi per chi ha potuto vivere la console originale nell’adolescenza o nell’infanzia. Certo, mancano determinati titoli nella lista, ma sarebbe stato anche più impegnativo inserirli in una sola console.

PlayStation Classic è da prendere così com’è e posizionare accanto alla vostra TV, senza badare troppo al design del suo chassis ormai segnato dal tempo. Se siete amanti di PlayStation, sapete già cosa fare.

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