San Francisco – In norvegese, il “pode” è l’innesto che, citando la Treccani, è una “operazione con cui si fa concrescere sopra una pianta una parte di un altro vegetale della stessa specie o di specie differenti, al fine di formare un nuovo individuo più pregiato o più produttivo o più giovane”. Ma, parola della Game Director Yngvill Hopen, è anche un nomignolo simpatico che i genitori usano per chiamare i propri figli (allora non sono così freddi gli scandinavi, dai, ndr): “Mio piccolo pode!”. Alla GDC 2018, dove abbiamo avuto modo di provare il delizioso Pode, questo dettaglio è stato tra i primi ad emergere, e per un motivo molto preciso: il gioco di Henchman & Goon è stato creato con i bambini, anzi, nello specifico con il figlio della Hopen, in mente.
Per lei era tutto un po’ troppo polarizzante: o il gioco è estremamente semplice e basilare, privo di qualsiasi messaggio complesso o sconvolgente, magari uno di quei tie-in sviluppati in fretta e furia per uscire in concomitanza con l’arrivo nei cinema del film di animazione d’appartenenza; oppure il tipo di esperienza che punta ad offrire, vuoi per temi e linguaggio trattato, vuoi per una curva di apprendimento troppo ripida, non è propriamente adatto ad un giocatore troppo giovane. Il gesto più odioso, ce lo ha ribadito più volte, è proprio quello di dover strappare il controller dalle mani di un bambino, in lacrime perché non riesce a superare il livello: da lì, l’idea di creare qualcosa da giocare appositamente con lui. Pode, appunto.
Sono alcune soluzioni di design adottate a confermare la bontà di quelle parole, e non solo, come si potrebbe pensare ad una prima occhiata a immagini e trailer, nella direzione artistica, che ovviamente chiude il cerchio con uno stile grafico simpatico e semplice. La storia, classica, è prevedibilmente delicata, e racconta il viaggio di una stella caduta dal cielo, finita su una sorta di montagna magica. A soccorrerla è una piccola roccia, che si offre di aiutarla a ritornare al suo posto: sa benissimo che ad attenderle ci sono puzzle e insidie di vario genere, ma non le importa. Ciò che conta è che quella piccola stella raggiunga il suo traguardo, ma per farlo serve lavoro di squadra: ognuna gode di un potere speciale, con la prima, la stella, che con la sua luce può far crescere delle piante sul terreno, sia per dare un tocco di vita, ma soprattutto per far spuntare delle foglie da utilizzare come piattaforma per raggiungere punti più elevati; la roccia ha un potere simile, in quanto al posto dell’erba fa crescere delle rocce, anch’esse necessarie per poter avanzare. Le due creaturine devono quindi trovare il modo di collaborare, salendosi in groppa a vicenda, sbloccando o attivando interruttori, agendo per permettere all’altra di raggiungerla e così di proseguire.
I puzzle provati non erano nulla di trascendentale, e il sospetto è che sul lungo termine, oltre ad essere breve, non sarà in grado di regalare chissà quali brividi dal punto di vista del gameplay, almeno ad un giocatore un minimo navigato. Ma come detto, l’obiettivo di Pode non è quello di regalare sfide leggendarie: l’unica cosa che vuole superare è il concetto di frustrazione, e permettere così anche ad un bambino, da una parte, di godersi una bella partita con qualcosa di creato appositamente per lui, e al proprio genitore, dall’altra, di divertirsi e al contempo di aiutarlo dalle retrovie, senza nemmeno farlo accorgere (che, diciamocelo, è quello che un bravo genitore fa anche nella vita vera,): nei momenti più difficili, quando uno dei due giocatori è bloccato e non sa come proseguire, si può silenziosamente prendere il controllo dell’altro personaggio con la sola pressione di un tasto, e la morte (dovuta ad un salto mal calcolato, ad esempio) non è definitiva, tant’è che basta qualche frazione di secondo per tornare al proprio posto. Meglio ancora quando invece ci si tiene per mano, con il personaggio più bravo ed esperto che mostra la via all’altro. Lì però diventa davvero difficile trattenere le lacrime….
Pode non vuole essere un platform/adventure dalle meccaniche complesse e sofisticate, ma questo non rende la sua raison d’etre meno valida: il suo obiettivo, per nulla semplice, è quello di offrire un’esperienza godibile tanto per un bambino quanto per un genitore, anche uno non particolarmente esperto, raccontando nel mentre una delicata storia con protagonista l’amicizia. La costante necessità di cooperare per poter proseguire è comunque stimolante (anche se nulla vi vieterà di giocarlo in solitaria, alternando semplicemente il controllo del personaggio), motivo per cui se siete fan della co-op da divano vecchia scuola, e cercate un gioco senza troppe pretese, né impegnativo, Pode potrebbe seriamente fare al caso vostro.