“Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro. E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l’abisso vorrà guardare dentro di te”.
Basterebbero le parole di Nietzsche a riassumere concettualmente l’ultima fatica di Clint Eastwood, ma vediamo di spiegare il perché.
American Sniper è una di quelle pellicole capaci di far discutere molto prima dell’esordio su grande schermo, e così è stato. Il tema della guerra – e conseguentemente della morte – riesce a catalizzare l’attenzione come pochi altri ed ecco che mi ritrovo all’ingresso del multisala a sgomitare tra decine e decine di persone pronte a godersi lo spettacolo.
Chris Kyle (interpretato da Bradley Cooper) vede la propria vita scivolare inesorabilmente verso un nulla indefinito a base di rodei e birra, finché un “bel” giorno gli si presenta quella che sente essere la sua reale vocazione. Un’epifania generata da qualche immagine in tv, rafforzata e confermata dagli eventi dell’11 settembre: Kyle è disposto a salutare sicurezza, casa e moglie (incinta) per difendere gli Stati Uniti d’America nell’inferno del Medio Oriente. Lo farà tenendosi stretti i propri dubbi e tacendo paure troppo grandi per lasciare i meandri del cuore, appostato al sole cocente, aggrappato alla speranza e al suo fucile da cecchino.
Il film di Eastwood è molto lontano dall’essere perfetto, anzi, difetti e storpiature sono piuttosto evidenti e la tipica retorica a stelle e strisce ammicca in continuazione con il susseguirsi delle sequenze, ma c’è dell’altro. C’è del buono.
Sotto una veste stereotipata e commerciale che va incontro al volere e ai gusti del pubblico si nascondono spunti interessanti e profondi. Quella cui assisterete è la catarsi di un uomo che viene cambiato e forgiato (irreversibilmente) dall’esperienza della morte che lui stesso dispensa. Emblematica la scena del primo bersaglio, che non descrivo per evitare spoiler, uno spartiacque tra la vita lasciata alle spalle e il cambiamento radicale che trasformerà Chris.
Un’agonia psicologica somministrata in piccole dosi, un proiettile alla volta, il desiderio di riabbracciare i propri cari e lo scoglio insormontabile dei ricordi, del terrore, dell’incapacità di stare lontani dall’inferno una volta che lo si è visitato.
Amore e morte, ma soprattutto la fragilità dell’uomo, di qualsiasi uomo su questo pianeta, e ancora il fascino del male (spesso si riconosce troppo tardi) e la sua furba, silenziosa seduzione.
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A noi ricorda…
Sniper Elite: questa volta il paragone è telefonato, nonostante ci siano alternative videoludiche valide per calarsi nei panni di un cecchino la serie Rebellion e 505 Games si distingue per il pregevole compromesso divertimento/difficoltà e per le meccaniche di gioco immediatamente riconoscibili. Un must per gli amanti del genere! Anche su next gen con la sua più recente incarnazione: Sniper Elite III.
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L’appuntamento è per venerdì – al solito – nuova settimana nuova recensione… Stay tuned!
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