Ci siamo, è venerdì e devo recensire il nuovo film di Luhrmann. L’impresa potrebbe sembrare semplice, sugli aspetti principali dell’opera (cartacea e cinematografica) sono più che ferrato ed il materiale presente sul web riguardo alla nuova incarnazione del romanzo di Fitzgerald è pressoché infinito…eppure. Già, eppure “Il Grande Gatsby” non è esattamente – o almeno non solo – quel patinatissimo show di coriandoli e coreografie esagerate che moltissime recensioni (negative) descrivono.
Penso che l’analisi del film debba prendere due direzioni. Con la prima sarò chiaro e conciso, quindi cercherò di farmi capire con la seconda, più importante.
La prima direzione è quella del confronto – critico ed obiettivo – con il romanzo e le pellicole che precedono il nuovo Gatsby: un preparatissimo e freddo critico in effetti potrebbe ed avrebbe tutti i diritti di smontare pezzo per pezzo l’opera di Luhrmann in quanto è ben lontana dall’essere perfetta, anzi, spesso è caotica, pasticciata e fa sorgere più di un punto di domanda ad occhi attenti.
Questa, però, non è la via che percorrerò nel recensirla.
Passiamo alla seconda, allora.
Parliamo del compito universale del Cinema: rapire. Far dimenticare allo spettatore la poltrona che l’avvolge e portarlo altrove, farlo ridere, piangere, arrabbiare, spaventare…immaginare. Se l’ottica è questa, “Il Grande Gatsby” ha assolutamente fatto centro. Ho pensato che qualcuno potrebbe non aver visto i film precedenti, potrebbe non aver letto il romanzo, potrebbe addirittura capitare in sala per caso…senza aspettative o arzigogolate costruzioni mentali: il film lo ammalierebbe di sicuro, perché è una bella storia, una fiaba, e le fiabe non basteranno mai.
Per la prima volta mi trovo a fornire un doppio parere…per utilizzare una “licenza poetica” abbastanza banalotta ma chiara, direi che per la mente è un no, per il cuore un sì.
Splendido il discorso costruito intorno alla luce verde oltre la nebbia, vero e proprio simbolo di speranza, evocativo, diretto.
La storia di un’illusione in tutta la sua meravigliosa ingenuità, perché forse è meglio sbagliare tutto per un’idea che abbandonarla per un giusto e quieto vivere.
Soundtrack assolutamente indovinata e varia (si spazia da Jay Z a Lana Del Rey, da will-i-am a NERO), interpreti azzeccati alla perfezione. Nel film con Robert Redford, ad esempio, quest’ultimo – per quanto impeccabile – era troppo “divo”, con quell’aria da uomo che non deve chiedere mai che mal si addice al ruolo di Gatsby, interpretato invece egregiamente da Di Caprio che riesce a coniugare il lato misterioso e affascinante con quello ingenuo ed iracondo che si andrà pian piano svelando con lo scorrere della pellicola. Grandissimi anche Tobey Maguire e Carey Mulligan, rispettivamente scrittore (e narratore del film) ed elegante protagonista femminile.
3D abbastanza inutile, ma è un aspetto più che marginale.
Andate a vedere questo film con la mente libera, anzi, andate a vedere ogni film per esserne rapiti, e nient’altro.
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A noi ricorda…
Mafia: ovviamente il paragone regge solo in parte, ovvero con le ambientazioni, il periodo storico e quell’affascinante atmosfera che sembra permeare ogni angolo di strada, ogni scorcio delle città che proprio in quegli anni fiorivano, esplodevano, crescevano su un ritrovato benessere economico grazie ad attività più o meno lecite…splendido gioco, chi non lo conoscesse rimedi all’istante!
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Da non perdere al cinema anche…
“La Grande Bellezza”: Sorrentino dirige Carlo Verdone e Toni Servillo in questo dramma appena presentato al Festival di Cannes.
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Buona visione, e… a venerdì prossimo, con la recensione de “Only God Forgives” , il nuovo thriller di Refn interpretato da Ryan Gosling!
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