Predator: Hunting Grounds – Recensione

Da Commodore a PlayStation 4, l’iconico Predator è apparso in numerosi videogiochi, vantando un’eredità che dura da più di trent’anni grazie anche ai recenti trascorsi in Call of Duty, Mortal Kombat e Tom Clancy’s Ghost Recon. Oggi, l’alieno cacciatore per eccellenza torna in esclusiva sulla PlayStation 4 come protagonista con Predator: Hunting Grounds, un titolo esclusivamente multigiocatore e il primo a essere pubblicato da Sony sin dai tempi di MAG su PS3.

Nonostante lo sviluppatore IllFonic, già autore di Friday the 13th: The Game, non sia uno studio first party, questo progetto rappresenta una dichiarazione di intenti da parte del colosso giapponese. Dopo avere definito per una generazione gli action/adventure, sta tastando nuovi terreni sui quali accogliere altrettante categorie di giocatori. Per quanto lodevole sia l’intento, Sony deve mettere in campo molto meglio di un gioco come Predator: Hunting Grounds, che a dispetto del grosso vantaggio fornito da un personaggio iconico come il Predator risulta un gioco senza contenuti e longevità.

Il gioco mette noi e altri tre compagni nei panni di quattro soldati in un contesto che ricalca la giungla sudamericana del film originale: i nostri obiettivi sono variabili ma rientrano tutti nell’ambito di un’operazione militare. Sbarazzarsi di alcuni guerriglieri oppure uccidere uno specifico bersaglio, far saltare in aria qualcosa, recuperare alcuni documenti, conquistare e mantenere la posizione di uno specifico checkpoint. Il tutto con la minaccia dei guerriglieri ma in particolare del Predator, che controllato da un altro giocatore ha come obiettivo quello di sterminare la squadra.

È bene sottolineare che non è lui (o lei, potendo scegliere la versione femminile) il nostro nemico e che ucciderlo o catturarlo ci farà guadagnare molti punti, ma non è obbligatorio ai fini della missione. Come da copione, Predator possiede tecnologia all’avanguardia che lo aiuta a confondersi con l’ambiente e colpire da una distanza di sicurezza, sebbene possa essere letale anche a distanza ravvicinata. Il senso di costante minaccia e soprattutto l’alta resistenza ai danni del Predator aiutano a rendere le sessioni, di per loro piuttosto brevi, serrate al punto giusto – ed è forse una delle rare cose a funzionare davvero nel gioco, purtroppo.

Giocare dalla parte dei buoni restituisce una sensazione familiare tipica degli FPS e chi ha dalla sua ore su ore spese con Call of Duty potrebbe sentirsi a proprio agio, sebbene la qualità sia nettamente inferiore e l’intelligenza artificiale lasci molto a desiderare quando viene messa alla prova. Non solo i nemici risultano poco coinvolgenti ma il loro comportamento varia da incredibilmente aggressivo a ridicolmente inconsapevole e comunque in entrambi i casi la sfida offerta è risibile: è chiaro come siano una distrazione per i giocatori mentre il Predator si mette sulle loro tracce ed è proprio un simile approccio a smorzare i toni di un gioco che avrebbe potuto avere molto potenziale.

Predator: Hunting Grounds è molto, troppo ripetitivo e privo di contenuti

Se il confronto con i guerriglieri si fosse rivelato davvero coinvolgente e impegnativo, la presenza del Predator si sarebbe rivelata ben più incisiva, improvvisa e complicata da gestire proprio come nel film. Invece i guerriglieri sono le classiche mosche di cui liberarsi in attesa che il vero nemico decida di fare la propria comparsa. Sotto il profilo umano, dunque, in Predator: Hunting Grounds non c’è nulla che ravvivi una formula consolidata e addirittura gli aspetti noti risultano molto blandi. A onor del vero, questo loop si mostra piuttosto divertente per le primissime ore, perché far squadra con gli amici e uno spasso mentre si coopera per completare l’obiettivo assegnato.

Tuttavia, più si gioca e più diventa facile fino a rendersi conto che ogni partita si svolge allo stesso modo: dopo avere completato una manciata di incarichi piuttosto noiosi, è tempo dell’estrazione via elicottero. Fine. Sì, c’è il Predator e di questo parleremo più nel dettaglio a breve ma se chi lo manovra deve ancora prenderci la mano, i match durano davvero poco e perdono tutto il mordente di un titolo che poggia praticamente l’intera esperienza sul confronto con questa creatura.

Se giocare nei panni dei soldati risulta noioso, lo stesso non si può dire del Predator. Giocato in terza persona, l’alieno ha il compito di fermare la squadra eliminandone tutti i membri uno per uno. L’approccio è a discrezione di chi lo controlla, può optare per la furtività oppure annunciare la propria presenza con esplosivi colpi al plasma e attacchi in mischia aggressivi. Illfonic ha fatto un ottimo lavoro nel ricreare Predator, completo di tutti i gadget che lo distinguono e mettendo in scena le tipiche uccisioni cruente di cui abbiamo avuto prova nei film.

Rispetto a come lo studio di sviluppo ha pensato Jason Vorhees in Friday the 13th: The Game, Predator è molto più dinamico e rapido ma al tempo stesso anche vulnerabile. A dispetto del vantaggio nell’uno contro uno e della resistenza ai danni, gettarsi contro una squadra al completo non potrà mai finire bene. Proprio per questo serve far leva sull’aspetto migliore del Predator: la libertà di movimento. Ci si può arrampicare sugli alberi e saltare facilmente di ramo in ramo, rendendo la traversata della foresta un gioco da ragazzi.

Predator ricalca bene la sua essenza di cacciatore spietato e temibile

Dotato di un sistema di tracciamento che punta diretto al bersaglio, Predator è in grado di ottenere il controllo della situazione in un attimo, se la squadra che lo affronta non è ben preparata. Inoltre, la mimetizzazione di permette di far perdere rapidamente le proprie tracce sia dopo una ghiotta uccisione in solitaria sia quando la situazione si fa troppo pericolosa. È un peccato che, a dispetto di alcuni bug che interrompono il flusso d’azione del Predator, non sia stata posta la stessa cura anche per la controparte umana, rendendo tutto un pretesto per mettere in campo il nostro cacciatore alieno per eccellenza a facendo di lui la miglior scelta prima di una partita.

Predator: Hunting Grounds avrebbe comunque potuto essere un’esperienza intensa, se solo il contenuto offerto fosse stato all’altezza. Si parla di un’unica modalità e tre mappe di cui non siamo ben riusciti a cogliere le differenze, da tanto si somigliano. Certo non è un punto a favore, considerato il proliferare di esperienze multigiocatore presenti sul mercato.

Un sistema di level up permette di personalizzare il personaggio, Predator o umano, ma si tratta ancora una volta di un sistema abbastanza semplice. Il livello aumenta a un ritmo tale che il sistema sembra non avere scopo, bloccandoci arbitrariamente dall’ottenere gli equipaggiamenti e oggetti vitali per la sopravvivenza, nel caso degli umani, o capaci di rendere la caccia ancora più interessante se si tratta del Predator.

Va però detto che le abilità sbloccate per i soldati non cambia poi molto la sostanza e a loro sfavore giocano anche controlli goffi, poco reattivi, che influiscono negativamente sul mirare e fare fuoco. Non che questo rappresenti un problema contro l’IA, considerata la mancanza di un qualunque senso di sfida. Predator: Hunting Grounds vanta anche una personalizzazione dei personaggi che fa leva sulle casse premio, senza tuttavia la presenza di microtransazioni e questo gioca sicuramente a suo vantaggio. Pur essendo del tutto ininfluenti, limitandosi a un cambiamento estetico, sono notevoli soprattutto – di nuovo – in merito al Predator.

Chiude il cerchio una performance tecnica deludente. Piccoli bug e glitch sono fin troppo comuni, dagli oggetti che fluttuano a mezz’aria ai sottotitoli che sfarfallano fino agli obiettivi di gioco rotti che impediscono alla partita di proseguire. Problemi che saranno corretti lungo la strada con alcune patch ma hanno reso il gioco al lancio un’esperienza messa insieme in fretta e furia. I 30 fps instabili su PlayStation 4 Pro non fanno niente per migliorare una situazione non proprio ottimale.

Conclusioni

Predator: Hunting Grounds è un’esperienza multigiocatore che avrebbe trovato il suo giusto posto nell’epoca PS3. Oggi, con tutti i difetti che lo rallentano, la scarsità di contenuti e un gameplay fin troppo ripetitivo, considerato anche la concorrenza presente sul mercato, non è in grado di distinguersi. A dispetto dell’ottimo lavoro svolto da IllFonic per ricreare Predator, il resto è privo di mordente e in alcuni casi rasenta la frustrazione. Sicuramente rappresenta un passo avanti notevole per lo studio di sviluppo in sé, ma nel complesso non è un gioco in grado di coinvolgere più di qualche ora. Un peccato, se si considera il franchise di riferimento e le possibilità espressive alle quali avrebbe potuto portare.

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