Colonia – A Bethesda, ultimamente, sembrano andare tutte per il verso giusto. Dopo l’indiscutibile successo del reboot di Doom, seguito dall’accoglienza eccezionale riservata agli annunci di Quake e Dishonored 2, la marcia trionfale intrapresa dal Publisher statunitense non sembra subire battute d’arresto, Anzi, pare essere destinata a rinvigorirsi ulteriormente grazie a Prey, iconico sparatutto in prima persona rispolverato dalla proverbiale soffitta e, finalmente, pronto a mostrarsi in tutta la sua forma smagliante. La storia di Prey è abbastanza famosa: dopo un capitolo originale, targato Human Head, apprezzato da critica e pubblico nonostante alcuni peccati di gioventù dello sviluppatore, l’IP parve cadere temporaneamente nel dimenticatoio sino al 2011, quando con un emozionante teaser venne annunciato il tanto atteso seguito sempre ad opera degli Human Head. Qualcosa andò irrimediabilmente storto visto che, per i 5 anni successivi, si perse ogni traccia del progetto, dato definitivamente per morto.
Questo almeno sino allo scorso giugno, quando con un colpo a sorpresa memorabile Bethesda rivelò il suo nuovo Prey: uno sparatutto in prima persona completamente diverso rispetto alla matrice originale, affidato alle mani sapienti degli Arkane Studios – sulle cui doti, visti i risultati di Dishonored, non v’è dubbio alcuno. Un titolo che proprio a Dishonored si ispira nella definizione delle meccaniche di gioco, attingendo al bacino narrativo di perle del calibro di Bioshock pur mantenendo un taglio dichiaratamente sci-fi. E proprio l’immaginario fantascientifico di questo Prey, che qui a Colonia abbiamo potuto osservare da vicino, rappresenta uno degli aspetti meglio riusciti di un titolo che, già da ora, alza l’asticella delle aspettative a livelli inaspettati. Sedetevi comodi, oggi vi portiamo a spasso per Talos1.
Prey si svolge in un non così lontano 2032 a bordo di Talos1, una stazione orbitante nell’atmosfera lunare dove il progresso e la scienza pura hanno assunto nel tempo il controllo su ogni cosa. Pensate ad una Rapture scientifica che fluttua solitaria nello spazio nel suo momento di apice massimo: ordine, rigore, e una morale ideologica indefesa. Prey racconta le vicende di Morgan Yu, uno scienziato di cui poco o nulla si sa, se non che si trovi in quel luogo per condurre un segretissimo esperimento legato alla studio della coscienza umana. Qualcosa di grosso, a quanto pare, visto che l’enorme complesso scientifico viene improvvisamente attaccato da una specie aliena sconosciuta intenta a cancellare ogni traccia delle ricerche effettuate. E, ovviamente, ogni traccia umana ad essa collegata. Di colpo solo contro un male all’apparenza insormontabile, Yu si ritrova faccia a faccia con mostruose creature aliene dall’intelligenza evolutissima, in grado persino di mutare la propria forma e assumere le sembianze di un qualsiasi oggetto presente in scena (per poi aggredire il malcapitato al momento più opportuno) o, come nel caso dei Ghost, di rendersi invisibili in modo intermittente.
Già da questo breve incipit si deduce come, in Prey, l’elemento combat rappresenti uno degli aspetti cruciali del gameplay. Eppure il titolo Arkane Studios non è l’FPS tradizionale che in molti si aspettano, ma va ad attingere ad un set di meccaniche più affini a Dishonored, dicevamo, o allo stesso Deus Ex, scavando più in profondità sino a riemergere con una giocabilità articolata e complessa, che lascia ampio spazio di manovra decisionale al giocatore. Armi, oggetti o skill di Morgan, tanto per iniziare, non avranno una funzione “univoca” ma, al contrario, potranno essere utilizzate sia per attaccare nel senso tradizionale del termine, sia – come nel caso della GLOO Gun – per muoversi e crearsi dei passaggi comodi all’interno di Talos1, interamente esplorabile sin dall’inizio.
Uno sparatutto dal forte approccio rolistico, dunque, che permette a Morgan di sviluppare un nutrito set di abilità sia “tecnologiche” (che gli estimatori di Adam Jensen apprezzeranno sicuramente) sia, e soprattutto, aliene, iniettandosi direttamente il composto interessato sul nervo ottico. Una soluzione, specie nell’ambito delle capacità aliene, che ricorda da vicino l’universo dei Plasmidi di Bioshock, viste le modifiche fuori dal comune che essi comportano: la possibilità di respingere nemici creando una sorta di barriera energetica, l’aumento della velocità o dei riflessi del protagonista, la capacità di rubare le doti mimetiche dei nostri predatori e sfruttarle a nostro vantaggio, trasformandoci persino in oggetti all’apparenza inermi da sfruttare per un approccio stealth. Approccio che è caldamente consigliato dallo stesso sviluppatore (ancora una volta, le reminiscenze alla Corvo Attano si sprecano rapidamente), nonostante sia possibile farsi strada a suon di proiettili e abilità extra-terrestri senza badare al basso profilo.
I tratti genomici da RPG di Prey si vedono chiaramente anche dall’introduzione di un meccanismo di crafting, che permette a Morgan di ridurre un qualsiasi oggetto recuperato dallo scenario ai proprio componenti base. Questi, a loro volta, possono essere riutilizzati ed aggregati per creare set di oggetti – in alcuni casi power up che facilitano la lotta agli alieni, in altri item necessari per poter procedere nell’esplorazione della base. Creatività è la parola d’ordine, una scelta che va in linea con la già citata “versatilità” di armi e skill di cui parlavamo qualche riga sopra. Arkane Studios esorta dunque a sperimentare, a pensare lateralmente a soluzioni magari non così scontate come quelle tradizionali, ma non per questo meno brillanti: un aspetto a cui eravamo abbastanza abituati dal precedente episodio di Dishonored, ma che contestualizzato nella narrativa fantascientifica di Prey assume un sapore e una dimensione del tutto inedita.
Prey è un’autentica bomba.
Prima di chiudere, spendiamo qualche riga per delineare i tratti tecnologici di questo nuovo Prey: un titolo che convince a pieni voti in quanto a charachter design, forte di una cura del dettaglio certosina e, cosa da non sottovalutare, di una fantasia “mostruosa” nel creare antagonisti capaci di stupire e terrorizzare già dal primo incontro. I ragazzi di Arkane Studios non sono certo gli ultimi arrivati sul mercato, ma ancora una volta stupiscono per una direzione artistica sontuosa in grado di delineare una Talos1 sospesa nel tempo, paradiso quasi utopistico della ragione e della tecnologia che cela nel proprio nucleo un segreto così drammatico da metterne a repentaglio l’esistenza. Sì, Ken Levin ne sarebbe orgoglioso, e di certo non solo lui.
Soltanto qualche mese fa, avevamo perso ogni speranza di rivedere Prey nei nostri salotti. Un peccato, visto il valore artistico del titolo originale e, allo stesso modo, le potenzialità iniziali di quel sequel mai apparso. Ma Bethesda, ancora una volta, la sa lunga: e dopo aver solleticato il globo nel corso dell’ultimo E3 con l’annuncio di un nuovo Prey, in occasione di questa gamescom stupisce tutti in un modo ancora più inatteso, al punto da promuovere questo reboot come il titolo più atteso della propria intera line-up. Prey, stando a quanto visto ora, è un’autentica bomba: un FPS che di tradizionale ha ben poco, se non l’impostazione, che mescola stilemi rolistici nei canoni dello sparatutto riuscendo a donare profondità e varietà ad un gameplay mai come ora diversificato e non derivativo. Forte di una direzione artistica sontuosa già in questa build e di una narrativa ricchissima di identità nonostante le influenze esterne, Prey è uno di quei titoli che, da qui ai prossimi mesi, sarà tenuto sotto stretta osservazione da milioni di occhi desiderosi di posarci le mani quanto prima. Del resto, nomen omen.