RAGE 2 roadmap
13 Mag 2019

Rage 2 – Recensione

Il primo Rage è uno degli esempi di quanto l’hype possa rivelarsi un’arma a doppio taglio per un team di sviluppo. Atteso come emanazione divina di uno studio leggendario come id Software, crollò sotto il peso delle grandi aspettative che più di qualche lustro fa contraddistinsero l’annuncio, in primis, e la pubblicazione in seguito ben 4 anni dopo (nel 2011). Inutile star qui a rivangare il passato: quel che conta è che, a distanza di 8 anni, Bethesda, provi a fare ammenda dando una nuova chance a un franchise dall’indubbio potenziale e dalle sconfinate ambizioni. Per l’epoca.

Lo specifico perché, per certi aspetti, la sensazione è che questo Rage 2 sia un può fuori tempo massimo. È il Rage che sarebbe dovuto uscire nel 2011, ma che nel 2019 non riesce, per ovvi motivi, a ritagliarsi un posto di riguardo, al netto del divertimento che, in certi frangenti, riesce indubbiamente a regalare.

Questa volta in cabina di regia c’è Avalanche Studios, che di mondi aperti e post-apocalittici se ne intende (Mad Max vi dice qualcosa?), ma come avrete intuito, qualcosa è andato storto. Vediamo insieme cosa.

RAGE 2

Se avete giocato il primo capitolo, eravamo rimasti con le Arche che emergevano dal sottosuolo dopo l’eroica impresa del protagonista Nicholas Raine. L’Autorità aveva subito un duro colpo, e la Wasteland sembrava pronta a ritornare alla normalità. Ma il Generale Cross, tornato in azione più aggressivo e metallico che mai, non ci sta: ha passato gli ultimi anni a pianificare il suo ritorno, la cui prima mossa combacia, tristemente, col tutorial del gioco.

Si tratta di un assalto a Vineland, quartier generale della Resistenza, il quale verrà completamente raso al suolo. Nei panni di Walker (potremo scegliere il sesso del protagonista), ultimo Ranger in vita, dovremo bussare alla porta di volti già noti ai giocatori del primo episodio (come il Dottor Kvasir o il nerboruto John Marshall) e attivare il Progetto Daga, piano d’emergenza con cui contrastare lo strapotere di Cross.

L’Autorità è tornata e starà a noi contrastarla nei panni di un nuovo protagonista: Walker, l’ultimo Ranger in vita

Un pretesto abbastanza classico e scontato, peraltro azzoppato da un finale un po’ frettoloso, studiato esclusivamente per spronarci ad esplorare la Wasteland, ora un vero e proprio open world con tutti i crismi, e a dedicarci alle tonnellate di attività secondarie disseminate qua e là, niente di più, niente di meno. Avalanche ci prova a sperimentare con la struttura aperta, lasciandoci libertà nell’ordine di completamento delle missioni necessarie a ottenere la fiducia di comprimari e gli strumenti richiesti per il Progetto Daga, o meglio ancora, legando a doppio filo la nostra volontà di esplorare il mondo e l’unlock di abilità nanotritiche (veri e propri poteri) e delle armi, nascoste nelle Arche e anch’esse nascoste un po’ ovunque (e solo quelle: la cosa lascia interdetti, ma non potrete raccogliere quelle dei nemici).

Walker è infatti l’unico in grado di impugnarle e sfruttare quell’incredibile potere, ma per permettere a Rage 2 e al suo elettrizzante gameplay di sbocciare, dobbiamo dedicargli le prime (e abbastanza noiose) ore di avventura, sia per prendere dimestichezza con i veicoli (che potranno essere perlopiù sbloccati “rubandoli” in giro), sia per potenziare il personaggio.

RAGE 2

Nonostante sia un FPS duro e puro, Rage 2 prevede infatti anche tanta esplorazione, come avrete intuito, ed elementi tipici dei GDR, come un vero e proprio sistema di missioni (terribile però la gestione di quelle secondarie, spesso assegnate random da NPC totalmente anonimi che rischierete di ignorare per svariate ore prima di andare a battere cassa) e uno di crescita, anch’esso lievemente confusionario, ma in grado comunque di rendere più profonda e intrigante l’esperienza di gioco. Tutto o quasi passa per la Feltrite, un minerale droppato dai nemici o estraibile in appositi depositi e meteoriti che, oltre ad offrirci cure istantanee sul campo di battaglia (diventa quindi cruciale avvicinarsi ai cadaveri dei nemici prima che spariscano – ma potrete anche usare infusioni curative, acquistabili o craftabili con le risorse trovare in giro), permettono di potenziare le armi e le abilità, rendendo Walker ancora più devastante.

Ci sono numerose risorse secondarie e mod che, come detto, creano un po’ di confusione, ma una volta sbloccate, le abilità permettono a Rage 2 di premere l’acceleratore al massimo: se, in generale, tutto il “colore” e la follia che abbiamo visto nei trailer non vengono così messi in risalto dalla scialba trama o dall’anonimo mondo post-apocalittico (in cui il riciclo degli asset è evidente e appesantisce ulteriormente un’ambientazione già di per sé tendente alla noia, nonostante lo sforzo di diversificare i biomi tra deserti, crateri, autostrade distrutte, paludi e giungle), è il gunplay il vero vincitore della partita, forse il vero motivo per cui potreste dare una chance al gioco di Avalanche e id Software.

È il gunplay il vero vincitore di Rage 2

Qui il tocco di quest’ultima si vede tutto, tra fuoco primario e secondario dell’arsenale a nostra disposizione (tra classici fucili a pompa, d’assalto e pistole, ma anche lanciarazzi e armi più peculiari) che, uniti alle abilità nanotritiche di Walker, offrono al giocatore la possibilità di ravvivare l’encefalogramma piatto tenuto fino a qualche attimo prima: vortici di energia sfruttabili per assalti dall’altro o per granate dalla traiettoria imprevedibile, dardi con cui appendere i nemici al soffitto, barriere, missili teleguidati, schianti, spinte verso il vuoto, bombe rispedite al mittente come una palla da baseball. Ci vuole qualche ora per iniziare a ottenere l’accesso al ricco arsenale di Walker e a prendere confidenza con le combinazioni possibili, oltre che col pessimo control scheme (almeno su mouse e tastiera, avendolo provato su PC), ma più avanzerete nella trama e le missioni diventeranno più intense e complesse, più Rage 2 risulterà divertente.

Peccato solo per una IA che, oltre a non offrire una vera sfida (al livello normale siamo morti 1, massimo 2 volte in oltre 20 ore), in certi frangenti si comporta in modi davvero strani, principalmente quando non riesce a sfruttare come si deve gli spazi ben più aperti del solito rispetto al classico shooter. Anche perché graficamente, al netto di un impatto visivo non così eccellente, la dinamicità dell’azione e la fluidità dei 60 fps (ma aspettatevi del tearing se il vostro PC rientra di poco nei requisiti consigliati: il V-Sync attivo ce li ha quasi dimezzati, nel nostro caso) rendono tutto davvero esaltante, al contrario di modelli poligonali dei personaggi o del mondo di gioco, abbastanza vuoto e poco caratterizzato.

Conclusioni

Fosse uscito così, il primo Rage, ci saremmo trovati tra le mani uno di quei franchise unici, rivoluzionari, giganteschi. Ma invece questo è Rage 2 e ci troviamo nel 2019, un’epoca in cui i mondi aperti sono imprescindibili tanto quanto il menù principale, e in cui la post-apocalisse è spesso una metafora delle poche idee rimaste a praticamente chiunque si prodighi a sfruttarla come contesto delle proprie creazioni. Se come FPS funziona (quando non ci pensano i problemi tecnici o il basso livello della sfida), è tutto il contorno ad affossarlo, dall’open-world spoglio e fine a se stesso, alla ripetitività di situazioni proposte (e persino assets), alla trama che senza infamia e senza lode ci trascina fino al frettoloso finale e all’end-game al momento inesistente (qui sarà il supporto post-lancio, già annunciato e garantito, a smentirci o meno).

Se avete particolarmente apprezzato il primo e/o siete stufi dei soliti sparatutto a corridoi, una chance gliela potreste comunque dare: sa essere frenetico ed esaltante, quando spinge l’acceleratore e mostra tutta la sua personalità.