News 14 Set 2013

Rain – Hands on

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Tra i titoli presentati da Sony nell’ultima edizione dell’E3 e della GamesCom, pochi sono riusciti a solleticare la curiosità dei presenti come Rain. Il titolo PSN, sviluppato da Acquire in collaborazione con i Japan Studio, rappresenta infatti una piccola perla di genialità in un panorama non sempre disposto a innovare (o forse è il caso di dire rischiare), ed offre meccaniche di gioco estremamente accessibili contestualizzate in un’atmosfera malinconica ed evocativa. Proprio l’atmosfera rappresenta uno dei punti focali del titolo, che si configura come un’esperienza estremamente personale ad alto tasso emozionale dai richiami nemmeno troppo celati all’immortale Ico.

Nell’attesa dell’uscita del titolo, previsto in esclusiva nei canali digitali di PS3, abbiamo potuto testare una versione definitiva del codice di Rain immergendoci nei primi tre scenari. E quelle che erano state le nostre impressioni iniziali, inutile dirlo, sono state abbondantemente confermate.

Potremo liberarci degli Oscuri correndo, trovando riparo dalla pioggia oppure sfruttando elementi di scena opportuni per abbatterli.
Potremo liberarci degli Oscuri correndo, trovando riparo dalla pioggia oppure sfruttando elementi di scena opportuni per abbatterli.

Una storia d’altri tempi…

L’avventura di Rain inizia con un acquerello bagnato da gocce d’acqua che tratteggia un bimbo malato nel proprio letto. Il circo è in città e niente sarebbe più bello che raggiungerlo con mamma e papà. Ma ci si mette l’acquazzone, che arriva dirompente e non sembra deciso a smettere. Affacciatosi alla finestra il piccolo assiste all’incredibile, l’effimera sagoma di una ragazzina (visibile solo grazie alle gocce che la bagnano) che sfugge da una grottesca creatura, anch’essa invisibile. Non ci sono febbre o temporale che tengano, e il piccolo curioso scende per le strade nel tentativo di rincorrerli. Ma proprio quando sembra averne perso le tracce, dinnanzi a lui si staglia un’enorme porta luminosa: un po’ titubante la varca e, con sommo stupore, scopre anch’egli di essere diventato invisibile, divenendo così il protagonista di una favola malinconica che soltanto gli occhi della pioggia possono osservare.

Il cimitero adiacente alla chiesa.. poteva forse mancare una location così allegra?
Il cimitero adiacente alla chiesa.. poteva forse mancare una location così allegra?

In fuga sotto la pioggia

È proprio la pioggia a rappresentare il fulcro principale dell’esperienza ludica di Rain. Le gocce d’acqua rendono l’alter ego visibile sia al giocatore sia agli Oscuri, le mostruose creature che affollano una non meglio specificata città mitteleuropea disabitata. Correre a perdifiato cercando di seminarli può portare i propri frutti in una manciata di occasioni, ma in questi frangenti è fondamentale nascondersi dalla pioggia, magari sfruttando tettoie, ripari o pontili, e diventare invisibili, restando immobili come statue sin quando la minaccia è passata. Sì, perchè sparire alla vista non garantisce affatto la salvezza: muoversi implica lasciare tracce, orme, magari urtare qualche oggetto di scena o calpestare una pozzanghera: tutte ipotesi che permettono sì al giocatore di capire la corretta ubicazione del protagonista, ma faranno lo stesso per gli Oscuri portando ad un prematuro game over.

Raggiungere la misteriosa ragazzina evanescente non sarà affatto semplice.
Raggiungere la misteriosa ragazzina evanescente non sarà affatto semplice.

Già da qui si delinea una certa apertura del gameplay nell’operato di Acquire, che lascia un buon margine libertà a chi gioca per decidere come sgattaiolare dalle mostruose grinfie nemiche. Saltare su una pozzanghera, urtare una cassa o attivare un grammofono, ad esempio, sono strategie intelligenti per attirare l’attenzione degli Oscuri verso la sorgente del rumore per poi scivolar loro dietro con la dovuta cautela e lasciarseli alle spalle. Difficile sentirsi veramente al sicuro sotto la pioggia, quando un mostro può apparire da ogni angolo e quel riparo coperto capace di salvarci la vita sembra così dannatamente lontano.

Le meccaniche di Rain alternano dunque uno stealth embrionale ai dettami del puzzle alla Ico, Limbo o Papo & Yo. Le variabili in gioco sono molteplici, e permettono di creare un discreto quadro di possibili soluzioni da risolvere con un pizzico di ingegno. Già dal secondo livello, ad esempio, dovremo usare gli armadietti per nasconderci dagli Oscuri o lavarci nell’acqua pulita qualora fossimo entrati in contatto con pozzanghere fangose (che oltre a lasciar bene in vista delle orme marroni rendono visibili gli arti inferiori anche dove non piove). Potremo aprire e chiudere porte, pratica utile per rallentare l’incedere nemico o per depistarlo, spostare casse per raggiungere piattaforme più alte o usare chiavi per sbloccare specifiche porte. Ricordate che le chiavi non sono invisibili, quindi portarle in giro dove non cadono gocce d’acqua potrebbe non essere un’idea brillante.

La fabbrica dismessa, terzo ed ultimo scenario della nostra prova.
La fabbrica dismessa, terzo ed ultimo scenario della nostra prova.

Poesia architettonica

Inutile girarci troppo intorno, Rain sa davvero togliere il fiato. Non c’è edificio, scorcio o panorama incapace di veicolare emozioni, di suscitare precarietà mista a malinconia. Le strade lastricate, gli edifici alti e imponenti, la chiesa dal tetto diroccato e la fabbrica abbandonata, accompagnate dall’onnipresente scrosciare della pioggia, infondono una forte sensazione di abbandono, quasi ci trovassimo in una dimensione inabitata fuori dallo spazio e dal tempo. L’acqua è ovunque, sotto forma di pozzanghere che riflettono la pallida luce dei lampioni, di flebili rivoletti che scendono lungo i marciapiedi, di pesanti gocce capaci di offuscare la vista. Complice una direzione artistica magistrale, che evoca insicurezza grazie ad una gamma cromatica cupa e a tratti opprimente, e un sistema di inquadrature statiche (verrebbe da dire alla Silent Hill) che si diverte a stringere e allargare il campo visivo quasi a voler indurre vertigini su chi gioca, Rain colpisce dritto al cuore, cattura magneticamente sguardo e mente. Chiude il cerchio una colonna sonora altrettanto incantevole, calda e graffiante, che accompagna con delicatezza la ricerca della ragazzina invisibile che, da quel primo incontro accidentale, non riusciremo più a dimenticare.

Per tutto il corso del gioco ci sentiremo oppressi e in pericolo. La direzione artistica, sotto questo punto di vista, è esemplare.
Per tutto il corso del gioco ci sentiremo oppressi e in pericolo. La direzione artistica, sotto questo punto di vista, è esemplare.

Non può piovere per sempre

Tre livelli sono pochi per decretare l’effettiva bontà di un prodotto, ma mai come questa volta siamo pronti a sbottonarci e a dare a Rain una prima valutazione positiva. E’ vero, la creatura più celebre del PlayStation Camp non sembra brillare per difficoltà eccessiva e presenta enigmi sì interessanti ma mai particolarmente ostici. Tuttavia l’atmosfera surreale, la poetica silenziosa ma vibrante, il suo animo da anti-fiaba struggente e, non ultimo, il modo innovativo di utilizzare la pioggia come punto di convergenza del gameplay fanno di Rain uno dei titoli – non solo in ambito digital delivery – più interessanti di questo autunno.

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