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Raji: An Ancient Epic – Recensione

I ragazzi di Nodding Heads Games, con il breve e solo a tratti intenso Raji: An Ancient Epic, attualmente disponibile su Nintendo Switch, ma presto in arrivo anche su PC, PlayStation 4 e Xbox One, si sono posti uno scopo intrigante e persino originale, inizialmente celato dalla classica epopea di salvataggio di una sorella nei confronti del fratello, rapito da spiriti maligni al termine di uno spettacolo circense in un villaggio indiano di molti e molti anni addietro.

Laddove l’intreccio procede spedito verso una scontata risoluzione, senza chissà quali colpi di scena o implicazioni psicologiche, evidenziando la sostanziale evanescenza della protagonista, la narrazione è interamente sviluppata da un costante e fitto dialogo tra Durga e Shiva, due delle principali divinità induiste, venerate e celebrate da milioni di fedeli di un credo che, più che come una religione vera e propria, si configura come un insieme di pratiche e credenze sconfinato, per un pantheon dalle dimensioni titaniche, arricchito e caratterizzato da centinaia di culti più o meno locali.

Commentando ogni azione della coraggiosa Raji, consegnandole gli strumenti necessari per compiere la sua missione, consigliandola sul da farsi, il duo compone un parziale e limitatissimo riassunto di alcune delle leggende più note dell’induismo, espediente che rappresenta la feature più intrigante ed interessante dell’intera produzione, dal momento che, a conti fatti, ci troviamo tra le mani un action-platform piuttosto canonico, suo malgrado mortificato da un paio di difetti che impattano negativamente sulla godibilità globale dell’esperienza.

Sia tramite dialoghi, che in una manciata di cut-scene, nell’arco delle sette ore di gioco proposte da Raji: An Ancient Epic ci si immerge, solo con la punta del piede beninteso, nell’affascinante ed intricato gioco tra divinità tipico dell’induismo. Grazie alla tecnica narrativa scelta, quella del dialogo in voice over, il ritmo, dettato dall’alternarsi tra Durga e Shiva, si mantiene su buoni livelli, stuzzicando continuamente l’interesse dell’utente, desideroso di conoscere qualche dettaglio in più. Nuove armi, affreschi, l’apparizione di nuovi nemici, l’ingresso in specifiche ambientazioni, sono tutti artifici che innescano la conversazione e quindi l’introduzione ad una nuova storia.

L’appassionato di religioni, chi subisce da sempre il fascino dell’esotica India, l’antropologo mancato, apprezzeranno il titolo principalmente per questo motivo, rapiti, al contempo, da panorami e scenari ammalianti e conturbanti, artisticamente vividi, per quanto non sempre riprodotti con una tecnica tale da rendergli onore.

Primo tra i difetti più facilmente ravvisabili, non a caso, un comparto grafico piuttosto altalenante, figlio di buoni effetti speciali e, come già anticipato, di un art design ispirato, certo, ma anche di molte texture sgranate, ambientazioni povere di dettagli, una scarsa pulizia dello schermo, evidente soprattutto quando si gioca sul televisore di casa.

Il combat system non brilla per profondità, ciononostante la velocità d’azione è sufficientemente elevata da dare vita a battaglie intense

A livello ludico il gioco procede tra piccoli alti e molti medi, componendo un’avventura praticamente mai indimenticabile, rispettosa della formula di riferimento, non priva di storture.

Tanto per cominciare, se la telecamera fissa esalta i panorami e l’architettura di certi edifici, in alcune fasi platform rende inutilmente difficile e frustrante calcolare con efficacia le distanze. Un paio di tentativi sono sufficienti per comprendere l’errore di valutazione, ma morire per demeriti non propri non è mai piacevole.

Molto meglio durante i combattimenti, dove la visuale statica permette una visione d’insieme utilissima per schivare gli attacchi che vi pioveranno da ogni fronte. Il combat system non brilla per profondità, né affronterete un bestiario ampio e variegato. Ciononostante la velocità d’azione è sufficientemente elevata da dare vita a battaglie intense e coreografiche.

A far risaltare l’assoluta mancanza di originalità di Raji: An Ancient Epic, tuttavia, è proprio il level design, prevedibile e privo di guizzi. Mancano veri e propri sentieri alternativi, le sezioni platform osano poco anche in termini di verticalità, si intuisce con largo anticipo quando si avvicina il momento di menare le mani nell’ennesima arena priva di elementi ambientali o strutturali con cui interagire in qualche modo.

Inoltre, nonostante la presenza di diverse armi, che concorrono a infondere progressivamente un minimo di varietà agli scontri, il gameplay smette di evolvere praticamente già dopo la prima ora di gioco, non trovando modo di rigenerarsi e modificarsi sino ai titoli di coda.

Conclusioni

Raji: An Ancient Epic non è un gioco particolarmente divertente. Offre un gameplay derivativo e lo declina senza particolare originalità, non preoccupandosi di approfondirlo a mano a mano che ci si avvicina alla conclusione.

Eppure, la creatura di Nodding Heads Games ha carattere e riesce perfettamente nell’intento occulto che gli stessi sviluppatori hanno consegnato ed affidato alla produzione stessa. L’avventura non è altro che un espediente per far conoscere agli utenti alcune leggende e miti dell’induismo, avvicinandoli in modo divertente ed interattivo ad una cultura estremamente affascinante, complessa, stratificata.

Completando il gioco non avrete la sensazione di aver preso parte ad un’epopea memorabile, né vi scoprirete di punto in bianco esperti di induismo. Ma se soffrite il fascino dell’India, se nutrite una certa curiosità verso questa religione, non resterete delusi dalle storie narrate da Durga e Shiva, emozionandovi di fronte a certi scorci e panorami.

Consigliato dunque, ma solo ad un pubblico piuttosto ristretto.

 

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