Giochiamo a Resident Evil 4 da 16 anni, e su molteplici console: dal GameCube alla PS2, dall’iPhone alla PS4, fino a Nintendo Switch, che nel 2019 ha accolto l’ultimo porting, ultimo non in senso assoluto, però, perché il capolavoro di Capcom sembra ancora avere qualcosa di interessante da dire in salsa VR appunto.
È infatti arrivato, a sorpresa ma non troppo, in esclusiva su Oculus Quest 2. Non sorprende perché non è la prima volta che un capitolo della saga del colosso giapponese riceve un simile trattamento: il settimo capitolo ha infatti implementato (in maniera definitiva?) la prima persona, che ha permesso al team di sviluppo di adattare l’esperienza, seppur via classico controller, al visore di PlayStation, PSVR, rendendo ancor più coinvolgente e destabilizzante l’avventura nei panni di Ethan Winters.
Resident Evil 4 VR è però qualcosa di diverso, ma, lo diciamo da subito, ugualmente riuscito e convincente. Anzi, paradossalmente, è molto meglio implementato nella nuova dimensione. Come detto, è un gioco vecchio di 3 lustri, pensato per la terza persona, e fu già all’epoca pioniere di un approccio completamente nuovo, più action e frenetico e meno horror, ma non per questo meno elettrizzante. Eppure Armature, studio texano specializzato in porting e conversioni (dall’HD Collection di Metal Gear Solid per PSVita fino a Borderlands), è riuscito in un piccolo miracolo, riadattandolo egregiamente alla prima persona e alla fruizione via visore e, soprattutto, controller di movimento. Il tutto senza (troppi) sacrifici.
Ci vuole un po’ ad abituarsi però all’indossare i panni di Leon S. Kennedy, letteralmente: un conto era porsi alle sue spalle e guardarlo inermi, al massimo premendo qualche tasto, mentre si faceva strada tra orde di Ganados, mutanti, parassiti e mostri vari. Un conto è abbassare lo sguardo e vedersi addosso il suo fido coltello, una preziosa granata da lanciare quando la situazione si fa insostenibile, e le sue mani che diventano le nostre, mentre impugniamo l’arma e la ricarichiamo afferrando al volo le scarse munizioni trovate qua e là o acquistate presso l’ormai leggendario mercante. Basta la malvagia risata nel menù principale, con cui si avvia Resident Evil 4 VR, per sbiancare e immergersi totalmente nell’atmosfera, o quanto meno a capire cosa ci aspetta e no, non si tratta di certo di una passeggiata di salute.
Prima di tutto, fare un giro nel poligono di tiro: sia perché è utile, sia perché è tremendamente divertente
Il consiglio spassionato che vi diamo però è di fare un giro prima nel poligono di tiro (lo “shooting range”… già, perché manca peccaminosamente la localizzazione in italiano). Non solo perché ne avrete bisogno per prendere dimestichezza con il complicato ma realistico e soddisfacente sistema di mira, ma anche perché è tremendamente divertente. Avrete infatti, da subito e a completa disposizione, l’intero arsenale del gioco, incluse armi speciali e fuori di testa, con cui esercitarvi sparando a bersagli mobili e non, abituandovi alle unicità di ogni bocca di fuoco. Alcune più lente ma devastanti, altre rapide ma meno efficaci, con il fattore ricarica manuale che vi chiede ogni volta di simulare il gesto di afferrare delle munizioni e inserirle, oltre al numero di proiettili da tenere sempre a mente.
Il lento ma appagante shotgun, ad esempio, è molto più complesso da ricaricare di una semplice pistola, e perdere qualche secondo di troppo nel bel mezzo di un assalto di villager si tradurrà quasi sempre nella morte, o nello spreco di preziose erbe. In comune hanno sicuramente il feeling, tra la vibrazione dei Touch Controllers di Oculus Quest 2 e la precisione con cui dovrete impugnare ognuna di essere per essere sicuri di centrare il bersaglio, affidandovi all’immancabile laser quando presente.
Una volta presa confidenza, potrete darvi alla classica avventura di un tempo, riproposta nella sua interezza anche in questo Resident Evil 4 VR. Ogni sequenza di gioco, ogni ambientazione, ogni oggetto visti nella versione GameCube è al proprio posto (quindi niente sezioni con Ada, ad esempio), da vivere in prima persona, muovendo liberamente Leon tramite croce analogica o sfruttando un più pratico teletrasporto per ridurre al minimo la motion sickness, già visto e apprezzato in Skyrim VR).
Ogni sequenza di gioco, ogni ambientazione, ogni oggetto visti nella versione GameCube è al proprio posto… o quasi
A subire una limatura sono state alcune sequenze video, qui peraltro riproposte invece sullo schermo di una sorta di cavernoso cinema, dovendo per forza mantenere i filmati originali: certi dialoghi e sezioni, giudicati poco adatti al contesto odierno e figli del loro tempo, sono stati rimossi, senza però snaturare l’opera originale.
A mancare all’appello, ma decisamente più grave, era la modalità Mercenari, sorta di Time Attack Mode che ci vedeva impersonare il cast di buoni e cattivi del gioco, impegnati ad affrontare orde di nemici e di raccogliere clessidre per estendere il tempo extra di sopravvivenza in gioco. Richiesta talmente a gran voce da costringere Capcom a promette di reinserirla anche questa versione VR, probabilmente dopo averne testato e aggiustato il ritmo, vista la complessità di mantenere la medesima velocità dei classici controlli di un tempo.
Tolte queste note a margine, avrete davanti il “solito” Resident Evil 4 di un tempo, con la medesima grafica (o meglio, quella delle più recenti rimasterizzazioni), spigolosa e sgraziata nonostante la risoluzione e il framerate aumentati, ma anche la stessa malsana atmosfera, nonostante le location meno cupe rispetto ai primi 3 capitoli, gli effetti sonori ancor più convincenti mentre la realtà davanti ai nostri occhi viene distorta. C’è sempre Ashley, la figlia del presidente degli Stati Uniti, da salvare, gli umani infettati dalla Plaga al posto degli zombie di un tempo, gli iconici “¡Un forastero! … ¡Mátalo!”, preludio al lancio di un’accetta o di un irato villager.
Ancora oggi, dopo 16 anni, è ancora splendido muoversi lentamente tra i campi e le catapecchie di El Pueblo
All’epoca divise il pubblico, tra chi amava il suo mix di survival e azione, più ritmato e frenetico, e chi ne ripudiava le novità, ma la qualità di scrittura, varietà e bilanciamento era universalmente riconosciuta. E ancora oggi, dopo 16 anni, è ancora splendido muoversi lentamente tra i campi e le catapecchie di El Pueblo, tanto più indossando un visore, che rende tutto più vivido e adrenalinico, oltre che coinvolgente, permettendovi di prendere meglio la mira e di affrontare in maniera più ragionata e tattica ogni nemico, o di abusare meno della pausa e del menù prendendo ciò che vi serve direttamente dal corpo virtuale.
Per non parlare dei puzzle, ora più fisici e non più risolvibili semplicemente spremendo le meningi e premendo un semplice tasto, ma afferrando oggetti, studiandoli. E se il troppo movimento vi provoca fastidi, il gioco permette comunque di essere vissuto in maniera più pacata, a difficoltà più basse, e persino da seduti, optando per controlli più classici.
Avrà pure tre lustri sulle spalle, ma Resident Evil 4 è ancora una gemma. E lo dimostra l’egregio riadattamento in VR a cura di Armature, una garanzia quando si tratta di porting. Ma il team texano qui si è superato, traducendo in prima persona un’avventura originariamente in terza, riadattando gameplay, movimenti, controlli alla fruizione attraverso Oculus Quest 2 e i suoi precisissimi Touch Controller, donando vita nuova al capolavoro di Capcom. Manca qualche dialogo e modalità (Mercenari tornerà nei prossimi mesi), ma per il resto avrete pressoché l’intera, originale, indimenticabile avventura di Leon S. Kennedy a El Pueblo. E anche dopo averlo concluso 1, 5, 15 volte, con un visore in testa sarà come la prima volta. Anzi, meglio. |
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