L’originale Resident Evil 4, il cui remake potete ovviamente già preordinare da GameStop, è un gioco del 2005, quel periodo in cui i social network come li conosciamo oggi non esistevano e YouTube era agli inizi, mentre Blockbuster andava ancora forte. Il mio primo approccio con l’opera di Capcom è avvenuto così, con una copia del gioco in versione PlayStation 2, noleggiata proprio da Blockbuster da mio zio.
I primi momenti di Resident Evil 4 li ricordo divisi tra la paura dell’ignoto e la fascinazione per i movimenti, l’atmosfera e quella grafica così d’impatto. L’idillio sarebbe durato poco, perché il disco aveva un problema evidente: dopo il villaggio, smetteva di funzionare. Col senno di poi, interpreto la cosa come un chiaro segno di ribellione digitale, volto a non farmi giocare Resident Evil 4 nella sua versione “inferiore”. Purtroppo il caro Gamecube non ha mai sfiorato la mia vita e ho dovuto aspettare l’eccezionale edizione su Wii per continuare il viaggio.
Da allora Resident Evil 4 è arrivato un po’ ovunque, persino sul visore Meta Quest 2. L’opera di Shinji Mikami e Capcom ha avuto un grande impatto sul genere degli sparatutto in terza persona, ancor di più che sui survival horror. Un risultato incredibile, viste le origini del progetto e le sue molteplici forme scartate.
Ancora oggi è profondamente amato, nonostante i suoi eccessi, per come sia riuscito ad unire il survival horror all’action. Un’impresa che Capcom avrebbe inseguito negli anni a venire, prima con Resident Evil 5 e poi con il discutibile sesto capitolo. Questo remake tenta di fare lo stesso, proseguendo quel percorso iniziato con il remake di Resident Evil 2 nel 2019. L’hands off di qualche settimana fa era già piuttosto convincente, ma è solo con un pad tra le mani che quelle impressioni possono essere messe nero su bianco.
L’iconica traversata in macchina di Leon, insieme ai due agenti di polizia locale, ci accoglie nei primi istanti di questo nuovo (avete letto la nostra FAQ?) Resident Evil 4. Scesi dall’auto ci si accorge presto che ciò che abbiamo di fronte è un po’ diverso dal 2005, e non solo per l’importante ammodernamento grafico. Leon giunge ad una baita dall’aspetto decadente e dall’aria ben poco accogliente. La dimora è più grande dell’originale, e i dettagli al suo interno sono molteplici, alcuni dei quali anche interattivi. Il percorso che ci porta al primo contatto con uno degli infetti è familiare, ma anche diverso. Se avete giocato la Chainsaw demo, sapete a cosa mi riferisco.
Resident Evil 4 Remake non perde tempo a farci capire che non stiamo giocando allo stesso gioco del 2005, almeno non del tutto. Nell’arco delle venti ore richieste per completarlo, con la dovuta calma, l’opera decide di sovvertire le aspettative del giocatore in più punti. Ma soprattutto, in modi differenti. Resident Evil 4 Remake è un’opera che differisce dall’originale in ogni suo aspetto, ma mai nel macroscopico. Tende a farlo nei dettagli, in quegli aspetti che più fanno sentire il peso del tempo alla versione del 2005. Questo avviene sia in termini narrativi, che di gameplay e anche per come viene scandito il ritmo di gioco attraverso i sedici capitoli presenti.
La missione per conto del presidente degli Stati Uniti non inizia nel migliore dei modi per Leon, che si ritrova presto invischiato in qualcosa di più grande di lui. Dopo 6 anni da quel primo giorno di lavoro a Raccoon City, è chiaro che la scomparsa della figlia del capo di stato nasconde ben altro. Niente Barceloneta o tapas per questo inusuale erasmus, ma una fitta rete di boschi e mormorii disturbanti. Così inizia il nostro viaggio nel mondo del survival horror spagnolo, che con grande celerità dimostra fin da subito le sue novità.
L’arrivo al villaggio dei Ganados è il banco di prova perfetto. I movimenti di Leon sono fluidi ma anche goffi, quasi a replicare i controlli tank dell’originale del 2005. La sensazione è che Capcom volesse dare al giocatore pieno controllo del personaggio e delle sue azioni, rallentandone in qualche modo i tempi di reazione. La mancata presenza di una schivata, come quella di Jill nel remake del terzo capitolo, rende estremamente pericolosa l’eventualità di essere accerchiati dai nemici. Forse i puristi non apprezzeranno i controlli di questo remake, ma è un compromesso che ho trovato sensato legato al tipo di esperienza offerta. Certo è che la mancanza di una schivata si fa sentire in diverse sezioni, ma parata e montanti bilanciano a sufficienza questo deficit.
Resident Evil 4 è ancora incredibile, e quasi vent’anni dopo lo è ancora di più
La caotica orda del villaggio vuole insegnarci queste basi, gettandoci in un’azione ancora più violenta e intensa che in passato. Gli infetti, i Ganados, sono più aggressivi, e si lanciano in prese, attacchi dalla distanza, o imbracciano i forconi per pericolose cariche. Se nell’originale il ritmo di gioco era chiaramente tarato per quel tipo di esperienza, qui Capcom ha deciso di bilanciare la maggiore aggressività dei nemici con un’importante novità: la parata. Leon potrà parare molteplici attacchi, con il giusto tempismo, a patto di avere con sé un coltello. Questa meccanica può apparire superflua, ma si rivelerà fin da subito fondamentale. È il nostro strumento di evasione prediletto, permettendoci persino di sfuggire ad una presa mortale o di attaccare di soppiatto dei nemici inermi.
Il livello di dinamicità di Resident Evil 4 Remake non passa solo attraverso il coltello, che andrà anche riparato in caso di eccessiva usura, ma anche in un rinnovato elemento stealth. Quest’ultimo era del tutto assente nell’originale, e qui si pone come una scelta ulteriore data al giocatore. Sia ben chiaro, Resident Evil 4 continua a porre enfasi sull’uso delle armi e sull’aggressione diretta, ma in più di un’occasione ho potuto sfoltire i ranghi nemici di soppiatto, aumentando le mie chance di sopravvivenza. Certo non manca qualche inciampo, con un’intelligenza artificiale non sempre particolarmente sveglia. Capita di ritrovarsi qualche bella statuina davanti, ogni tanto. Non ho particolarmente apprezzato, in un paio di occasioni, la sensazione di essere stato attaccato da nemici apparsi un po’ dal nulla. Disonesto, ma fortunatamente è un problema che ho riscontrato solo nel villaggio.
Resident Evil 4 Remake è un survival horror, e il suo animo action non dovrebbe sminuire ciò che questo significa per l’esperienza. Si spara molto, si para con il coltello e il buon Leon può ancora esibirsi in appariscenti montanti sui nemici storditi. Il tutto però è al servizio di un’esperienza intensa, che dà al giocatore degli strumenti per sopravvivere, ma senza mai stendere il proverbiale tappeto rosso. In questo è vicino all’esperienza del 2005, riuscendo ad offrire un loop di gameplay meccanicamente soddisfacente. La fisicità dei colpi delle armi, l’uso del coltello, gli oggetti e le pesetas (la valuta di gioco) rilasciati dai nemici sconfitti, da investire poi dal Mercante per migliorare l’equipaggiamento. Il gioco continua a parlare quella lingua, anche se con una veste grafica notevolmente migliorata e diversi cambiamenti strutturali.
Questo remake è puro distillato di Resident Evil 4, un concentrato di tutto il meglio che questo capitolo può dare
L’originale era infatti piuttosto segmentato, con diversi capitoli spezzati in più sezioni di gioco. Questo Resident Evil 4 appare più uniforme, rendendo la progressione fluida e meno legata alle logiche da “livello” dell’originale. Il tutto anche grazie ad un lavoro sugli ambienti eccellente. Il level design invita all’esplorazione, inserendo diversi elementi d’interesse aggiuntivi, stimolando il backtracking. Le mappe sono state riviste e, in diversi casi, ampliate. A tal proposito funziona molto bene l’idea di dare a Leon delle attività secondarie da completare, del tutto opzionali, attraverso dei fogli blu trovabili in ogni capitolo.
L’idea è ottima, sia come incentivo all’esplorazione che come diversivo dalle vicende principali. Allo stesso tempo, la varietà di queste richieste è un po’ deludente, sorprendendo in poche occasioni, proprio quando la loro natura di attività extra viene sfruttata appieno.
Nel ricostruire le fondamenta che hanno reso grande Resident Evil 4, Capcom ha deciso di arricchirle con elementi e accorgimenti che rendessero l’esperienza più moderna. Non ha solo proceduto per addizione, perché questo remake porta con sé anche diversi tagli rispetto all’originale. Resident Evil 4 si ritrova alleggerito di alcune sezioni e passaggi particolarmente inutili o frustranti, così come arricchito di dettagli o elementi in altre. Questo remake è puro distillato di Resident Evil 4, un concentrato di tutto il meglio che questo capitolo possa dare. Immaginiamo il team di Capcom, director e producer annessi, armato di alambicchi di varia grandezza, pronti a distillare la miscela più pura possibile.
Questa operazione la si nota nel modo in cui è stata gestita Ashley, la figlia del presidente. Scordatevi i bidoni in cui abbandonarla, o costanti grida di aiuto a interrompere la vostra corsa per la sopravvivenza. Ora i comandi a lei assegnabili sono solamente due: uno per farla stare vicino a noi, l’altro per farla leggermente distanziare, utile soprattutto durante gli assalti nemici. In caso di danno basterà avvicinarsi e aiutarla per rimettere a posto la situazione, senza la necessità di gestire i suoi punti salute. Nel momento della sua cattura, l’interfaccia ci mostrerà quanto tempo abbiamo per salvarla. L’esperienza ne giova in termini di ritmo e leggibilità, anche grazie ad elementi distintivi nell’interfaccia sempre chiari e mai invasivi.
A giovarne però è anche la narrazione, perché il rapporto con lei risulta essere più piacevole, con una scrittura che enfatizza in modo convincente l’evoluzione della ragazza nell’incubo che sta vivendo. Non ci è permesso andare nel dettaglio degli elementi più succosi, ma tutta l’operazione rende Resident Evil 4 più credibile a livello narrativo rispetto al passato. Non mancano le battutacce di Leon o le esuberanti sparate di Louis, ma il tutto viene inserito in una cornice meno tendente all’assurdo, più realistica e con un tono meno caricaturale.
A giovarne è anche la messinscena, che grazie all’ottimo lavoro svolto da Capcom, rende Resident Evil 4 pregno di atmosfera in ogni suo ambiente. Su PS5 l’impatto è davvero sontuoso, anche in modalità prestazioni con ray tracing attivato. Quest’ultimo non aggiunge particolare valore al colpo d’occhio, e anzi in qualche stanza ha generato qualche cambio repentino di illuminazione non proprio piacevole. In generale, pur essendo ancora una volta cross-gen, Resident Evil 4 mostra gli ulteriori prodigi del RE engine, soprattutto nell’illuminazione. Ad impreziosire l’esperienza è più che altro la direzione artistica, più coerente dell’originale, anche nel design di diversi nemici e negli ambienti delle varie zone che esplorerete.
Resident Evil 4 è un grande remake di un’opera fondamentale per il genere a cui appartiene (e non solo). La sua forza sta nell’aver esasperato gli elementi migliori dell’originale, cercando il più possibile di affinare o eliminare gli eccessi o i problemi che lo caratterizzavano. In questo senso è un remake perfetto, perché non vuole agire per sostituzione, ma offre una nuova visione a quel gioco che gli appassionati tanto amano, e tanto hanno amato. Resident Evil 4 Remake è un ottimo survival horror, che riesce a bilanciare la sua anima action con una tensione costante, una maggiore aggressività dei nemici e un’atmosfera davvero eccellente. Il loop di gameplay resta fantastico anche in questa nuova veste, impreziosito da elementi stealth e da un maggior utilizzo del coltello, adoperabile per deflettere i colpi nemici o scampare a prese mortali. Gli accorgimenti si estendono anche ad Ashley, il personaggio da scortare in diverse sezioni di gioco. L’esperienza è ora più fluida e meno frustrante, ed esorta all’esplorazione come mai prima d’ora. Resident Evil 4 in questo è molto vicino a Village, offrendo al giocatore più ficcanaso qualcosa per ripagare il suo girovagare. Non è del tutto a fuoco, ma è comunque interessante. Resident Evil 4 è ancora incredibile, e quasi vent’anni dopo lo è ancora di più. |