Return of the Obra Dinn – Recensione

Gli ultimi anni hanno visto gli open world affermarsi come genere tout court ma, sopratutto, come genere rappresentativo della nuova generazione di macchine da gioco: grazie infatti ad una potenza computazionale fuori dall’ordinario gli sviluppatori hanno potuto trasformare le loro visioni, un tempo irrealizzabili, in dinamiche di gameplay implementate in tutti gli ultimi AAA usciti sul mercato. Giochi come Just Cause, Grand Theft Auto, Assassin’s Creed hanno regalato, infatti, con il progredire degli anni (e della tecnologia) una sempre maggiore libertà di azione ai videogiocatori e capolavori quali Red Dead Redemption 2 rappresentano la sublimazione di questa attitudine: libertà fatta gameplay. Mentre tutto il mercato si è spostato (e continua a spostarsi) in questa direzione, Lucas Pope, creatore e sviluppatore di Return of the Obra Dinn, ha preferito muoversi in direzione ostinata e contraria arrivando a contrapporsi diametralmente a tutto quello affermato tanto da me, quanto da anni di evoluzione del mercato, fino ad ora.

Lucas Pope ha preso infatti la struttura di una avventura grafica qualsiasi, limandola da qualsiasi fronzolo e spolpandola fino al midollo, sottraendo ogni qualsiasi azione accessoria e livellando il tutto alla essenzialità più assoluta: dove i blockbuster cercano libertà di azione, lui impone linearità, schematizzando e riducendo il gameplay a pura narrazione, di cui noi dovremo essere raccordo ed interpreti: funzionerà, a 2019 oramai alle porte, una struttura videoludica così scheletrica? Scopriamolo insieme!

La Obra Dinn, un cargo mercantile trasportante ben 200 tonnellate di merce di vario genere, lascia nel 1802 il porto di Londra diretto, con tutto il suo carico, verso le Indie orientali. Sei mesi dopo, però, la Obra Dinn non fa tappa a Capo di Buona Speranza per il transito previsto e, dopo giorni e giorni di ricerche, viene dichiarata scomparsa o, forse, inghiottita dalle acque marine. Quattro anni dopo, la mattina del 14 Ottobre 1807, l’Obra Dinn fa inspiegabilmente ritorno nel porto di Falmouth, nel sud dell’Inghilterra, visibilmente danneggiato e senza traccia apparente della ciurma a bordo.

Nei panni di un investigatore della Compagnia delle Indie Orientali, partiremo da Londra alla volta di Falmouth, per recarci sulla Obra Dinn e per provare a scoprire cosa ha causato questa misteriosa sparizione e un ancor più inusuale ritorno. Armati di un diario di bordo suddiviso in capitoli, di una matita e di una inedita bussola, capace di riportarci indietro nel tempo, nel momento esatto della morte di ciascuno dei membri dell’equipaggio, starà a noi far luce sui drammatici eventi che hanno fatalmente segnato l’evoluzione e la fine dell’ultimo viaggio dell’Obra Dinn. Questa la premessa narrativa che ci permetterà, con la scusa di semplici dinamiche investigative utili per rapportare alla Compagnia delle Indie Orientali il numero dei danni, di discendere lentamente all’interno della follia umana, alla scoperta degli eventi chiave e delle tragedie che segnarono il destino della Obra Dinn.

La parola d’ordine sarà “deduzione”

Appena a bordo ci imbatteremo in un cadavere, oramai decomposto, sul ponte della nave: grazie alla bussola in dotazione torneremo nel momento immediatamente precedente la sua morte riuscendo ad esaminare, potendo “camminare” nel fermo immagine a noi apparso, e potendo così scoprire tanto l’autore del crimine, quanto le persone che erano presenti al momento del tragico evento. Così facendo potremo esaminare, una volta tornati nel presente, l’ambiente circostante alla ricerca di ulteriori cadaveri/indizi utili a ricostruire, mediante una interessante narrazione non lineare, contorta e conturbante, nome, modalità della morte ed eventuale autore del crimine che ha posto fine alla vita di ciascuno dei sessanta membri dell’equipaggio. Ed è qui che Return of the Obra Dinn mostra il suo lato “bastardo”: la parola d’ordine sarà deduzione.

Nessun aiuto, infatti, verrà dato a noi giocatori, che saremo portati, mediante un ingente sforzo mnemonico e, per l’appunto, deduttivo, a mettere insieme i pezzi del puzzle per creare un quadro di insieme, a nostro modo di vedere, accettabile: saremo lasciati liberi di sbagliare senza che Return of the Obra Dinn ci dia indicazioni a riguardo e avremo conferma (o meno) della giustezza delle nostre deduzioni solo dopo aver messo insieme tre ricostruzioni complete (nome, causa della morte, autore dell’eventuale omicidio). Per andare avanti nella storia e giungere dunque alle fasi finali, dovremo tornare spesso e volentieri indietro e rivedere altri spezzoni relativi ad altri decessi, al fine di ottenere indizi sotto forma di dialoghi, dettagli o particolari che ci rendano possibile una corretta ricostruzione dei molti misteri cui ci troveremo davanti. Ad ogni mistero risolto corrisponderà il riempimento di una determinata sezione nel diario di bordo, sezione la cui consultazione potrà darci ulteriore spunti per giungere al termine dei ben dieci capitoli in cui la narrazione è divisa o, meglio, frammentata: il graduale e difficile progresso nella trama imbastita da Lucas Pope rappresenterà una immensa gratificazione per i giocatori, che avranno così prova tanto della loro intelligenza quanto delle loro capacità deduttive/investigative, al punto da far considerare, e a ragione direi, Return of the Obra Dinn come uno dei migliori giochi di investigazione disponibili sul mercato.

Sarebbe riduttivo dire che il comparto artistico (grafico-sonoro) di Return of the Obra Dinn brilli di luce propria: tanto in campo grafico, quanto in campo sonoro, Return of the Obra Dinn eccelle sotto ogni punto di vista. La scelta di uno stile grafico retrò, ultra-minimalista, ben si adatta alla atmosfera del gioco e allo schematismo-linearismo di gameplay strutturato da Pope quale tara distintiva del suo secondogenito. Return of the Obra Dinn viene, inoltre, impreziosito, persino dal menu delle impostazioni grafiche, grazie al quale potremmo selezionare un numero di monitor risalenti all’età aurea dello sviluppo PC (fine anni ’70-inizio anni ’80): tra monitor monocromatici e a fosfori verdi o arancioni, l’effetto nostalgia, anche per chi, come me, ha vissuto solo di riflesso gli ultimi vagiti di quell’era, è assicurato.

Tale splendore grafico, atipico in una era in cui la corsa al milionesimo poligono per defire meglio il sopracciglio del protagonista di turno, rappresenta il debito complemento artistico ad un gioco che fa dell’essenzialità il suo marchio genetico. Parimenti il comparto sonoro, le cui sonorità paiono uscite pari pari da una gracchiante scheda AdLib di inizio anni ’90, si attesta su livelli di eccellenza, non risultando mai invadente, accompagnando sinteticamente e sporadicamente le fasi della narrazione, con ogni suono che risulta essere essenziale e fondamentale per la risoluzione dei misteri che, volta dopo volta, ci troveremo ad affrontare.

Conclusioni

Return of the Obra Dinn rappresenta il ritorno di Lucas Pope al mondo del gaming dopo il successo di Papers Please e, lasciatecelo dire, che ritorno!

Il novello Re Mida del gaming plasma un prodotto essenziale, schematico e old school in perfetta contrapposizione ai principali AAA degli ultimi anni, un prodotto che trasforma la sua essenzialità in unicità, arrivando ad eccellere in ciò che fa, mettendoci a disposizione (a mio parere) il miglior gioco di investigazione mai creato per PC.

Return of the Obra Dinn non è un gioco per tutti, non vuole essere un gioco per tutti e si vanta di questo suo “limite” portandolo alla sua massima evoluzione, riuscendo tanto a generare assuefazione o un completo rifiuto da parte dei giocatori.

Non un elemento di Return of the Obra Dinn è fuori posto: tanto la grafica, quanto la linearità del gameplay e anche la schematicità del comparto sonoro rendono l’ultima fatica di Lucas Pope un gioco che chiunque dovrebbe giocare, per prendere appunti su narrazione non lineare ed immersività, possibili anche togliendo libertà di azione al giocatore.

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