News 28 Ago 2014

Risen 3: Titan Lords – Recensione

I ragazzi di Piranha Bytes, autori di quella che un tempo fu la rivoluzione dei GDR classici (soffiando alla moribonda serie di Ultima un grande numero di fan), provano a rinverdire i fasti della serie Gothic, della quale han perso i diritti, con quello che dovrebbe esserne, a tutti gli effetti, l’erede spirituale.

Dopo un primo episodio dannatamente hardcore-gamer-oriented ed un secondo molto più “commerciale”, scelta che portò una vagonata di critiche da parte della fanbase, lo sviluppatore tedesco prova a trovare la quadratura del cerchio proponendoci un terzo episodio che funga da ponte, in termini di impostazione, tra i primi due cercando di proporre il giusto bilanciamento tra l’ottica ruolistica dura e pura, marchio epistemiologico della serie, e quelle esigenze commerciali che, sempre più incombenti in un universo dominato da produzioni tripla A, hanno portato a snaturare l’essenza stessa di questo franchise.

Sarà dunque riuscita Piranha Bytes nel suo intento o ci troviamo davanti ad un ennesimo, pericolosissimo, passo falso? Scopriamolo insieme…

Abbandonato l’anonimo protagonista dei due precedenti episodi, questa volta ci troveremo ad impersonare il figlio del pirata Silverbeard (Barba Argentata nella inappropriata traduzione italiana) alla ricerca di quello che potrebbe essere, stando a quanto narrato dalle leggende, uno dei tesori più grandi di tutti i tempi. Nel corso della sua ricerca si imbatte in un misterioso portale, soccombendo sotto i colpi di un signore oscuro e perdendo la vita per sua mano: seppellito ed abbandonato dai suoi compagni, viene resuscitato da Bones, un indigeno che, tempo addietro, aveva subito la sua stessa sorte.

Di nuovo in vita, ma privato però della sua anima, inizia dunque il viaggio per i sette mari alla ricerca di sciamani, maghi ed altri personaggi che possano aiutarlo a recuperare la sua essenza vitale, prima che la stessa venga assorbita completamente dal regno delle tenebre, trasformandolo in un non-morto al soldo dei signori delle ombre. Così facendo il nostro protagonista sarà costretto ad affiliarsi alla fazione dei Guardiani o a quella dei cacciatori prediligendo, rispettivamente, magia o fisicità nell’approccio bellico verso i nemici che, volta dopo volta, incontrerà sul suo cammino: la scelta dell’uno o dell’altro schieramento porterà inoltre ad un raffinamento dello stile di gioco ampliando, e di molto anche, il novero delle “mosse” a disposizione del nostro alter-ego digitale.

Seppure banale, la trama non fatica ad ingranare ed a coinvolgerci nel vasto mondo di gioco di Risen 3: sarà infatti possibile approcciarsi agli eventi in modi completamente diversi l’uno dall’altro. Potremo scegliere di usare la forza bruta, di utilizzare le arti oratorie (ove debitamente sviluppate), di adoperarci in sottrazioni mirate di beni mediante l’arte del furto (ove abbastanza skillati) o intimidendo (ove possibile) l’NPC di turno. Well done, Piranha Bytes.

Discorso a parte merita il mondo di gioco: Risen 3 può essere definito infatti un “micro-open world Action-RPG”. Improntato a dinamiche tipiche dei più blasonati giochi di ruolo open world (chi ha detto Skyrim?), difetta però della dispersività del titolo made in Bethesda risultando, seppure solo in parte, limitato ma facilmente accessibile anche ai meno dotati di senso dell’orientamento. Ciononostante il mondo di gioco è stato sapientemente riempito di personaggi e di quest/sotto-quest che ci terranno piacevolmente impegnati per decine e decine di ore, qualora si decidesse di dedicarsi anima e corpo alla risoluzione dei problemi che affliggono la popolazione.

A dispetto della sopraccitata limitatezza dimensionale, che non va però ad inficiare la validità dell’esperienza di gioco, duole osservare la poca cura riposta nell’ottimizzazione delle superfici di gioco: compenetrazioni poligonali, compresenza nella stessa posizione di più oggetti (con conseguente difficoltà a realizzare l’interazione desiderata) ed una errata valutazione degli spazi occupabili (molto spesso sarà possibile camminare al di fuori dell’area di gioco senza precipitare) vanno a diminuire sensibilmente la validità/godibilità del gameplay, riportando in auge problemi presenti sin dai tempi di Gothic, elemento sintomatico di una produzione a basso budget e, comunque, tecnologicamente non al passo con i tempi.

Se a ciò aggiungiamo una telecamera a dir poco ballerina e un sistema di attacchi funzionale ma, in certi casi, approssimativo, ci troviamo davanti ad un fritto misto sì gradevole ma, in qualche modo, spurio e non di prima categoria.

Il combat system, punto nevralgico di ogni Action-RPG che si rispetti, è croce e delizia insieme di questo Risen 3: non discostandosi di molto, eccezion fatta per l’inserimento della schivata, da quello del diretto predecessore, porta con sé tutti i pregi ed i relativi difetti già rilevati in Risen 2.

All’endemica immediatezza dello stesso corrisponde infatti una approssimazione nell’esecuzione degli attacchi che, se in parte è dovuta ai problemi fisici di cui sopra (gestione dello spazio – telecamera), dall’altra è frutto dell’eccessiva legnosità del sistema di controllo che, il più delle volte, non ci farà mettere a segno un colpo abbondantemente caricato, ponendoci così alla mercé degli attacchi nemici. Per lo stesso motivo è arduo temporizzare debitamente una qualsiasi parata o tentativo di schivata: solo l’acquisizione dell’abilità avanzata di contrattacco ci permetterà, comunque dopo una cospicua dose di allenamento (leggasi “legnate prese senza ritegno alcuno”…), di sfruttare i nei del battle system a nostro vantaggio.

L’utilizzo della tastiera renderà ardua la pronta esecuzione delle schivate: a tal proposito sarà possibile configurare un qualsiasi pad (ho utilizzato egregiamente quello della Xbox 360) per trarre il meglio da questo controverso Action-RPG made in Piranha Bytes. Sfortunatamente questa seconda opzione, utilissima nel caso in cui si optasse per la fazione dei Cacciatori (netta predominanza degli attacchi fisici rispetto agli interventi magici), risulta essere a dir poco inappropriata  nel caso si prediligesse l’approccio di fino (utilizzo delle arti magiche) tipico della fazione dei Guardiani, trovandoci costretti a continue sessioni di “pseudo-pausa” adibite alla scelta della magia da lanciare volta dopo volta.

Che si scelga di affiliarsi all’una o all’altra fazione, ogni azione eseguita correttamente (che si tratti della risoluzione di una quest primaria o secondaria o dell’uccisione di un nemico) ci vedrà assegnati un determinato numero di Punti Gloria, spendibili per aumentare le skill del nostro alter-ego virtuale e, corrispondentemente, ciascuna caratteristica direttamente correlata (ed interdipendente) alle stesse. In aggiunta a ciò è stato studiato un sistema di evoluzione “morale” che ci permetterà di guadagnare (o perdere, in caso di azione negativa) Punti Anima grazie ai quali sottrarre (o avvicinare) la nostra essenza spirituale al mondo delle tenebre: un numero troppo elevato di azioni negative si tradurrebbe in un sistematico Game Over nelle fasi avanzate del gioco, in cui ci troveremo a combattere per la nostra salvezza con gli stessi Signori delle Ombre.

Il processo di semplificazione cui il primo Risen è stato sottoposto è evidente anche in questo terzo capitolo: rubare dall’abitazione di un NPC o forzare la serratura di un baule farà impugnare le armi al personaggio defraudato dei beni ma basterà sconfiggerlo per far tornare tutto alla normalità, con lo stesso mal disposto nei nostri confronti ma sempre pronto a rispondere alle nostre domande. Anche nel caso di una sconfitta, raramente vedremo comparire la scritta Game Over: il tutto si ridurrà ad una ramanzina da parte del nostro mazzolatore ma potremo, in modo del tutto inspiegabile, trattenere tutti gli oggetti sottratti allo stesso, vedendoci applicati solo i malus relativi ai punti anima di cui sopra…

Il motore grafico, diretta evoluzione di quello del secondo capitolo, svolge egregiamente il suo compito pur non facendo mai gridare, a causa di palesi limiti tecnici, al miracolo. La lussureggiante vegetazione tropicale, già vista in Risen 2, ritorna più vivace e dettagliata che mai: lo stesso livello di cura non è stato purtroppo riservato alla modellazione dei personaggi e dei nemici che via via incontreremo durante il nostro cammino.

Il livello poligonale e quello delle textures evidenziano una arretratezza tecnologica a dir poco imbarazzante nel 2014, visto anche che la versione PC da noi provata non brilla per qualità realizzativa, pur con tutti i dettagli settati al massimo e una risoluzione di 1920×1080. Di certo il gioco si lascia godere e giocare ma non possiamo sicuramente parlare di una produzione con i fiocchi.

Il comparto musicale ci delizia invece con melodie che, pur nella loro semplicità, ben si adattano alle atmosfere caraibiche proposteci da Risen 3; buono il livello del doppiaggio ed imbarazzante, invece, quello relativo agli effetti sonori, mai credibili o verosimili.

In conclusione…

Piranha Bytes con Risen 3 riesce solo in parte nell’originario intento di riportare la saga ai fasti dei primi Gothic.

Ad una trama tutto sommato accettabile e ad un mondo di gioco “mini-open world” accattivante e dotato di un lussureggiante fascino tropicale, si uniscono purtroppo una giocabilità minata da un combat system tutt’altro che perfetto ed un motore di gioco arretrato di almeno una generazione.

Risen 3 si lascia giocare a causa di una evidente immediatezza che permetterà a chiunque di addentrarsi senza difficoltà nel mondo di gioco: un sistema di progressione troppo elementare e una quasi totale mancanza di personalizzazioni tipicamente ruolistiche rendono però questo gioco sì godibile, ma dotato di un basso livello di sfida per i player più smaliziati. 

Ciononostante mi sento di consigliare il gioco a tutti gli amanti degli Action-RPG “old-school” (i quali possono tranquillamente aggiungere mezzo punto al voto): se saprete chiudere gli occhi su una realizzazione tecnica tutt’altro che ineccepibile potreste trovarvi tra le mani un appetitoso antipasto da gustare in attesa di The Witcher 3: The Wild Hunt o, perché no, di Dragon Age: Inquisition.

VOTO: 7/10

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