Sulle note del celebre tema orchestrato di Robocop, composto magistralmente da Basil Poledouris, si apre questa mia recensione di Robocop: Rogue City, il nuovo titolo pubblicato da Nacon e sviluppato da Teyon sotto licenza. Robocop, un’icona cinematografica che ha affascinato generazioni con la sua combinazione di dark humor e ambientazione cyberpunk, rappresenta una figura memorabile, tanto per chi è cresciuto con il film originale di Paul Verhoeven quanto per chi ha scoperto il fascino di questo “poliziotto del futuro” in seguito.
Ricordo con chiarezza quanto il Robocop interpretato da Peter Weller sia stato uno degli eroi della mia infanzia. Quell’ibrido tra uomo e macchina, il suo senso della giustizia in un mondo distorto, l’armatura metallica scintillante, e persino la voce metallica: tutti fattori che hanno reso Robocop un’icona cult che è rimasta impressa nella memoria di molti. Pertanto, quando mi sono trovato di fronte a Robocop: Rogue City, non ho potuto fare a meno di provare un mix di emozioni contrastanti.
È un fatto innegabile che Teyon, lo sviluppatore polacco autore di “Terminator: Resistance,” abbia messo in questo gioco un’enorme quantità di passione e rispetto per la fonte di ispirazione. Tuttavia, non posso fare a meno di notare alcune carenze significative a livello tecnico che si riflettono in una giocabilità altalenante. In questa recensione, esploreremo in dettaglio gli alti e bassi di Robocop: Rogue City per scoprire se questo titolo riesce a catturare l’anima del cyborg leggendario nonostante le sue imperfezioni.
Robocop: Rogue City ci piazza in un punto temporale piuttosto particolare all’interno della cronologia di Robocop, collocandosi tra i film “Robocop 2” e “Robocop 3”. Questa scelta temporale è al contempo audace e preoccupante, poiché sicuramente offre ai fan una nuova finestra nel mondo di Detroit in cui il nostro poliziotto cibernetico combatte il crimine, ma allo stesso tempo si piazza prima di due discussi sequel che di certo non brillano particolarmente. Comunque sia, la storia di Rogue City è totalmente originale, eppure riesce a mantenere quell’atmosfera decadente e violenta che caratterizza l’universo di Robocop.
Per iniziare, devo menzionare la cura con cui sono state ricreate le ambientazioni. Dagli interni della centrale di polizia alle scene in cui Murphy esce in pattuglia per ripristinare l’ordine, ho avuto l’impressione di trovarmi all’interno degli scenari originali dei film. Questa meticolosa ricostruzione dei set cinematografici merita un elogio per la sua autenticità, e siamo sicuramente di fronte a un lavoro ben fatto da parte degli sviluppatori. Tuttavia è un particolare che noteranno solo i/le veri/e appassionati/e di Robocop, e non influenza in alcun modo il gameplay.
Un altro punto che sarà sicuramente molto gradito agli/alle fan di Robocop è il ritorno di Peter Weller come voce del protagonista. Weller, che ha interpretato Robocop nei primi due film, riesce a dare al personaggio un’anima autentica e inconfondibile. La sua performance vocale contribuisce notevolmente all’autenticità complessiva di questo nuovo capitolo, in un modo che potrebbe far sorridere gli affezionati e affezionate fan e appassionati/e della saga. Sin dalle prime battute del gioco, è chiaro quanto Robocop: Rogue City cerchi di collocarsi come un degno seguito della serie cinematografica, quasi fosse un mai realizzato Robocop 4 (no, il remake del 2014 non conta) e questi dettagli sono un affettuoso omaggio a ciò che è stato in cellulosa e che ora è in pixel.
Inserire la storia di Robocop: Rogue City dopo gli eventi del secondo film cinematografico è un’accortezza narrativa che offre al gioco una giustificazione convincente per esplorare temi familiari e iconici della saga. L’uso della pericolosa droga sintetica chiamata “nuke,” originariamente associata al temibile Cain in “Robocop 2,” aggiunge un elemento di continuità al mondo di Robocop e la sua presenza nelle mani dei Torch Heads – una gang di delinquenti punk assassini – crea una minaccia che richiama direttamente le radici oscure e violente della serie.
Il gioco ha un’anima autentica e inconfondibile
Il nuovo antagonista, semplicemente soprannominato “Quello nuovo” (“The New Guy”), aggiunge almeno inizialmente un po’ di mistero, oltre a un tocco di umorismo oscuro, tipico della serie. Ribadisco ancora una volta poi che l’intero gioco sembra essere un omaggio carico d’amore all’universo di Robocop, con la comparsa di personaggi noti ai fan come Anne Lewis, la collega di Murphy, e il sergente Warren Reed. L’attenzione ai dettagli nelle sembianze dei personaggi, che richiamano gli attori Nancy Allen e Robert DoQui, conferisce autenticità al mondo di gioco, trasportandoci nel cuore dell’azione con il suo carico di humor nero e macabro che caratterizzava il primo film di Paul Verhoeven. Senza dubbio la trama di Robocop: Rogue City è il maggior punto di forza della produzione Teyon, e riesce a mantenere intatta l’atmosfera e l’umorismo dell’originale.
Il gameplay di Robocop: Rogue City si distingue dagli atri shooter per la sensazione di potenza inarrestabile che sentiamo mentre muoviamo i pesanti passi del nostro Robo in giro per la città. Sostanzialmente, Robocop appare come un vero e proprio carro armato su due gambe. La sua agilità è limitata, e non si tratta certo di un esperto nel parkour, ma la sua forza devastante e la capacità di infliggere danni significativi si fanno sentire. Robocop può afferrare i nemici e utilizzarli come proiettili umani, lanciandoli l’uno contro l’altro o attraverso finestre, creando una dinamica di combattimento che riflette perfettamente la sua natura lenta e implacabile.
Le interazioni ambientali contribuiscono a rendere il combattimento ancora più appagante: sparare a taniche di benzina può causare spettacolari esplosioni, mentre la possibilità di afferrare oggetti come sedie o monitor CRT e lanciarli contro i malviventi offre un tocco di creatività nei combattimenti.
La trama di Robocop: Rogue City è il maggior punto di forza della produzione Teyon
Ma ciò che mi ha stupito in Robocop: Rogue City sono gli elementi da gioco di ruolo. Invece di seguire una semplice sequenza di missioni, il giocatore ha la libertà di esplorare liberamente delle parti di Detroit, interagire con i cittadini e i colleghi poliziotti, e accumulare nuove missioni e incarichi da risolvere. Questo include persino la possibilità di infliggere multe ai veicoli in divieto di sosta, un tocco di realismo sorprendente. L’introduzione di un albero delle abilità con otto voci diverse, che vanno ben oltre i tradizionali aspetti da shooter, offre al giocatore la possibilità di personalizzare Robocop in vari modi, dai valori classici come combattimento e corazza a quelli più orientati al dialogo e all’indagine, come concentrazione, deduzione e psicologia. Questo sistema di progressione conferisce al gioco una profondità e una varietà sorprendenti (per un gioco di Robocop!), incoraggiando i giocatori e le giocatrici a esplorare tutti gli aspetti del personaggio di Alex Murphy/Robocop.
Tuttavia, una pecca significativa in Robocop: Rogue City risiede nell’intelligenza artificiale dei nemici, che spesso non riesce a reggere il confronto con il comparto narrativo del gioco. Sebbene vi siano momenti in cui l’uso del bullet time può conferire peso alle azioni dei cattivi, come impedire loro di uccidere ostaggi, il comportamento degli avversari spesso manca di creatività e varietà. Questo può rendere gli scontri meno coinvolgenti e talvolta prevedibili, sfumando leggermente l’esperienza di gioco.
Comunque sia, al termine di ogni missione importante, il nostro rendimento viene valutato con un giudizio espresso in lettere, aggiungendo una (leggera) motivazione alla rigiocabilità e alla volontà di migliorare continuamente le proprie abilità da cyberpoliziotto.
Purtroppo, passiamo ora al punto più critico di questa produzione, ovvero il comparto tecnico, che, va detto, lascia a desiderare in diverse aree.
Il gioco soffre di carenze significative a livello tecnico
Il comparto tecnico di Robocop: Rogue City purtroppo presenta numerosi problemi, almeno al momento della stesura di questa recensione, poiché l’esperienza potrebbe essere lievemente diversa dopo la patch day one. È difficile non notare la varietà di inconvenienti che affliggono il gioco. Si verificano spiacevoli compenetrazioni poligonali in situazioni che dovrebbero essere fluide, mentre i glitch occasionali possono causare la scomparsa improvvisa dei personaggi, rompendo l’immersione in modi piuttosto bizzarri.
Molte texture, quando effettivamente si caricano, spesso appaiono scialbe e poco dettagliate, mentre le cutscene a volte sembrano spezzate, con dialoghi che non collimano con l’azione. Non da meno sono i cali di framerate, che si fanno talmente evidenti da rendere alcune cutscene a malapena godibili. Questi problemi si manifestano persino sulla versione per PS5, un fatto che solleva interrogativi sullo stato di completamento del gioco al momento del rilascio.
È davvero un peccato che i problemi tecnici offuschino l’esperienza, perché Robocop: Rogue City è riuscito a catturare in modo sorprendente l’essenza dell’universo di Robocop, portando la celebre figura di Alex Murphy in maniera credibile nel mondo videoludico. La fedeltà alla fonte originale è encomiabile, ma è difficile godere appieno del gioco quando è infestato da così tanti difetti tecnici. Il potenziale è palpabile, ma sarebbe stato necessario più tempo e sforzi nella fase di polishing per far emergere la gemma grezza nascosta sotto la superficie.
Conclusioni
Robocop: Rogue City si trova in una sorta di paradosso, incastonato tra il suo cuore appassionato, l’omaggio al leggendario cyborg di Detroit e la sua realizzazione tecnica piuttosto carente. Mentre è indubbiamente un’ode affettuosa all’universo di Robocop, una vera e propria celebrazione dei film originali con l’ambientazione fedele e la voce autentica di Peter Weller, purtroppo è afflitto da una miriade di problemi tecnici.
L’esperienza di gioco è punteggiata da glitch, problemi di texture, cali di framerate e cutscene rotte, che rendono difficile immergersi completamente nell’azione. Tuttavia, il gioco offre momenti di puro intrattenimento e una trama che cattura l’umorismo dark e macabro dei film originali. Le dinamiche di gioco, che ci fanno sentire come un carro armato umano, consentono di esplorare Detroit divertendosi, intrattenendo il/la giocatore/giocatrice con missioni secondarie interessanti e interazioni ambientali particolari (fare le multe con Robocop è uno spasso).
Robocop: Rogue City rappresenta un’autentica, benché imperfetta, avventura nel mondo di Robocop. È un ricordo affettuoso e una lettera d’amore ai fan del franchise, ma allo stesso tempo, è un’ammonizione sulla necessità di dare maggiore attenzione ai dettagli tecnici per realizzare appieno il potenziale di un gioco. Alla fine, il cuore di Alex Murphy batte forte nel petto meccanico di questo titolo, ma la sua voce è affievolita dai problemi tecnici che, come una ferita aperta, minano l’esperienza.
Disclaimer: la recensione di Robocop: Rogue City è stata realizzata grazie a un codice inviatoci da Nacon.
Good
+Una trama degna di un film di Robocop+La voce di Peter Weller rende l'esperienza autentica+Colonna sonora originale+Ambientazioni fedeli che mandano in estasi i/le fan di RobocopBad
-Comparto tecnico non all'altezza-Presenza importante di bug, glitch e crash-Cali di framerate notevoli
Commenti