Roccat Torch – Recensione

Unire stile e funzionalità non è semplice, a maggior ragione quando lo strumento che si vuole utilizzare è prettamente in ottica streaming e vuole mostrarsi gradevole a chi guarda. È questo il caso del Roccat Torch, un microfono che qualora aveste bisogno di rinnovare il vostro set up farebbe indubbiamente la sua figura – che siate streamer, gamer o entrambi.

Il microfono Roccat Torch è sul mercato da pochi mesi ma tanto gli è bastato per farsi notare: il dubbio principale, chiaramente, è se vale i cento dollari a cui viene venduto. Dopo averlo provato e stressato a lungo, siamo giunti alla conclusione che sì, fa sentire ben spesi questi soldi fino all’ultimo centesimo.

Ci sono delle imperfezioni che andremo a vedere in questa recensione tuttavia, tirando le somme, possiamo dire che tra le numerose scelte che vi si potrebbero parare davanti, Roccat Torch sgomita bene per farsi notare.

Ci preme farlo notare in modo particolare perché, in genere, Roccat è un marchio divisivo: a un design futuristico si accompagna a volte un difficile adattamento a molte configurazioni di gioco. Non è questo il caso, perché se a uno sguardo il microfono si riconosce perfettamente come una periferica da gioco, mettendolo alla prova si può dire che funziona altrettanto bene. Scopriamo assieme i punti di forza, ma anche le debolezze, del Roccat Torch.

Che cosa attira l’attenzione per prima cosa, in questo genere di prodotti? Esatto, il design, ed è proprio da qui che partiremo. Ci è bastato uno sguardo per trovarlo fin da subito apprezzabile: piccolo, forse un po’ più di quanto ci saremmo aspettati, è in grado di fare di queste sue dimensioni contenuti un aspetto a favore poiché permette di essere posizionato bene o male ovunque, senza intralciare.

Come la maggioranza dei microfoni pensati per il gaming e in particolare per lo streaming, Roccat Torch è un cosiddetto dispositivo plug-and-play via USB ma c’è molto di più dietro questa semplice definizione. Aperta la confezione abbiamo di fronte un microfono a condensatore con doppia capsula collegato a un piccolo mixer, in grado di offrire una sorprendente flessibilità nella gestione dell’audio.

La base presenta due manopole, rispettivamente per il pattern e il volume, e un cursore per il gain. Sempre restando nell’ottica dell’estetica, le differenti colorazioni in base all’uso che stiamo facendo del microfono, nonché il display alla base che ci segnala se siamo live oppure no, sono aggiunte forse non estremamente necessarie ma, quando si scoprono, comunque molto utili. Senza per forza tenere l’occhio sul mixer basta uno sguardo ai colori per capire cosa stiamo facendo.

Roccat Torch è plug-and-play via USB ma c’è molto di più dietro questa semplice definizione

Delle tre funzionalità, infatti, la manopola dedicata ai pattern è senza dubbio la più rilevante. Possiamo passare attraverso tre modalità: Stereo, Cardioid e Whisper. La prima, enfatizzata da una luminescenza viola, cattura l’audio da destra e sinistra; la seconda, che riveste invece il microfono di verde, si concentra sui suoni provenienti soltanto frontalmente; la terza, infine, è perfetta per l’uso notturno perché, nonostante la voce venga tenuta bassa, l’aumento del gain consente a chi lo utilizza di essere sentito comunque chiaro.

Oltre a questo, Roccat Torch include un paio di cavi per garantire una maggiore flessibilità. Uno da USB-A a USB-C per collegare il microfono al PC e un altro da USB-C a USB-C per collegarlo invece al mixer. Volendo, la confezione include poi un terzo cavo, sempre da USB-C a USB-C, per attaccare Roccat Torch a un braccio – il che permette una ulteriore flessibilità nel gestire la configurazione ideale.

I vantaggi di un microfono plug-and-play sono concreti e molto apprezzabili, perché non è necessaria l’installazione di alcun software per gestirlo e una rapida occhiata al mixer è sufficiente per ricordare tutto quello che serve. Di contro, avere quello stesso microfono puntato sulle nostre dita mentre giocherelliamo con le manopole può rivelarsi uno svantaggio (vale per qualsiasi dispositivo montato alla base del mixer, non solo per il Roccat Torch); è a questo, però, che serve il gain e tutto sommato è divertente sperimentare un po’ per capire come muoversi.

Il vero svantaggio di questo modello è la funzione swipe-to-mute. In teoria, basta scorrere leggermente con le dita per disattivare l’audio, con impostazioni per il controllo della prossimità in modo da non combinare disastri involontari, ma nella pratica si dimostra spesso poco reattivo. C’è un leggero ritardo tra l’input e l’effettiva disattivazione del microfono che potrebbe portare a qualche intoppo, magari costringendo a un controllo diretto per assicurarsi che tutto sia andato per il verso giusto.

L’alternativa più sicura è dare un piccolo tocco sulla parte superiore del Roccat Torch, non senza restituire un bel “bonk” a spettatori ed eventuali compagni di gioco. Niente di invalidante, sia chiaro, ma è senza dubbio il punto debole del Roccat Torch. A latere, per quanto non particolarmente fastidioso, il microfono restituisce sì un ottimo audio ma a volte può risultare metallico indipendentemente da dove si sta streammando. Non è un difetto vero e proprio, in particolare a fronte del prezzo, ma ci teniamo a sottolinearlo in particolare per chi ha una voce un po’ acuta – anche le voci piuttosto basse possono risentire di una certa eco metallica, sebbene meno frequente.

Indipendentemente da dove lo si collega, il risultato sarà sempre apprezzato

Premesso questo, la ricezione audio da parte del Roccat Torch rimane ottima nel complesso, persino tenendo le impostazioni base; qualsiasi imperfezione può facilmente essere risolta giocando un po’ con i comandi. A questo si aggiunge il fatto che, avendo provato il microfono su diversi dispositivi, non c’è stata la minima differenza nelle performance: indipendentemente da dove lo si collega, il risultato sarà sempre apprezzato.


Conclusioni

Per concludere, il Roccat Torch è il dispositivo che fa al caso vostro? Non possiamo dare una risposta che metta d’accordo tutti ma, mettendo sul tavolo tutte le sue caratteristiche (positive e negative), a fronte del prezzo non abbiamo dubbi nell’affermare che ci sia più di una ragione a motivarlo. Sì, in alcuni casi il suono potrebbe risultare un po’ metallico, e il sensore per disattivare l’audio non è sempre ottimale, ma la presenza di tre diversi pattern (a prescindere che abbiate bisogno di tutti e tre) mette a disposizione una più che discreta varietà di approcci.

Probabilmente Cardioid sarà quella più utilizzata ma non è affatto da sottovalutare Whisper, che si rivela perfetta per gli streaming o le partite notturne grazie alla capacità di catturare senza problemi la voce anche quando – come suggerisce il nome stesso – sussurrata. A dispetto del fatto che Roccat abbia fatto della forma e del design i suoi punti più riconoscibili, in questo caso va riconosciuta la predominanza della sostanza, o della funzionalità se preferite, sopra la forma – che rimane comunque molto gradevole a vedersi.

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