Röki - Recensione

Röki – Recensione

Avventurandosi nell’innevato mondo di Röki ci si può imbattere, nascosta sotto l’arcata di pietra di un ponte, nella tana di un massiccio troll; inciampare, sulle rive di un laghetto puntellato da ninfee, nei lunghi e violacei tentacoli di un nökken; ottenere, dopo avergli offerto come ricompensa un fumante porridge d’avena, l’aiuto di un tomte.

La produzione di Polygon Treehouse pesca quindi a piene mani nel ricchissimo, e con una certa tendenza all’inquietante, folklore scandinavo per mettere in piedi una storia che è a tutti gli effetti una fiaba moderna: una fiaba nella maniera in cui dell’archetipo narrativo rispetta praticamente quasi tutti i topoi e nella progressione, classicissima, della trama, moderna non tanto per l’ambientazione temporale, più o meno attuale, ma perché riesce a rendere meno monolitica tale impostazione tradizionale con alcuni elementi realmente intriganti, diversi, che siano questi appartenenti alla sfera del mistero, dell’orrorifico (per quanto blando) o persino dell’introspezione psicologica.

È la giovane Tove l’eroina di un’avventura grafica che a una prima occhiata sembra un connubio tra la Hilda di Luke Pearson, serie di graphic novel con il quale condivide lo stesso background e, vagamente, l’estetica, e quasi tutta la filmografia anni ’80 nella quale protagonisti sono ragazzini.

Vive felicemente con il vispissimo fratellino, Lars, e il nerboruto ma sonnacchioso padre, Henrik, in una casetta di legno nel bel mezzo di una fitta foresta, fino alla fatidica notte nella quale le creature che popolano la fervida immaginazione del bimbetto non diventano reali, sconvolgendo il pacifico equilibrio della famiglia. Il loro focolare domestico viene violato da un mostro immane, Lars rapito, e Tove, costretta ad abbandonare il padre tra le macerie della casa, parte al suo inseguimento.

Röki - Recensione

Inizialmente l’impressione è che la storia proceda su di un unico binario, raccontando l’inaspettata avventura di una improbabile eroina, che dopo lo sconforto generato dalla devastante venuta del mostro e lo spaesamento derivato dai primi incontri con gli abitanti di un mondo che pensava esistesse solo nell’immaginazione inizia a interagire con personaggi, situazioni ed eventi totalmente fuori dal normale.

Il tono generale è leggero, qualche volta anche sopra le righe, soprattutto quando la ragazza ha a che fare con alcuni strambi esseri, ma il già richiamato elemento di tragicità tipico del folklore nordico è comunque onnipresente: a volte è un sottile velo, appena percepibile, altre un pesante manto, che imprime gravità a determinati momenti. È anche quanto permea un secondo intreccio, secondario e che procede occasionalmente, legato al passato di Tove e della sua famiglia, che il giocatore scopre quindi gradualmente.

l’elemento di tragicità tipico del folklore nordico è onnipresente: a volte è un sottile velo, altre un pesante manto

Il racconto di Röki ha quindi una dimensione più matura di quanto l’impostazione fiabesca e la direzione artistica leggera e colorata lascerebbero intendere, ma caricando ulteriormente a livello emotivo determinate situazioni avrebbe potuto avere un impatto ancora più profondo. Sembra quasi che in certi momenti, soprattutto nel finale, si sia optato per la scelta più morbida, o che siano stati un po’ tirati via. Ma forse sarebbe stato troppo, nell’ambito di una produzione che comunque si dimostra sempre coerente a livello tematico.

Röki - Recensione

Quel livello ulteriore di profondità cercato nella componente narrativa non viene inseguito invece nel gameplay, con una proposta che di fatto segue le dinamiche più basilari del genere di appartenenza, l’avventura grafica. Nelle varie ambientazioni che compongono il mondo di gioco, alcune sorprendenti, altre evocative, tutte sempre curate nell’estetica, è molto facile capire quali siano gli oggetti da infilare nel proprio inventario o quelli con i quali interagire, evidenziabili anche attraverso la pressione di un tasto.

Allo stesso modo, salvo qualche raro caso nel quale occorre spremere le meningi, è immediata l’illuminazione riguardo il come e il dove debbano essere usati. Lo stesso, però, risolvere i piccoli enigmi che il gioco propone è sempre una soddisfazione, soprattutto quando questi sono parte integrante delle piccole storie degli strambi personaggi che Tove incontra.

Conclusioni

L’esperienza del giocatore in Röki è un flusso armonioso, nel quale è piacevolissimo immergersi e dal quale non si vuole uscire prima dei titoli di coda (raggiungibili in circa dieci ore).

Vi confluiscono una narrazione sempre intensa, un gameplay semplice ma scorrevolissimo, una direzione artistica che in maniera efficace sfrutta l’immaginario di riferimento, attraverso uno stile grafico semplice ma accattivante e un apprezzabile accompagnamento musicale.

Meccaniche di gioco più complesse e varie ne avrebbero innalzato ulteriormente il valore, ma anche così com’è l’opera prima di Polygon Treehouse è un’avventura grafica di pregevole fattura.


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