Un franchise addormentato: veniva così spesso definito dai suoi fan Sakura Wars, ai tempi Sakura taisen, un gioco che mescolava il genere del JRPG a quello (ben meno popolare) del dating sim in stile nipponico. Il brand, nato nel 1996, era una vera e propria stranezza giapponese d’origine protetta: l’idea di far collidere due universi videoludici mai incrociati prima venne al mangaka Teruhisa Hiroi, che attraverso Red Company (diventata poi Red Entertainment) fece uscire il primo episodio (su SEGA Saturn) di quella che diventerà poi una vera e propria saga nella metà degli anni novanta.
Da allora Sakura Wars ha riscosso un successo crescente, anche oltreoceano: il fascino del titolo di Hiroi era tale da riuscire a rapire sia i giocatori nipponici che quelli occidentali, specie quelli più fissati con la cultura giapponese. Ideato da un mangaka, Sakura Wars non faticò a diventare un successo transmediatico incarnandosi in fumetti, anime e persino parecchi spin-off. La serie principale conta cinque giochi principali e ben quindici titoli collaterali che esplorano lo stesso universo narrativo. Sostanzialmente, Sakura Wars aveva raccolto intorno a sé una buona schera di appassionati, un vero e proprio zoccolo duro di fan delle belle ragazze pilota, pronto a seguirle in qualsiasi incarnazione che il franchise avrebbe preso. Almeno fino al 2005.
Già, perché l’ultimo capitolo uscito per l’indimenticabile PS2, Sakura Wars: So Long, My Love, si rivelò un insuccesso commerciale così grave da abbattere completamente le speranze che SEGA aveva per la saga (scusate il gioco di parole). Tuttavia i sentimenti per Sakura Wars non morirono mai davvero, tanto che in diversi sondaggi sul ritorno di IP desiderate il nome della saga di Ōji Hiroi tendeva a ritornare ciclicamente. Fu solo durante il SEGA Fes del 2018 che, finalmente, venne annunciato il soft reboot della serie, il nuovo Sakura Wars. Ma cosa è davvero questo gioco? Nelle precedenti iterazioni del franchise si prendeva il controllo di una squadra top-secret di soldatesse in grado di pilotare robot giganti e difendere così una Tokyo alternativa (in veste steampunk) da demoni e altre mostruosità affini. Tutto questo cercando, inoltre, di conquistare il cuore delle avvenenti ragazze una volta per tutte. Con queste incredibili premesse capisco come mai la serie divenne un fenomeno culturale in Giappone dalla metà alla fine degli anni ’90 fino ai primi anni ’00. Il nuovo Shin Sakura Taisen, intitolato semplicemente Sakura Wars per noi occidentali, è un soft reboot della serie che si svolge ben dodici anni dopo, nella stessa ambientazione. Siamo nell’anno Taisho 29, ovvero il nostro 1940: il nostro main character si chiama Seijuro Kamiyama, ed è un membro della marina giapponese inviato a prendere il comando della Flower Division di Tokyo, una forza da battaglia composta da sei avvenenti ragazze in grado di pilotare mech da battaglia.
Una vera e propria stranezza giapponese d’origine protetta
Tuttavia la povera Divisione Floreale è messa davvero male: le nostre guerriere non combattono più da parecchio tempo, soppiantate dall’efficienza della Divisone di Shanghai; il quartier generale è in uno stato pietoso, i mech sono fatiscenti e necessitano costosa manutenzione. Insomma, la Flower Division rischia di essere smantellata dalle autorità da un momento all’altro. I pochi proventi per il sostentamento delle truppe arrivano dal cinema: le nostre ragazze sono a tutti gli effetti soldati di un corpo speciale dei servizi segreti, pertanto hanno una copertura. Fanno le attrici. Lo so, può sembrare assurdo (e lo è), ma la Flower Division gestisce un cinema che organizza regolarmente spettacoli teatrali per tirare su il morale al popolo giapponese.
I personaggi sono quasi tutti nuovi per la saga, e rispondono agli archetipi delle ragazze che abbiamo imparato a conoscere nei manga nipponici: avremo quindi la sacerdotessa tsundere Hatsuho Shinonome, la ninja kuudere Azami Mochizuki, l’appassionata di lettura dandere Claris Snowflake e via dicendo. Spicca (ovviamente) Sakura Amamiya, anche se personalmente sono rimasto stregato dalla dramatis persona di Anastasia Palma. Nel nuovo Sakura Wars, solamente un personaggio arriva dalle precedenti iterazioni del franchise: parlo di Sumire Kanzaki, un membro della squadra originale, che in questo capitolo torna nei panni del comandante della squadra (nonché direttrice del teatro).
I personaggi rispondono agli archetipi delle ragazze che abbiamo imparato a conoscere nei manga
Interagire con le sei star di Sakura Wars è meno scontato e semplice di quanto si pensi, principalmente grazie al nuovo sistema di dialogo, il LIPS. Quest’ultimo ci permette non solo di gestire la solita e ben conosciuta rosa delle scelte, ma anche (spesso) di gestire il tono con il quale il nostro Seijuro parlerà alle ragazze. Perché? Beh, convinzione, fede e coraggio sono fattori determinanti per apparire in un modo (o in un altro) davanti alle nostre intrepide soldatesse (nonché valori ridondanti nella cultura pop giapponese). Una certo comportamento sarà inoltre più apprezzato da una piuttosto che da un’altra in base al carattere e alle predisposizioni di ognuna, e andrà a riflettersi sul rapporto fra Kamiyama e la ragazza in questione. In base alle nostre scelte si formeranno legami basati sul “trust”, la fiducia, che porterà le combattenti ad essere più o meno efficaci sul campo di battaglia, oltre che ad aprire la strada per conquistare il loro cuore.
Il sistema di combattimento (perché vi ricordo che di mech si parla) abbandona invece la classica impostazione a turni tipica del gioco di ruolo giapponese per dedicarsi completamente a una nuova deriva action più simile agli ultimi capitoli usciti in passato. Potremo schierare una squadra composta da Kamiyama e da alcune ragazze, riuscendo ad alternare il controllo dei vari mech anche in base alla quantità dei nemici e del tipo degli stessi. I nostri Kobu (il nome delle armature meccaniche che schiereremo in campo) possono effettuare attacchi leggeri o pesanti che andranno a riempire una gauge bar in grado di rilasciare una potente abilità “ultimate” unica di ognuno dei personaggi. A parte il combattimento, il titolo è abbastanza simile alle precedenti iterazioni della serie, con la storia che si suddivide in più capitoli, ognuno dei quali a sua volta presenta diverse sequenze di esplorazione e una o più battaglie. Nel nuovo Sakura Wars il giocatore può esplorare il mondo circostante e vedere praticamente tutti gli eventi collaterali in un unico playthrough che non lascia molto spazio alla rigiocabilità una volta terminata la storia principale.
Il sistema di combattimento abbandona la classica impostazione a turni per dedicarsi completamente a una nuova deriva action
La divisione del gioco in capitoli (che somigliano tanto a episodi di un anime, con tanto di anticipazioni) rende sicuramente l’esperienza divertente, ma la mancanza di salvataggi liberi può frustrare il giocatore che ha a disposizione meno tempo fra un capitolo e l’altro, dato che in Sakura Wars potremo salvare solamente durante gli intermezzi. Purtroppo questo è un difetto non da poco, specie se pensiamo a quanto poco tempo libero abbiamo a disposizione (almeno, chi vi scrive ne ha davvero pochissimo). Fa il suo ritorno anche il minigioco koi-koi hanafuda, una sorta di poker giapponese che può essere sbloccato giocando la campagna principale. Per quanto divertente, mi è sembrato davvero poco bilanciato (o troppo facile o troppo difficile), oltre che carente negli avversari (almeno fino alla fine della campagna principale). Il comparto audio, quando c’è, funziona alla grande, con sezioni doppiate davvero di altissima qualità. Tuttavia non tutti i dialoghi hanno ricevuto il voice over (e onestamente non capisco il perché), risultando così in alcuni momenti silenziosi e poco ispirati. Inoltre c’è da dire che alcune scene eccessivamente caratterizzate da gestualità e linguaggio del corpo, sempre presenti nell’animazione giapponese, in un titolo 3D come Sakura Wars rischiano di risultare quasi fuori contesto.
Pessime notizie anche per i non anglofoni fra noi: il gioco è doppiato in lingua giapponese e sottotitolato in inglese, quindi è totalmente assente una qualsivoglia localizzazione italiana.
Sakura Wars è un titolo che non si vuole prendere troppo sul serio e propone un’avventura romantica in una Tokyo alternativa, una sorta di metropoli steampunk degli anni ’40. Il gioco è visivamente molto bello, ed è impossibile non farsi contagiare dall’entusiasmo della Flower Division. Anche il sistema di combattimento in tempo reale non è male, anche se a volte risulta un po’ legnoso e poco fluido, specialmente nelle boss fight. Da rivedere completamente l’anacronistico sistema di salvataggio, che può andare a rovinare l’esperienza di chi non ha un paio d’ore consecutive al giorno da dedicare a Sakura Wars. Questa nuova incarnazione di Sakura Wars farà felici i fan di vecchia data ma non rivoluziona affatto la formula del franchise; tuttavia se siete alla ricerca di un dating-sim un po’ alternativo e ispirato, forse il soft reboot di questa iconica serie di SEGA farà al caso vostro. |
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