Il nuovo corso della saga, o per meglio dire “universo”, Warriors parte da qui, da questo quinto capitolo della declinazione Samurai, ma che, speriamo, riesca a coinvolgere anche la controparte principale, quel Dynasty che ci prova a svecchiare una formula vecchia di anni, ma senza riuscirci.
L’approccio adottato da Koei Tecmo e Omega Force in questa occasione è indubbiamente più conservativo, ma aperto a novità più o meno impattanti, e il risultato finale, pur presentando innegabili difetti, è assolutamente riuscito e meritevole di una chance, magari anche da chi non si è mai lasciato ammaliare dalle leggendarie battaglie della serie.
Il fulcro dell’esperienza resta il medesimo, comunque: un musou fatto e finito, un concentrato di azione frenetica e ai limiti dell’estenuante, con conta di uccisioni e combo che arrivano tranquillamente a cifre a 3 zeri, con ondate di nemici da polverizzare impersonando un singolo, invincibile eroe tra i quasi 30 a disposizione del giocatore. Il canovaccio è lo stesso, con epiche saghe della storia giapponese vissute attraverso gli occhi di questa o quella figura, poco importa il periodo o la fazione. Interessante e inedito, in questo capitolo, non è tanto la scelta del periodo Sengoku, quanto, soprattutto, la volontà di raccontare le gesta dello spietato Nobunaga Oda, ma in un periodo ben preciso della sua vita, quello della gioventù, dei grandi valori, del desiderio di provare a unificare un paese perennemente in tumulto.
La scelta di farci indossare i panni del giovane Nobunaga Oda è tanto inedita quanto interessante
È attorno a lui e al fedele generale Mitsuhide Akechi che ruotano le vicende, tra tradimenti, cambi di casacca, matrimoni e chi più ne ha, più ne metta, tutte raccontate tramite sporadici dialoghi in battaglia e nelle sequenze di raccordo tra uno scontro e l’altro della modalità Musou, la campagna principale. Qui vengono sbloccati i vari comprimari, utilizzabili in battaglia, ma anche armi, cavalcature e abilità, così come percorsi paralleli e alternativi che permettono di vivere alcuni momenti nevralgici da diversi punti di vista.
Altra modalità inclusa è la Citadel Mode, complementare e per certi versi imprescindibile: più strategica e arcade (con tanto di punti da accumulare), e incentrata sulla difesa (con tanto di possibilità di evocare piccole truppe di alleati per darci manforte), con scontri più rapidi e intensi, è cruciale ai fini del potenziamento della propria fortezza, hub condiviso tra le varie modalità da non ignorare per alcuna ragione al mondo.
My Castle è infatti un luogo sicuro in cui gestire il proprio esercito di condottieri: qui li si può potenziare investendo punti esperienza e punti abilità con cui sbloccare skill negli appositi skill tree (anch’essi condivisi, scelta che però rende un po’ sbilanciato il roster) grazie al dojo, o si possono migliorare e forgiare le armi dal fabbro, aumentando il grado di esperienza o la potenza delle abilità assegnate alle armi (bonus di natura elementale o di qualità), e ancora, gestire le mount nelle stalle, avendo ognuna di essere delle statistiche e abilità uniche.
Ognuno di questi edifici può essere potenziato investendo l’oro ottenuto in battaglia e i materiali, acquistabili o più facilmente ottenibili nella Citadel Mode, motivo per cui anche nel caso vogliate dedicarvi pienamente alla campagna classica, dovrete comunque fare un salto di tanto in tanto anche nell’altra modalità per garantirvi risorse sufficienti al potenziamento generale delle vostre forze.
La commistione tra azione ed elementi di natura strategica e ruolistica va a enfatizzare ancora di più la già inebriante sensazione di potenza garantita dagli scontri
Questa commistione con elementi di natura strategica e ruolistica va a enfatizzare ancora di più la già inebriante sensazione di potenza garantita dagli scontri, rendendo Nobunaga e soci più devastanti che mai. Sensazione rafforzata anche dal rinvigorito combat system, ancor più stratificato e ricco rispetto al passato, che offre molte più assi nella manica per poter annientare le orde di nemici, oltre che più varietà.
Gli attacchi standard vengono accompagnati da tutta una serie di colpi e mosse secondari: l’Hyper Attack, più ad ampio raggio e combinabile con quelli comuni per combo devastanti; le Ultimate Skill legate all’arma equipaggiata (armi a loro volta suddivise in varie categorie), che spaziano da semplici buff come l’aumento temporaneo di velocità e potere a veri e propri attacchi; i classici, letali attacchi Musou, che in base alla quantità di salute e allo status di Rage (sorta di modalità berserk attivabile previo riempimento dell’apposita barra) cambiano e offrono ulteriore varietà a un combat system ben più vario di quello che ci ricordavamo.
Le varie tipologie di armi, ognuna con moveset e pro e contro esclusivi, chiudono il cerchio: l’utilizzo di una classe specifica permette di specializzarsi nella stessa, e salendo di grado, di potenziare ulteriormente le abilità assegnabili tramite gemme, sorta di “Materia system” à la Final Fantasy VII (ma ridotto all’osso).
Il risultato finale, come anticipato, è un bel cambio di rotta rispetto al passato: la ripetitività generale è ancora presente, complice l’IA impostata su “carne da macello” (tranne per alcuni boss particolarmente ostici), e una struttura delle battaglie e dei singoli obiettivi assegnati durante i combattimenti (utili a racimolare punti e materiali extra) molto basilare e priva di particolari guizzi (vai da punto A a punto B, uccidi tot nemici entro tot tempo, impedisci a X di morire). Ma le novità del sistema di combattimento stemperano e non poco la sensazione di stantio, e anzi, galvanizzano come non mai, tanto in single quanto in multiplayer locale e online, nel caso decidiate di condividere l’esperienza con qualcuno.
Il risultato finale è un bel cambio di rotta rispetto al passato
E a dare un tocco di freschezza al tutto ci pensa anche al rinnovato comparto visivo: dal 3D del passato, pesantemente invecchiato, Omega Force ha optato per un piacevolissimo cel shading, che in alcuni frangenti sfiora il capolavoro (come in alcune still image simili a dipinti utilizzate al termine di un musou attack, ad esempio). Peccato solo per la sporcizia generale dell’immagine (colpa dell’aliasing) e per frequenti fenomeni di pop-up che intaccano la qualità visiva, ma questo cambio, anche visivo, ci voleva ed è assolutamente promosso, tanto in-game quanto nelle sequenze video.
Pur con le sue imperfezioni, Samurai Warriors 5 rappresenta un nuovo, elettrizzante punto di inizio per la saga “Warriors” di Koei Tecmo e Omega Force, che dopo anni di immobilismo e di sperimentazioni troppo azzardate (Dynasty Warriors 9 e il suo pseudo open world su tutte) imbrocca la via giusta con un mix vincente di vecchio e nuovo. Permane la ripetitività tipica della saga, così come una narrazione non troppo convincente, ma pur sempre accessoria in un titolo fortemente action, mentre gli elementi strategici/gestionali e ruolistici danno quel tocco in più, utile a trasmettere una sensazione di crescita e di aumento di potenza che rende ancora più emozionanti gli scontri 1 contro 1000. Imprescindibile per i fan, questo episodio potrebbe attirare a sé anche chi non si è mai lasciato ammaliare dai musou, tanto più dopo gli intriganti crossover degli ultimi anni (come Hyrule Warriors). |
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