Colonia – Sin dal primo annuncio di Scalebound, lo devo ammettere, ho nutrito alcune perplessità sull’ultima opera di Kamiya. Premessa la mia totale venerazione per il babbo dei Platinum Games (i due Bayonetta, Vanquish, The Wonderful 101 sono delle pietre miliari per chi vi scrive, incluso il bistrattato MadWorld), sono uscito dalla prima presentazione in terra losangelina con un certo amaro in bocca. Impacciato e claudicante, questo Scalebound non pareva avere un briciolo dell’appeal – tanto per dirne una – della strega con le gambe più chilometriche della storia del videogioco. E questo nonostante la poco velata “tamarria” di fondo del protagonista e annessi draghi. Durante la gamescom dello scorso anno la situazione precipitò ulteriormente, con una diatriba condita da parole forti tra Kamiya – Microsoft finita poi “ufficialmente” a tarallucci e vino e una presentazione dedicata, proprio nel corso della Press Conference Xbox, che siglò un minimo storico in quanto a frame rate. E un protagonista, con quelle cuffie rosse incollate alla testa che vomitano dubstep a volumi improponibili, incapace di fare la giusta presa nei cuori degli spettatori. Tra un dubbio e un’incertezza arriviamo a Giugno di quest’anno, ancora una volta Los Angeles, ancora una volta con un ingame (stavolta bello lungo) dove Drew, il fedele dragone Thuban e un paio di amici prendono a sonore mazzate un granchio grande come la Statua della Libertà: frame rate decisamente più stabile, character design interessante e, finalmente, un assaggio di quello che sembra essere il piatto forte del menu. Un multiplayer confezionato come si deve, capace di regalare il primo acuto in una prestazione complessiva fino a quel momento sottotono. Drew sembra ancora la fotocopia cafoncella di Dante, ma in quel combattimento serrato – dalle reminiscenze chiaramente Bayonettiane – contro un boss grande il doppio dello schermo abbiamo iniziato ad intravedere il tocco dei Platinum. Metteteci poi la classica parentesi “berserk” – cuffie in testa e granchio levate – dove i colpi recano un damage pauroso e sì, finalmente si inizia ad intravedere la luce.
Però, e c’è un però, quello dell’ultimo E3 rimane pur sempre un video: impossibile dunque cogliere appieno la dottrina di Kamiya e soci, quella magia che si sprigiona in tutta la propria dirompente forza una volta stretto il pad tra le mani. Impossibile fino ad oggi, quando dopo svariati mesi dal primo incontro con l’universo di Scalebound abbiamo potuto assistere ad una nuova presentazione, generosa e ricca di azione. E di draghi, ovviamente: e il risultato … beh, ne riparliamo tra una decina di minuti.
Due i punti cruciali della presentazione odierna di Scalebound, onorata dalla presenza dello stesso Kamiya in sala: la customizzazione dei nostri amici draghi da un lato e, dall’altro, la prodigiosa tecnica del Dragon Link. Partiamo con ordine, e vediamo cosa intende Platinum Games per personalizzazione: il punto di partenza, come prevedibile, è la suddivisione in classi dei Draghi. Suddivisione che non è nitida e invalicabile come nella maggior parte degli action-RPG dove, una volta presa la propria strada, essa permane a meno di leggerissime sfumature. In Scalebound non esiste nulla di definito o immodificabile: i bordi di ciascuna classe possono essere sfumati l’uno sull’altro a piacimento, sfruttando una sorta di stato ibrido che garantisce alla belva alata caratteristiche di classi diverse. Il Tank, ad esempio, anche nell’universo dei draghi è caratterizzato da una forza poderosa e una resistenza leggendaria, pagata però con basse velocità e agilità. Il drago visto nella demo E3, invece, era un esemplare piccolo e veloce, capace di attacchi spettacolari ma, allo stesso tempo, incapace di resistere a lungo ad un attacco ben assestato.
Sfruttando il cosiddetto Dragon DNA Morphing, il possente Tank potrà essere modificato nella propria struttura, in modo da assumere tratti caratteristici di una razza di drago più leggera – senza però rinunciare irrimediabilmente alle skill che lo contraddistinguono. Un dragone ibrido, in sostanza, magari leggermente meno resistente della versione originale (rispetto alla quale appare decisamente più “magro” e slanciato) ma capace tuttavia di nuove tecniche o abilità che lo rendono unico. E proprio sull’unicità di ciascun drago hanno insistito i ragazzi di Platinum Games, sottolineando come – specie nella componente multigiocatore – la presenza di diverse tipologie di animale, ciascuna sviluppata secondo una preferenza personale, permetta di dare una varietà alle lotte (boss fight in primisi) davvero eccellente. Per non parlare del caos combattivo che ne viene generato.
Parlando di sviluppo, sarà possibile far evolvere il proprio animaletto investendo le gemme recuperate nel corso del gioco. Esse possono essere investite per mettere le mani sulle cosiddette Parts, artefatti elementali (legati ciascuno ad uno specifico elemento) che, se combinati nel modo corretto, garantiscono al giocatore delle skill del tutto nuove, dei perk permanenti o addirittura dei buff temporanei, da utilizzare quando la battaglia si fa più intensa. Sarà inoltre possibile equipaggiare Thuban e amichetti con delle armature, che spaziano dalle tradizionali leggere a quelle pesanti, difficilmente penetrabili. Posto che il peso dell’armatura ha comunque effetto sull’agilità del drago (maggiore sarà il peso dell’armatura indossato, maggiore il rallentamento che ne deriva), Kamiya ha sottolineato come nessuna armatura sia indistruttibile. Anch’esse andranno utilizzate con cura e attenzione: e, dovesse andar male, tocca correre ai ripari e recuperare qualche pezzo.
Il secondo pilastro di questa presentazione coincide con il Dragon Link, una tecnica speciale che lega in modo indissolubile protagonista e drago andando quasi a fonderne le anime in un unico combattente letale. Come riferito dal Creative Producer del gioco, Dragon Link da accesso ad una serie di tecniche avanzate che vanno a comporre un modo di combattere “stiloso”, coreografico, rivolto a quei giocatori che cercano qualcosa di più dal banale button mashing e solo alla costante ricerca di soluzioni più evolute. Drew e Thuban condividono la stessa forza vitale: questo fa sì che il “piccolo” essere umano possa controllare direttamente l’enorme drago, “ordinandogli” quasi telepaticamente le mosse da fare.
Nella sequenza mostrata nel corso della presentazione, che vedeva i due protagonisti combattere contro quello che sembrava un enorme gorilla, la telecamera passa momentaneamente in prima persona, mostrandoci un’inquadratura ravvicinata del braccio del ragazzo pervaso da un’energia iridescente. Un punto su cui i ragazzi di Platinum hanno insistito parecchio: mettere una telecamera da TPS dietro le spalle del drago sarebbe stato semplicistico e banale, lontano anni luce dal significato del Dragon Link. Dragon Link che si manifesta dalla prospettiva di Drew, che – sia chiaro – durante questa fase resta completamente inerme ed esposto ad ogni possibile attacco avversario. Nella sequenza appena citata, ad esempio, Drew faceva parare a Thuban un colpo devastante, stunnando il nemico infuriato che, di lì a pochi secondi, perde l’equilibrio e cade al suolo. Suggerendo al drago di saltargli sulla schiena per indebolirlo, Drew esce “momentaneamente” dal Link e si fionda sul corpo bloccato della bestia nemica, colpendone i punti critici per massimizzare il danno inferto; ma non è ancora finita, il nemico si alza e il nostro alter ego non può far nulla, se non trovare una posizione sicura da cui ricollegarsi al proprio Drago, fargli sputare fuoco in sua direzione e, solo a questo punto, colpirlo ancora un paio di volte nei punti esposti per abbatterlo. Minaccia scongiurata, e corposo premio in gemme per potenziare il nostro cucciolo squamato.
Promosso, con riserva.
Le potenzialità del Dragon Link, come facilmente intuibile, danno il meglio proprio nella componente online del titolo. Premesso che, nelle missioni cooperative, la comunicazione è la la chiave del successo nelle numerose sfide offerte da Scalebound, sarà possibile strutturare un combattimento organizzato anche nel più piccolo dettaglio: un giocatore, connesso al proprio Tank, potrà colpire ripetutamente il boss di turno mentre un altro drago, a propria volta controllato da un secondo utente, baderà che nessuno gli torca un capello. Questa rappresenta una delle soluzioni più banali, laddove lo spazio delle combinazioni di gameplay offerto da questo Dragon Link diverge rapidamente. Speriamo di poter provare con mano questo meccanismo il prima possibile, senza dover affidare le nostre impressioni preliminari ad un video gameplay.
Con la presentazione odierna di Scalebound, con tanto di Kamiya presente in sala pronto a rispondere alla curiosità dei presenti, abbiamo assistito a degli sviluppi interessanti in termini di gameplay. Avendo assistito esclusivamente ad una presentazione video, non possiamo trarre conclusioni – per quanto parziali – sulla stabilità del frame rate, storico punto critico del titolo, o sulla bontà degli effetti in real time delle gesta pirotecniche di Drew e annesso animaletto domestico. La customizzazione dei draghi rappresenta senza dubbio un aspetto interessante, vista e considerata la libertà decisionale lasciata al giocatore e la possibilità di “ibridare” le skill di ciascuna creatura a seconda delle proprie esigenze. Ben riuscito anche il Dragon Link, questa tecnica rivolta ai giocatori che vogliono trarre il massimo dall’esperienza di gioco, che proprio nella componente multiplayer sembra dare il meglio: le possibilità sembrano davvero numerose, e garantiscono una varietà al tradizionale approccio combat da non sottovalutare. Resta però assodato che, non avendo stretto un pad tra le mani, è difficile valutare obiettivamente la bontà di questa feature pensata dai ragazzi di Platinum Games: per quanto allettante possa sembrare sulla carta (e lo ribadiamo, è più profonda di quanto possa apparire in superficie), soltanto la prova dei fatti potrà darci una risposta più sensata. Thuban, insomma, è promosso con riserva: ne riparleremo a breve.