Colonia – La gamescom ci ha donato Mafia III, mostrato ufficialmente e dopo anni di attesa, ci ha portato buone nuove su giochi attesissimi come Fallout 4 e Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, e ci ha persino fatto provare con mano dei most wanted del calibro di Dark Souls III, ma oggettivamente, quante vere “sorprese” ci sono state? Personalmente, la bordata emotiva più intensa me l’ha data un gioco per PS Vita: sì, quella console destinata alla morte prematura, mal sfruttata dalla sua madre degenere, troppo impegnata a godersi il successo della sorella maggiore da salotto. Sapevo, o meglio, sentivo che c’era qualcosa di unico in Severed, un qualcosa che però era sepolto da un trailer d’annuncio (risalente allo scorso anno) sin troppo criptico, che rendeva poca, pochissima giustizia a quello che, con molta probabilità, sarà il proverbiale canto del cigno della portatile di Sony.
E gli sviluppatori lo sanno che sarà un bagno di sangue, e il piano B non gli manca, ma a loro poco importa. Probabilmente uscirà anche su smartphone e tablet, per via delle sue meccaniche fortemente incentrate sul touchscreen, ma l’obiettivo di DrinkBox è creare esperienze uniche ed originali, senza pensare all’appeal commerciale e senza alcun business plan dietro. Il successo di titoli come Guacamelee!, quello che li ha consacrati definitivamente, gli permette di potersi concedere delle invasioni di campo in territori rischiosi ma intrisi d’arte e coraggio. Un ragionamento che ci aspetteremmo da gli sviluppatori di un Call of Duty o di un Assassin’s Creed, non dai tizi che hanno sfornato uno dei metroidvania (già di per sé un genere di nicchia) più intriganti ed interessanti degli ultimi anni, ma stiamo parlando di un team davvero sopra le righe, che ha avuto persino l’ardire di interrompere un party per un appuntamento non previsto e fuori orario (il mio. C’era stato un disguido con l’agenzia che si è occupata dell’organizzazione, ndr), e star lì ben oltre la mezz’ora prevista per parlare dei progetti, del futuro dell’opera, di come e quanto è cambiata nel corso di 6 mesi (il lasso di tempo che separa le due build presenti: una, la vecchia, provata, e l’altra mostrata solo di sfuggita).
Un totale disinteresse per qualsivoglia mossa commerciale, dicevamo. E la commistione di generi che rende Severed unico, basta ed avanza a dar per buona questa affermazione: di base è un dungeon crawler, un pezzo di antiquariato del gaming tornato in voga ultimamente grazie a gemme del calibro di Legend of Grimrock, caratterizzato da una staticità di movimento (avanti, indietro, destra e sinistra), che nell’era del parkour ficcato un po’ ovunque sembra preistoria vera, bilanciata però da meccaniche di combattimento che sfruttano al 100% il touchscreen. È possibile tirar fendenti in ogni direzione con la spada magica in possesso di Sasha, la misteriosa guerriera comandata dal giocatore, privata di un braccio e tormentata dal suo stesso arto in sogni, viaggi temporali al di là dello specchio e flashback nel passato e nel futuro, alla ricerca del suo “braccio destro” (… è pessima, lo so, anche perché in realtà è il sinistro, ndr) e della sua famiglia misteriosamente scomparsa. Il colpire al momento giusto il nemico, permetterà invece di contrattaccare, una dinamica fondamentale soprattutto con i mostri più coriacei (i boss in primis), e che dopo una certa soglia di indebolimento, permetterà di sezionare a propria volta gli arti degli avversari.
Oltre a trasmettere una sensazione di potenza non indifferente, garantirà degli elementi extra, parti del corpo come occhi e zampe, che serviranno per avanzare nel tech-tree di ogni elemento del proprio equipaggiamento, composto da “totem” (in realtà elmi, coprispalle, armature) che, un po’ come accadeva in MegaMan, sarà possibile ottenere sconfiggendo ogni boss, e ognuno di essi garantirà una speciale abilità (dalla potere di accecare e rallentare i nemici, fino a quello di assorbire i loro buff). Ho affrontato vari nemici ed un boss, ed ognuno presentava un suo punto debole, da scovare andando a tentativi e studiandone lo splendido aspetto: anche la più infima delle creature godrà di un design unico ed eccentrico, incensato dall’originalissima grafica di gioco, ma soprattutto richiederà una strategia ad hoc per essere mandato al tappeto. Un particolare mostro a forma di fungo che ho incontrato potrà essere colpito solo quando spunteranno fuori delle “teste”, lasciando l’occhio scoperto per pochissimi istanti alla mercé dell’attacco, mentre un altro potrà essere colpito solo in diagonale e ritmicamente, quando il nucleo centrale mostrerà la sua reale posizione. La precisione nel colpo sarà fondamentale in ogni frangente, e i controlli mi sono parsi sin da ora più che buoni, nonostante Chris McQuinn, uno dei designer presenti, abbia ribadito più volte che la build più recente è stata rivista da cima a fondo, soprattutto per quanto riguarda i combattimenti multipli.
Le uniche incertezze su un sistema pressoché ottimo, le ho infatti percepite in alcuni scontri con più nemici alla volta, e in particolare nella boss fight presente, l’unico vero ostacolo incontrato (in termini di difficoltà). Durante ogni combattimento, anche contro banali mob, un timer apparirà al centro dello schermo: indicherà il momento esatto in cui l’avversario attaccherà, ovvero l’occasione da attendere per poterlo colpire. In presenza di quattro o cinque nemici, i timer si moltiplicano, ed offrono un’utile panoramica su quel che sta accadendo alle spalle e sui fianchi, ma dovendo coordinare stick sinistro (col quale ruotare la visuale e cambiare lato), e comandi touch, in alcuni casi, soprattutto quando gli attacchi si moltiplicavano, ho trovato il sistema di comando un pizzico macchinoso. Il team però ha lavorato a lungo sulla cosa, bilanciando al meglio la frequenza degli attacchi dei nemici, i quali saranno più “intelligenti” ed attenderanno il loro turno.
Ma in Severed non si combatte soltanto: lungi dall’essere un semplice Fruit Ninja in versione visionaria ed oscura, c’è tutto un mondo da esplorare, e nonostante la struttura dungeon crawler non offra, apparentemente, chissà quale libertà. Il team ha inserito un bel po’ di elementi in grado di offrire un’esperienza appassionante e profonda, un’impressione avuta tanto giocando la demo, lineare ma nonostante tutto stimolante, quanto osservando le novità introdotte nella build più recente. Nella demo ho infatti incontrato solo qualche porta (a forma di bocca) e dei bivi che portavano alla chiave necessaria per proseguire, o a dei vicoli ciechi che nascondevano loot o un particolare frutto che ripristina l’energia della protagonista. Nella sua elementarità, ho passato gran parte del tempo ad ammirare la cura riposta nei fondali, e in ansia continua di un possibile assalto nemico, ma quando il buon Chris mi ha mostrato la mappa (quasi) completa del gioco (oltre al nuovo HUD, decisamente più pulito, e ai menù, più ricchi di informazioni e navigabili), era un dedalo di bivi, aree connesse da scale, strade multiple, scorciatoie (che, a suo dire, sono molto più stimolanti di un mero fast travel), da ripercorrere tramite backtracking in pieno stile metroidvania.
È inoltre presente una meccanica legata allo scorrere del tempo, ma ho solo assistito alla modalità di innesco: determinate porte si apriranno solamente durante il giorno o la notte, e il giocatore, tramite degli speciali gong, potrà alternarli a sua discrezione. Uno stimolo a tornare sui propri passi grazie ad uno dei numerosi puzzle presenti, ma come in ogni titolo appartenente al genere, basta davvero poco per trasformare una trovata intrigante in una minestra riscaldata. L’esperienza con Guacamelee!, però, tornerà sicuramente utile ai ragazzi di DrinkBox, una garanzia e un biglietto da visita più che validi, e che lasciano ben più di una speranza nella riuscita anche della componente esplorativa.
Tra le novità introdotte, ci sarà poi un attacco caricato realizzabile tenendo premuto il touchscreen, che da una parte renderà più brevi gli scontri, ma al contempo, se mal eseguito, lascerà il fianco libero ai contrattacchi nemici. Ennesimo elemento “risk/reward” che, come nel caso del tempismo da dosare con precisione chirurgica durante i combattimenti multipli (dove il “chi troppo vuole, nulla stringe” rischia di rivelarsi fatale), rende Severed ancor più intrigante, complesso e profondo.
Tra tanti titoli interessanti della gamescom di quest’anno, dal budget piccolo o stratosferico, Severed è quello che mi ha colpito più di tutti. Non solo per le scelte volutamente anti-commerciali, non solo per lo stile artistico atipico ed irresistibile, né per le meccaniche old-school così dannatamente coinvolgenti. È un mix speciale di varie influenze e magie, con una trama criptica e folle (chissà dove ci condurrà quel braccio mozzato…), un gameplay semplice ed intuitivo, ma che non rinuncia alla complessità e all’impegno, e ad una componente esplorativa che travalica la staticità del genere di base e promette di superarlo con un dedalo di segreti da risolvere e nemici incredibili (in design e in strategie di combattimento) da massacrare e sezionare. Se sarà un premio per tutti gli irriducibili che non si sono voluti separare dalla PS Vita prima di un inevitabile e prevedibile addio/pensionamento a favore del puro retrogaming (non che sia un qualcosa di negativo, anzi), lo scopriremo solo quando “sarà pronto“: purtroppo è stato rinviato di recente, con la promessa di renderlo perfetto. Sperando che DrinkBox si sbrighi a pubblicarlo.
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