Los Angeles – Nel corso di cinque anni ho visto Lara Croft, più o meno nell’ordine: affogare, cadere vittima di qualche trappola, precipitare in un abisso apparentemente senza fondo, impalarsi contro spunzoni di legno o rami d’albero, perdere la presa da una corda e, com’è ovvio, cadere, scivolare da una sporgenza precaria e trovare una morte prematura. Dal 2013, quando il reboot dell’archeologa videoludica più famosa si è presentato su PlayStation 3 e Xbox One, prima di passare alle console current gen, non si può dire che la vita della giovane ereditiera sia stata facile: le intenzioni di Eidos sono state ricostruirne il passato per dare un senso alla donna che sarebbe diventata. Da sopravvissuta e preda nell’isola di Yamatai a personaggio più consapevole, una vera e propria cacciatrice, in Siberia; con Shadow of the Tomb Raider, Lara è pronta alla trasformazione definitiva, quella che la porterà appunto a diventare Tomb Raider. Cosa significa questo? In termini puramente narrativi non c’è molto su cui basarci, senza contare che la storia per quanto ben scritta non è mai stata davvero il punto forte della saga, se non che crescere e maturare, per Lara, significherà prendersi la responsabilità delle sue azioni.
Se invece andiamo a vedere il lato ludico, allora ci troveremo di fronte ad alcune interessanti novità che purtroppo non abbiamo potuto provare con mano; ci siamo dunque affidati agli sviluppatori per sapere che Lara metterà a frutto quanto imparato nelle scorse avventure, facendo dell’interazione ambientale uno dei suoi punti di forza, e che le tombe (concetto introdotto nel 2013 e leggermente ampliato nel sequel) questa volta saranno delle vere trappole mortali dove anche solo un passo falso ci porterà a una fine piuttosto cruenta. Inoltre sono state aggiunte sessioni sott’acqua, il nemico per antonomasia di tutti i giocatori. Eppure i primi Tomb Raider erano ricchi di momenti simili, dunque era logico un ritorno in questo capitolo conclusivo.
Ma nello specifico, che cosa ci ha mostrato questa demo? Anzitutto si tratta di una sezione, a mio avviso, molto vicina all’inizio del gioco – forse subito dopo un prologo? Difficile dirlo. Lara e Jonah, sfuggiti ai pericoli della Siberia, sono ora in Messico sulle tracce della Trinità, la misteriosa organizzazione che fino a quel momento le ha dato la caccia. Durante il Dia de Los Muertos, per la precisione, la serata ideale per mescolarsi alla folla. È una sequenza, questa, molto Uncharted e sembra voler dire che il cerchio è completo: prima, il reboot di Tomb Raider ha preso in prestito qualcosa da Uncharted, poi i ruoli si sono invertiti ed è stato Uncharted 4 a ispirarsi a Tomb Raider e adesso, ancora una volta, Tomb Raider “ruba” da Uncharted. Lara cammina tra la gente con disinvoltura, sfruttando gli stretti vicoli per sottrarsi alla vista e somigliando ogni momento di più al suo collega Nathan Drake. Non che ci sia qualcosa di male in questo, anzi, considerata la solitudine cui Lara e i suoi amici sono andati incontro negli scorsi capitoli, è un cambiamento gradito avere qualche sezione più popolosa. Il Messico di Shadow of the Tomb Raider è colorato, ricco di dettagli, e Lara e Jonah possono persino concedersi qualche momento di relax al tavolino di un bar – mentre esaminano le informazioni in loro possesso ma è pur sempre una situazione di relativa tranquillità. Prima che tutto inizi a deragliare verso i pericoli che ci attenderanno in futuro.
Non passa infatti molto perché Lara si trovi a cercare una scogliera a forma di teschio, arrampicandosi lungo pareti di roccia non sempre stabili e già mostrando una delle prime novità del gioco: la discesa con la corda. È una meccanica all’apparenza semplice eppure estremamente utile, perché ci consente di raggiungere in sicurezza più aree che in precedenza potevano risultare inaccessibili per un’eccessiva altezza, o richiedere troppo tempo nel cercare il giusto percorso. Raggiunta una caverna buia e umida, come prevedibile ecco che sotto gli ignari (o forse no) piedi di centinaia di abitanti riposa una città in rovina appartenuta a chissà quale antica civiltà. È Tomb Raider, in fondo, deve tenere infine fede al proprio nome per quanto riguarda tombe da portare alla luce e depredare. Non ci si limita solo a questo ovviamente, perché in Tomb Raider si striscia molto lungo passaggi angusti, si trafiggono le teste dei nemici con una freccia, li si pugnala con la piccozza da arrampicata, cose così. Eidos Montreal ha però parlato di evoluzione del personaggio ed ecco dunque che Lara dimostra di aver fatto tesoro delle sue precedenti avventure grazie a un comparto stealth migliorato: adesso può sfruttare il fango per mimetizzarsi nel sottobosco e le pareti di foglie come copertura (non troppo efficace a vedersi) per liberarsi di alcuni ignari nemici; o ancora, nello stile Assassin’s Creed, eseguire delle uccisioni silenziose nascosta fra i cespugli, nascondendo poi il corpo in mezzo al fogliame. Per quanto, come appena scritto, il sistema di copertura non funzioni benissimo – pur fornendo il nascondiglio desiderato – rimane comunque soddisfacente balzare fuori all’improvviso e cogliere di sorpresa uno sgherro armato di tutto punto che stava passando a non più di due metri da noi.
Al di là di questo e della discesa con la corda, i cui comandi sono ancora un po’ goffi, tornano le tanto odiate (in generale) sezioni sott’acqua: stando agli sviluppatori, questo aspetto è stato richiesto loro a gran voce, dunque lo hanno reintrodotto. Non posso dire di esserne entusiasta ma eccoci qua. La demo ha presentato due sezioni e nessuna delle due ha funzionato in modo ottimale: la telecamera è un po’ traballante e i movimenti piuttosto indolenti. Fortunatamente, a salvarci ci sono diversi punti dove è possibile riemergere per un breve istante e recuperare fiato. Sono state sezioni brevi ma l’enfasi posta mi fa pensare non solo che saranno molto presenti ma soprattutto potrebbero coinvolgere la risoluzione di determinate tombe. Per ora, non è la migliore fra le notizie ma aspettiamo di vedere qualcosa di più.
La maggiore difficoltà con questa demo è stata capire dove Shadow of the Tomb Raider voglia andare a parare, su ogni fronte. La storia è interessante, perché pone l’accento sulle responsabilità di Lara in conseguenza delle sue azioni: dopo aver rubato un misterioso pugnale per “proteggerlo” dalla Trinità, scopre invece di aver innescato una serie di calamità naturali, una delle quali entro la fine della demo devasta la città di partenza causando centinaia se non più vittime – e tutto questo sangue è sulle sue mani, senza contare che alla fine la Trinità le sottrae comunque il pugnale. Un fallimento su tutti i fronti. Insomma, pur avendone passate di ogni tipo, sembra che Lara non abbia ancora imparato la lezione e le toccherà farlo nel modo peggiore di tutti, il che è ottimo almeno dal punto di vista della caratterizzazione. Lara si troverà obbligata ad aprire gli occhi, a farlo davvero, perché nemmeno Jonah sembra voglia più essere al suo fianco questa volta.
La seconda domanda cui questo ultimo capitolo ancora non risponde è “a cosa stiamo giocando?” Il Tomb Raider del 2013 era un action game piuttosto lineare, a la Uncharted come ho scritto prima, corredato da alcuni interessanti percorsi opzionali per gli esploratori più accaniti. Rise of the Tomb Raider, al contrario, si è mostrato molto più come open world, con larghe aree da rivisitare più volte a mano a mano che si procede nel gioco. Shadow of the Tomb Raider, per quanto visto finora, potrebbe essere un mix di entrambi i generi. La sezione provata era molto lineare, simile al capitolo originale del 2013, ma è anche vero che lo stesso Rise of the Tomb Raider aveva momenti simili. È assolutamente probabile che dopo questa prima parte il gioco si espanda in un open world, seguendo di fatto le parole degli sviluppatori che hanno promesso molto di più. Se le cose staranno davvero così, se Shadow of the Tomb Raider è destinato a essere un vero open world, l’aspettativa è che Eidos riesca a mantenere il ritmo, perché i due giochi finora hanno avuto la tendenza a trascinarsi durante le sezioni centrali. Con un nuovo studio al timone, si spera possano esserci dei rafforzamenti e che Shadow of the Tomb Raider possa dare alla serie il meritato lustro e la giusta conclusione.
Ciò detto, il reboot di Tomb Raider è sempre stato valido finora. Con i suoi alti bassi ma comunque due titoli meritevoli di essere giocati e Shadow of the Tomb Raider sembra voglia rispettare questo standard. Resta da chiedersi cosa sarà davvero questo gioco, se una rivoluzione come lo è stato il primo oppure la semplice conclusione di un quadro prestabilito: credo più a quest’ultima possibilità, perché quest’ultimo (per ora) viaggio di Lara pare foriero di promesse, perciò spero che l’arco narrativo possa addirittura arrivare a superare le aspettative e creare la perfetta pedana di partenza per la vera, nuova e al contempo conosciuta Tomb Raider.