La guerra, in questo primo mese d’estate, sembra essere una delle indiscusse protagoniste dello showbiz videoludico. Dopo il sublime Valiant Hearts: The Great War, capace di raccontare uno straziante spaccato del conflitto bellico da un punto di vista inedito, tocca ai ragazzi di Rebellion calcare il palcoscenico del successo con Sniper Elite III: Afrika, terzo insediamento di una serie borderline che, dopo un primo episodio dalla fortuna altalenante, ha saputo ritagliarsi una fetta sensibile di cecchini virtuali. Questo perchè, a conti fatti, è difficile trovare sul mercato anche un solo titolo così totalmente “dedicato” al colpo e alla sua lenta, ponderata preparazione. Del resto, colpire in mezzo agli occhi un soldato a 200 metri di distanza richiede un certo training, figuriamoci l’intera legione nemica: ma se il premio della nostra fatica coincide con crani fracassati, ossa spezzate e organi interni spappolati, non c’è forza di Coriolis che tenga.
Ambientato durante la campagna nell’Africa Settentrionale della Seconda Guerra Mondiale, Sniper Elite III ci mette nei panni del soldato scelto Karl Fairburne, personaggio schivo e poco incline ai rapporti interpersonali dannatamente bravo a colpire gli obiettivi distanti. Molto distanti, e soprattutto di origine tedesca. Spedito nel bel mezzo dell’attacco alla cittadina di Tobruk, il cecchino d’elite elimina rapidamente l’incursione firmata Terzo Reich e, per i propri meriti, viene reclutato dall’Intelligence Britannica. La missione è semplice solo in apparenza: reperire quante più informazioni possibili su un misterioso Generale tedesco, sospettato di essere al lavoro su una devastante arma che, manco a farlo apposta, rischia di mettere in ginocchio le truppe alleate e spostare l’equilibrio pericolosamente dalla parte di Hitler. Inutile dire che la strada che lo separa dal proprio uomo è lunga, pericolosa e piena zeppa di nazisti.
Difficilmente i giocatori ricorderanno questo Afrika per la propria sceneggiatura. Per quanto offra una deviazione curiosa alle ben più note narrazioni sul secondo conflitto mondiale, l’impressione di essere di fronte ad una semplicistica cornice ai colpi di Fairburne si fa forte già dopo i primi livelli. E anche dando per buona anche solo per un secondo la storiella della super arma nazista, a zoppicare in modo drammatico è un charachter design che offre personaggi piatti e vittime dei peggiori cliché dei film di guerra. Il che fa quasi sorridere tanto è assurdo, visto che gli NPC con più di una manciata di linee di dialogo si esauriscono in una mano nel corso di tutto il playthrough. E ciascuno di questi, che ci crediate o no, è caratterizzato in modo quasi migliore dello stesso protagonista, che parla con una voce così cavernosa da fare invidia all’Uomo Pipistrello. Affezionarsi a Karl è difficile, se non quasi impossibile: distaccato, apatico, indifferente ad ogni emozione, nessuno si stupirebbe se a conflitto finito salisse sulla cima di un campanile e, in assenza di ordini, si mettesse a sparare in mezzo alla folla.
La campagna per giocatore singolo si articola su otto missioni di dimensioni generose, che accompagnano Fairburne in una buona varietà di scenari che spaziano dal campo d’aviazione all’immancabile forte pattugliato a vista utilizzato come base operativa delle forze tedesche. Se ad un occhio veloce tali location possono presentare evidenti tratti comuni (non che si possa pretendere di più da uno scenario prettamente desertico, in verità), dall’altro esse sono estremamente “open” e offrono un invidiabile numero di percorsi possibili verso l’obiettivo corrente. La massiva presenza di bivi e strade alternative coincide dunque con una maggiore libertà dell’approccio e dello stile di gioco, che alle volte permetterà di scegliere e gestire i vari obiettivi nell’ordine preferito. Immancabili in questo contesto open world sono le missioni opzionali, alcune delle quali abili nell’offrire un livello di sfida particolarmente elevato ma che, allo stesso tempo, premiano in modo adeguato il rischio intrapreso dal giocatore.
Indipendentemente dalla strada che si andrà a seguire, la resistenza nemica è agguerrita e numerosa. Il nostro eroe ha comunque tutti i mezzi per affrontare le truppe del Reich, fucile da cecchino in primis. L’arma emblema del titolo Rebellion, customizzabile come da tradizione in molte delle sue componenti, permette di assottigliare il gregge di soldati restando a debita distanza: considerando però che si tratta di un’arma impossibile da silenziare, sarà necessario usarla in maniera oculata, sfruttando a proprio vantaggio i rumori dello scenario (come ad esempio un generatore che si avvia o un aereo che atterra) per mascherarne il frastuono.
Abbattere nemici in questo modo è una procedura che regala delle soddisfazioni enormi: trattenere il respiro aspettando il momento buono per mascherare il boato e premere il grilletto in direzione di un soldato lasciato solo è un rito che non stanca mai per tutta la durata del playthrough. Questo grazie ad una balistica eccellente, apprezzabile già a basse difficoltà, che rende ogni uccisione memorabile – e questo indipendentemente dalla killcam. Pazienza, precisione e tempismo sono le skill imprescindibili del buon cecchino: il loro impatto in gara cresce all’aumentare della difficoltà prescelta, ma già a livello normale la sfida proposta è soddisfacente. I più masochisti potranno cimentarsi nell’autentica esperienza da sniper optando per la leggendaria modalità Sniper Elite (la cui fisica, vale la pena sottolinearlo, è quanto di più reale disponibile in un prodotto di intrattenimento) oppure settando opportunamente i parametri in una variante di difficoltà personalizzata, dove si potrà sparare senza alcuna informazione sulla compensazione della gittata del proiettile.
Come anticipato qualche riga sopra, tra i graditi ritorni in questo Sniper Elite III non potevamo non citare la telecamera a raggi X (detta comunemente Killcam), che si attiva automaticamente in concomitanza di un’uccisione degna di nota. Seguendo l’intero percorso del proiettile, essa inquadra il suo volo in uno slow-mo estremamente cinematografico dalla canna dell’arma sino alle membra dello sventurato di turno, rappresentato come uno di quei corpi che tutti abbiamo visto in un atlante di Anatomia. Che il proiettile fracassi un cranio, spezzi un osso o laceri uno o più organi interni, queste brevi sequenze sono così di impatto da mettere quasi a disagio il giocatore che le vede la prima volta – e tranquilli, non parleremo nemmeno della possibilità di centrare il testicolo di chicchessia (anche se ci abbiamo provato più volte). Pur restando possibile diminuire la frequenza di queste scene – o addirittura inibirle completamente, difficile non cedere ad un languido autocompiacimento in occasione delle uccisioni più grandguignolesche, specie quando coinvolgono un soldato dalla parte opposta della mappa.
Una volta eliminate alcune delle sentinelle più fastidiose, possiamo avvicinarci quatti quatti verso l’obiettivo. Grazie al binocolo potremo taggare un massimo di sette nemici alla volta, permettendo di tener traccia dei relativi movimenti anche quando siano dietro a pareti o altri elementi di scena. Questa opzione rende possibile un approccio full stealth con uccisioni ridotte al minimo e, laddove possibile, l’utilizzo di manovre furtive per muoversi con la certezza di non essere visti. Alle volte però sarà la stessa situazione ad obbligarci a scelte fulminee e drastiche – come ad esempio una guardia immobile di fronte all’unica via di accesso. La natura open di Sniper Elite III affiora anche in queste occasioni: potremo optare per la pugnalata ravvicinata o il colpo alla testa con la pistola silenziata, giusto per eliminare ogni potenziale rischio, oppure distrarre l’ostacolo scagliando sassi o quant’altro in direzione opposta. Qualsiasi sia la scelta effettuata, sarà comunque necessario badare non solo a quanto siamo visibili dagli avversari (un’informazione fornita da un apposito meter a forma di occhio), ma anche al rumore prodotto.
Quindi sì, meglio muoversi piano nell’ombra, possibilmente nascondendo i cadaveri lasciati alle spalle e usando il fucile solo se necessario: anche perché sparare troppi colpi a pieno rumore dà un’indicazione precisa ai Nazisti, che inizieranno a cercarci insistentemente obbligando di fatto a trovare una nuova posizione. Il giocatore potrà comunque sfruttare a proprio vantaggio questo aspetto, attraendo uno o più soldati verso uno specifico punto e piazzandovi una trappola esplosiva prima di allontanarsi.
Dovesse andarvi stretta la campagna principale, che può essere interamente affrontata in una divertente modalità coop, Sniper Elite III arricchisce l’offerta con un contenuto multigiocatore di carattere competitivo. Essenzialmente, il giocatore può prendere parte ad una varietà di sfide uno contro tutti o di squadra dove le uccisioni vengono premiate in modo proporzionale alla distanza del colpo effettuato: ciò significa che seminare morte ravvicinata con un mitragliatore avrà un peso praticamente nullo nella classifica finale. Questo approccio alla competizione determina un ritmo di gara calmo e metodico, laddove ogni giocatore si muove lentamente alla ricerca della posizione da cecchino ideale da cui aspettare il passo falso avversario. Bucare le cervella del giocatore che, inavvertitamente, fa capolino dalla propria postazione regalerà delle soddisfazioni enormi, anche se il rischio di lunghi intervalli di inattività dove tutti aspettano l’errore dello sventurato di turno non è affatto remoto.
Per quanto concerne il comparto tecnologico, Sniper Elite III si assesta su livelli soddisfacenti. Il frame rate nel compesso si comporta egregiamente, senza discostarsi mai eccessivamente dai 60 fps: è comunque possibile settare l’opzione vsync da menù opzioni, scelta che ancorerà a 30 i fotogrammi al secondo garantendo però una maggior pulizia e stabilità dell’immagine. Compito portato a casa egregiamente anche dalla modellazione, che pur senza far gridare al miracolo offre personaggi dal buon dettaglio e con un ragionevole numero di poligoni. A dar maggior fastidio è la quantità, alle volte esagerata, di bug presenti nel gioco, alcuni dei quali al limite dell’inspiegabile. I soldati nazisti, ad esempio, sono tanto rapidi nel dare l’allarme qualora dovessero individuarci quanto nel dimenticarsi che, dieci secondi fa, il cranio di un commilitone è stato ridotto in poltiglia da un cecchino nascosto chissà dove. Tra le loro doti, non bastasse, merita sicuramente menzione la capacità di individuare Fairburne anche dietro ad una parete (e no, non hanno un binocolo con cui taggarlo) o, di tanto in tanto, di “nascondersi” uno dentro l’altro. In alcune circostanze, in special modo in una sezione in cui eravamo chiamati ad abbattere un blindato colpendone specifici hot spot, il gioco ha bellamente crashato non appena premuto il grilletto. Se da un lato non si tratta di difetti così grandi da inficiare completamente l’esperienza del giocatore, dall’altro dover riavviare una partita dopo aver perso anche 10 minuti per preparare una specifica uccisione induce a dir poco un minimo di frustrazione.
In conclusione
La pazienza, come nella vita vera, è una delle doti più importanti in Sniper Elite III: Afrika. Il terzo insediamento della saga firmata Rebellion raccoglie ed evolve l’eredità dei capitoli precedenti, presentandosi al giocatore come un titolo valido, interessante e, cosa da non sottovalutare, capace di offrire un livello di sfida profondamente personalizzabile e, proprio per questo, scalabile a tutte le richieste. Afrika è tutto tranne che un titolo frenetico, ma questo già lo sapevamo: per goderne appieno è necessario posizionarsi sulla sabbia e aspettare il momento buono, quello in cui l’aereo nemico sfreccia sopra il nostro capo per regalarci qualche secondo di inattesa copertura. Nessuno vieta a Fairburne di correre o di imbracciare una delle mitragliette in dotazione e far fuori nazisti col classico approccio frontale: è possibile, ma priverebbe il giocatore del fattore specifico di Sniper Elite III, la cura maniacale riservata alla balistica e alla preparazione del colpo. E complice una killcam che non lesina dettagli cruenti, sparare non è mai stato così divertente.
Se da un lato la contestualizzazione open world offre al giocatore un maggior ventaglio di possibilità offensive e di pianificazione della strategia di guerra, dall’altro il lavoro di Rebellion è ancora lontano dalla perfezione: una sceneggiatura pallida e poco incisiva, un personaggio che non brilla certo per carisma e, tecnologicamente parlando, una lunga serie di bug (alcuni dei quali colpevoli di crash improvvisi) sono i principali colpevoli in un processo che, pur senza condanne capitali, lascia negli amanti dello sniping un pizzico di rammarico. Ciò che è certo è che con Sniper Elite III i ragazzi di Rebellion hanno ulteriormente allargato la base per il successo di una saga che, da fenomeno di nicchia, ha saputo capitalizzare i consensi di un pubblico sempre più vasto. Non sarà dunque un centro perfetto, ma alle volte anche un cecchino super addestrato può sbagliare il colpo.
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