Ci sono quei giochi simili a delle meteore: arrivano, esplodono, passano ed alla fine di loro praticamente non resta quasi nulla, se non un vago ricordo di quello che si è visto e giocato. Altri invece sono come un pugno nello stomaco, ti lasciano senza fiato, ma hanno una loro tempistica di assestamento. Una volta che ci sei dentro però, ti chiedi perché ci hai messo così tanto a deciderti a giocarli, e per quale motivo non ti hanno attirato fin da subito nelle loro brame. Una di queste meraviglie, è sicuramente Skyrim, il mastodontico gioco di ruolo di Bethesda, che già da tempo affascina milioni di giocatori, e che da poco è tornato sul mercato con la sua Legendary Edition.
Per quanto mi riguarda, tutto nasce dalla pura e semplice competizione tra amici, ovvero con due altri disgraziati che hanno cominciato “per sbaglio” a giocare a Skyrim, scambiandosi suggerimenti e “bullandosi” dei risultati. Fatto sta che alla fine mi hanno tirato in mezzo, costringendomi a cominciarlo e contribuendo a svegliare il Dovhakiin che sopiva al mio interno.
Se dovessi definire il titolo, ho solo due parole: un crescendo. Dapprima, mi sono limitato a poche sessioni di gioco, di poche ore e distanziate da alcuni giorni una dall’altra, ma poi il Dragonborn ha avuto la meglio, DOVEVO giocare ogni giorno, e le ore giornaliere sono diventate sempre di più; tanto da tornare ai vecchi fasti facendomi fare nuovamente e più volte le 5 di mattina in compagnia del pad (cosa che ormai non facevo da moltissimo tempo). Nonostante la mia copia del gioco fosse interamente in inglese (ahimè, a causa dell’aver optato per acquistare la Limited Edition del day-one con la mega statuetta), la trama è riuscita ugualmente a tirarmi dentro in una maniera incredibile, costringendomi a voler proseguire sempre di più nella storia, sempre più nel profondo di Skyrim e delle avventure del Dovhakiin.
Devo ammettere però che, oltre alla curiosità, un altro sentimento mi ha accompagnato spesso, e mi accompagna ancora ora mentre cerco di portare a termine anche i DLC: la paura. Non perché il gioco sia eccessivamente spaventoso, ma perché temevo che in un angolo qualsiasi di una quest, qualcosa si potesse glitchare o bloccare. In alcuni casi, anche fare per errore la scelta sbagliata ed eliminare un personaggio importante per la trama mi metteva agitazione. Un gioco così enorme però, è normale che si porti dietro alcuni bug, ed anche se la maggior parte dei quali sono stati risolti con la patch 1.9, il rischio di qualche problema si dice sia sempre dietro l’angolo.
L’esperienza globale resta comunque fantastica, e ci si ritrova catapultati in un mondo nuovo, fantastico e denso di avventure entusiasmanti. Da piccolo fantasticavo spesso sulle immagini di quei grandi cavalieri del passato che trovavo sui libri di mia sorella, ed in un attimo ero al loro fianco a combattere contro mostri di ogni tipo. Skyrim è un po’ questo, una grande avventura, un piccola favola. Nel corso della storia, da semplice prigioniero diretto al ceppo per la decapitazione, mi sono scoperto essere un Dovhakiin, nato col sangue di drago. Sono stato contagiato dai vampiri, ma sono guarito e diventato un lupo mannaro al seguito dei Compagni. Ho aiutato Skyrim a raggiungere una tregua per affrontare insieme un nemico comune, Alduin, per poi sconfiggerlo insieme agli eroi di un altro tempo. Sono entrato nella Gilda dei Ladri, diventandone il Gran Maestro. Sono diventato anche un Bardo, nonché l’Arcimago del College di Winterhold. Ho lavorato per la Dark Brotherood, ed ho messo fine alla guerra civile che insanguinava queste terre. Ho aiutato molte persone nel mio cammino, ma dando priorità ai miei interessi in alcune situazioni sono stato anche in grado di mettere da parte una bella sommetta d’oro. Ed ora che mi rimane solo da portare a termine l’ultimo DLC, mi viene da pensare: rifarei tutto questo? A dire il vero si, magari su di un’altra console…
E voi? Siete mai stati nella lande di Skyrim?
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