Di Soulstice abbiamo parlato a più riprese, scoprendo un titolo tutto italiano, disponibile sullo shop online di GameStop, che aveva l’ambizione di inserirsi nel genere degli stylish action. Nel farlo, il team di Reply Game Studios ha raccolto tutto il suo amore per il genere, la conoscenza dei suoi sistemi e di ciò che nel tempo lo ha reso così amato da una precisa platea di videogiocatori. Era già piuttosto chiaro nelle build giocate in precedenza, ma erano incomplete e le incertezze erano ancora tante.
Ora, dopo aver speso una abbondante quantità di tempo con la versione finale di Soulstice, possiamo trarre le nostre conclusioni. Non senza un po’ di orgoglio nazionale, con l’industria italiana che negli ultimi anni sta vivendo un piccolo rinascimento, con diversi team all’attivo (ma anche creativi in generale) e delle produzioni ambiziose che tentano di dimostrare che sì, si può fare videogioco in Italia anche ad un certo livello produttivo.
Soulstice non è un tripla A, ed è bene ricordarlo per poter settare le proprie aspettative al punto giusto. Eppure, la sfida di approcciare un genere prevalentemente giapponese è davvero ambiziosa. Nonostante l’amore e il sangue versati dal team, ciò che conta è quella massa di poligoni a cui hanno dato vita, e come l’hanno plasmata per renderla funzionale e divertente.
L’avventura di Briar e Lute, due sorelle piuttosto speciali, inizia sulle sponde della città di Ilden. Una città imponente, attraversata da ponti, torrioni e castelli. Una città vera e propria, mostrata nel suo gigantismo ma anche in ciò che la rende tale, tra le case popolari e le strutture dietro il suo funzionamento. Meccanismi, ponti e acquedotti. Il percorso di Briar e Lute ci porterà ad esplorare la città di Ilden in modo organico, attraversandola dalle mura esterne fino al suo centro nevralgico, dove una temibile breccia nel cielo fa presagire un pericoloso evento.
Soulstice è piuttosto classico nella sua struttura, ripescando alcuni degli elementi propri delle prime avventure di Dante in Devil May Cry. Inquadrature fisse in alcune aree, arene e corridoi, e un’esplorazione lineare delle ambientazioni. Soulstice non ha problemi a pescare qua e là per creare la sua esperienza, ma lo fa con grande consapevolezza e originalità. In questo senso, l’esplorazione di Ilden ha davvero un fascino unico, perché riesce a far percepire come reale e credibile il viaggio di Briar e Lute.
Soulstice è davvero una sorpresa
Dalle sponde della città al suo cuore, un attraversamento che si percepisce a più riprese nel corso dei cinque capitoli che caratterizzano l’avventura. La breccia torreggia costantemente sulle nostre protagoniste, diventando un punto di riferimento spaziale per i nostri progressi nella città. Nonostante delle ambientazioni spesso simili tra loro, nonostante il tentativo di introdurre elementi distintivi, l’esplorazione della città di Ilden è davvero affascinante e ben resa.
Uno degli elementi più affascinanti della produzione Reply Game Studios, che più in generale cerca di creare un universo narrativo con delle regole precise, un contorno ben definito e dei personaggi quantomeno interessanti. Briar e Lute, le due protagoniste, sono due sorelle divenute Chimere, delle vere e proprie armi viventi create dall’Ordine per fronteggiare la progenie del Caos, creature abominevoli e infette che hanno squarciato il velo tra le realtà proprio grazie alla Breccia.
Il nostro obbiettivo, nemmeno a dirlo, sarà proprio di sigillarla e di impedire la rovinosa e irreversibile caduta di Ilden. Pur con un character design prepotentemente vicino a Berserk, il fumetto del compianto Kentaro Miura, Soulstice riesce a camminare sulle sue gambe. I punti di contatto sono molteplici, ma la narrazione poggia le sue basi sul rapporto tra le due sorelle, riuscendo a tratteggiare un emozionante e curioso viaggio familiare.
Tra perdono e accettazione del dolore, Soulstice si lascia scoprire con curiosità per tutta la sua durata. Quest’ultima è insospettabilmente corposa, con cinque capitoli composti da ben 25 livelli. Alcuni di essi sono intermezzi narrativi molto brevi, ma a livello di ritmo il lavoro svolto è piuttosto convincente.
Peccato, ancora una volta, per la telecamera
Qualche ora in meno forse avrebbe giovato all’esperienza, in termini di ritmo, ma in generale si percepisce la volontà di Reply Game Studios di non cadere nel tranello arena, corridoio, arena. Soulstice cerca di giocare con la propria struttura piuttosto spesso, sovvertendo le aspettative (quando si tratta di boss e posizionamento degli scontri) e offrendo sezioni inusuali rispetto al resto.
Un risultato notevole, in relazione alla sua durata, ma soprattutto alla portata della produzione produzione e alla sua anima action. Durante una delle prime anteprime, il team ci raccontò di come Soulstice fosse nato prima con il gameplay e battle system in mente. Tutto il resto è venuto dopo, ed è un elemento piuttosto importante per uno stylish action. Il gameplay qui è fondamentale per la riuscita dell’esperienza, non si scappa. Potremmo definire tutto il resto quasi superfluo, se non supportato a sufficienza da un battle system convincente, strutturato e divertente.
In questo senso, Soulstice è piuttosto classico, ma ha qualche idea interessante. Il giocatore controllerà Briar, che oltre allo spadone principale avrà a disposizione altre sei armi da utilizzare. Lo spadone è uno strumento imprescindibile, il “jack of all trades” che costituirà le fondamenta dei nostri attacchi, e sarà infatti assegnato ad un tasto specifico. Le altre armi, invece, possono essere cambiate durante gli scontri in modo rapido, permettendo al giocatore di adattarsi all’occasione e ai nemici che ha di fronte.
L’idea dietro queste armi è il classico “sasso, carta, forbice”. Ognuna di esse avrà una maggiore efficacia contro determinati tipi di nemici, dando varietà al combat system e alle soluzioni che il giocatore dovrà mettere in pratica per avere la meglio. Ad esempio, l’esecutore cinereo, una sorta di gigantesco e lento piccone, è più adatto contro nemici in armatura, mentre il cacciatore consacrato è un arco pensato contro quelli volanti.
Soulstice, nonostante gli ottimi sistemi, pecca in termini di combo e mosse adoperabili
Sapersi affidare alle diverse armi a disposizione è saggio e consigliato, anche perché permette di trarre il meglio dal sistema di combattimento di Soulstice. Tutte le armi hanno a disposizione diverse combo, da utilizzare sempre in sintonia con la nostra spalla, lo spirito incorporeo di Lute. La sorella di Briar non si limita ad essere un tassello della narrazione, ma è parte integrante dell’esperienza. A Lute, infatti, spetta il compito di gestire le parate e i contrattacchi, messi a segno tramite la pressione, con il giusto tempismo, di un tasto.
I contrattacchi sono quindi fondamentali per gestire il flusso offensivo dei nemici, insieme ad un utilizzo sapiente delle armi a disposizione di Briar. Questi due aspetti devono andare di pari passo, affinché il giocatore possa ottenere punteggi ottimi alla fine di ogni scontro. La meccanica della Coesione cerca di indirizzare il giocatore in questa direzione, premiando le combo e le schivate e i contrattacchi messi a segno. Al massimo livello di coesione, Lute sarà più efficace e utile nel gestire gli attacchi nemici, e sarà possibile entrare nello stato di Furore.
Detta così sembra una citazione a Neon Genesis Evangelion, e non sareste poi così lontani dalla verità. In queste fasi, Briar diventa rabbiosa e assolutamente fortissima per un breve periodo. Le schivate sono rapidissime, così come i movimenti e gli attacchi. Giocare bene e aumentare la coesione diventa fondamentale per superare le orde o gli scontri più duri. Peccato che Soulstice, nonostante la varietà e gli ottimi sistemi, non offra abbastanza varietà in termini di combo e mosse adoperabili. Sostanzialmente, ogni arma è potenziabile con le stesse identiche mosse delle altre. L’approccio sarà differente, ma il moveset e le combo disponibili avranno un ventaglio comunque limitato.
Ciò che ci è piaciuto sono invece i sistemi legati a Lute. Oltre al contrattacco, il potenziamento di Lute prevede la gestione di tre elementi diversi: Attacco, Campi e Difesa. Ogni ramo prevede molteplici abilità sbloccabili, con i punti ottenuti in game, che ci permettono di definire l’approccio della nostra sorellina.
Un sistema assolutamente interessante, che prevede anche la possibilità di annullare le scelte fatte. Sarà possibile infatti annullare l’acquisto di un’abilità, recuperare i punti ed investirli in altro. Un modo intelligente per dare al giocatore la possibilità di sperimentare e scegliere ciò che funziona meglio per lui. Una scelta che determinerà l’allineamento di Lute, determinando lo stile e i poteri delle sorelle durante lo stato di Furore.
Quella dei Campi, invece, è una meccanica molto utilizzata anche nell’esplorazione degli ambienti e nel superamento di alcuni ostacoli ambientali. In sostanza, Lute potrà evocare due aree d’effetto, attraverso i dorsali, in cui rendere visibili i nemici (o gli oggetti) spettrali o dove poter attaccare particolari creature ricoperte di cristalli rossi. Un’ulteriore tassello, per un combat system che nonostante alcuni limiti si rivela vario, strutturato e divertente. Peccato, ancora una volta, per la telecamera. Purtroppo, nonostante i feedback durante le prime due anteprime, Reply Game Studios non è riuscita del tutto a sistemarla. Soprattutto nelle inquadrature fisse di alcuni scontri, non riesce a seguire l’azione al meglio. Il risultato è una lettura dell’azione non sempre efficace, che può generare frustrazione e un senso di controllo precario.
Soulstice è davvero una sorpresa. Il team ha confezionato un action convincente, che si appropria dei sistemi propri del genere per creare un’esperienza tradizionale, ma al tempo stesso unica e originale. Lute rende il combat system più stratificato e vario, diventando allo stesso tempo uno strumento per il giocatore per personalizzare la sua esperienza. Ciò compensa, almeno in parte, la mancanza di combo più varie e profonde. Il risultato è comunque appagante e sufficientemente dinamico, grazie alle molteplici armi a disposizione e al loro utilizzo. Soulstice è un buon ingresso in un genere dominato da pochi, ma importanti attori, nonostante soffra a causa di una telecamera inadeguata e di una ripetitività degli ambienti elevata. Eppure diverte, intrattiene e riesce a tenere alta l’attenzione per tutta la sua durata, con un colpo d’occhio piacevole (anche se un po’ ingessato nelle animazioni e cutscene). C’è del potenziale inespresso, ma non tutto può essere considerato un punto d’arrivo. Alle volte è giusto trattare qualcosa come un punto di partenza, e questa di Reply Game Studios è più che sufficiente. |
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