Sono il primo a non apprezzare le operazioni nostalgia: sepolta sotto strati di polvere e lacrime, c’è, il più delle volte, solo la volontà di trarre il massimo profitto con il minimo sforzo. Remake, remaster, re-qualcosa che però a volte si rivelano utili, perché permettono a vecchi capolavori di essere fruiti anche dai nuovi arrivati, o persino di essere compresi dai giocatori moderni, complici gusti e tecnologie stravolti a distanza di 20 o 30 anni.
Con Spyro, almeno per me, certi scetticismi spariscono, polverizzati da una fiamma gialla e rossa che brucia intensamente: è un questione personale.
E questa Spyro: Reignited Triology l’ho sempre chiesta a gran voce, anche prima che Activision e Vicarious Visions tirassero fuori quella gemma della Crash Bandicoot N. Sane Trilogy. Quel primo step è servito a dimostrare come queste versioni “reimmaginate” siano molto più utili del mero, maldestro porting che non fa altro che far riemergere vecchi difetti e problemi, quasi come mettersi con una lente d’ingrandimento a contare le rughe sul volto di un anziano: medaglie al valore di una vita di fatiche e di esperienze, ma di certo non adatte a vincere un concorso di bellezza.
Queste operazioni portate avanti da Activision (in questo caso il braccio armato è Toys for Bob, il team di Skylanders, e quindi quello naturalmente più adatto ad un lavoro del genere) prendono quel volto consumato e gli donano un nuovo aspetto, come un lifting fatto bene (sarebbe il primo, visti certi mostri che vedo quelle poche volte che commetto l’errore di accendere la TV, ndr), ma che ne mantiene inalterata la bontà interiore e il bagaglio di esperienze da tramandare ai posteri. E con Spyro: Reignited Triology, il team si è anche concesso qualche ritocchino e persino licenze poetiche più o meno impattanti.
Ha uniformato i tre capitoli (Spyro the Dragon, Spyro 2: Ripto’s Rage e Spyro: Year of the Dragon) trasferendo meccaniche come i punti abilità (anche nel primo, in cui non c’erano) o la rotolata laterale (non così utile, ma già che c’erano), ma, cosa ancor più notevole, ha rivisto il design di alcune ambientazioni e personaggi, come i draghi del primo capitolo, dandogli un nuovo, splendido look. Anche alcune location appaiono più omogenee e armoniche, ma tranquilli, il resto è pressoché tutto al suo posto (mini-giochi inclusi), solo molto, molto più bello da vedere.
Tant’è che alcuni gesti e alcuni frangenti li ho superati d’istinto, tra memoria muscolare e cerebrale, senza troppo rifletterci su (e non solo perché, in generale, il tasso di difficoltà è ancora quello poco equilibrato di un tempo, che passa repentinamente dall’essere spesso troppo semplice, allo sfiorare i limiti dell’impossibile): una splendida sensazione di déjà-vu come di rado accade, quasi un automatismo. Parlo almeno per me, che i 3 Spyro, in attesa di una simile collezione, li ho giocati fino allo spasmo in tenera età, ma anche 2 o 3 anni fa sulla defunta (ma indimenticabile, e parlo sempre per me!) PS Vita.
Una splendida sensazione di déjà-vu, come di rado accade
Ma qualcosa mi dice che lo stesso accadrà anche per chi si è limitato a divorarli all’epoca. Perché diciamocelo, bastava giocarci un po’ per lasciarsi rapire dai mondi incantati creati originariamente da Insomniac, con personaggi buffi, gemme da raccogliere (nel 2 e nel 3 diventano ancora più importanti, necessarie come sono a sbloccare livelli, personaggi e nuove abilità – come il nuotare sott’acqua – dall’odioso e avido Riccone), segreti di ogni genere disseminati qua e là, e quel draghetto, Spyro, diventato poi ironico, viola, scontroso e mosso dal fuoco della gioventù, ma anche da quello che può sputare per eliminare i buffi, a tratti temibili nemici che incontreremo nei livelli dei 3 capitoli, suddivisi in mondi da esplorare accumulando gemme e i rispettivi obiettivi (i draghi nel primo, le sfere nel secondo e le uova nel terzo).
Fiamma, peraltro, da alternare alla classica carica, ora lievemente migliore da gestire grazie al rinnovato parco animazioni (anche se qualche rigidità la si nota ancora), ai controlli più precisi e alla telecamera più governabile (grazie alla levetta destra), ma che in alcuni frangenti continua a fare di testa sua. Ci sono poi i superpoteri temporanei, calibrati al centesimo di secondo da sfruttare per portare a termine i compiti secondari assegnati dagli NPC, vere e proprie sfide a tempo (da aggiungere a quelle che compongono alcuni livelli specifici che, a 30 anni suonati, sono ancora tostissimi come in passato – ma ora mi ci è voluto qualche tentativo in meno) in cui ogni minimo errore conta, che rendono più movimentata ed elettrizzante un’avventura che, di base, è molto semplice.
La narrazione, complice le nuove e splendide cut scenes, è ancora oggi godibile, anche nel meno maturo dei 3 (il primo), e vede contrastare tre villain che, di capitolo in capitolo, si fanno via via più interessanti e complessi da combattere, oltre che dotati di motivazioni più convincenti, ma è evidente il taglio infantile (anche se lo sappiamo che l’età media di chi lo giocherà è di 30 anni). Il meglio però, inutile dirlo, il gioco lo dà quando si punta al 100%, alla raccolta di quella maledetta ultima gemma nascosta in chissà quale alcova (che, almeno nel primo, Spyro mi è sfuggita per colpa dell’altrettanto maledetto Sparx, che in qualche frangente proprio non ne voleva sapere di raccoglierla).
È bello come ieri ritrovarsi al cospetto del portale che indica la fine del livello, controllare il menù (con cui è possibile teletrasportarsi da un livello all’altro), rendersi conto che all’appello mancano buona metà dei collezionabili e spremersi le meningi per capire se si è lasciato qualche bivio alle spalle, o se semplicemente bisogna tornare in un secondo momento con l’abilità adatta (come l’arrampicarsi sulle scale). Vedere il contatore salire richiede, insomma, attenzione extra, e voglia di esplorare gli splendidi livelli, tutti ricostruiti da Toys of Bob mantenendo la morfologia degli originali, ma donandogli un look tutto nuovo, sgargiante, ricchissimo.
Il meglio, inutile dirlo, la Spyro: Reignited Trilogy lo dà quando si punta al 100% di completamento
Un po’ come successo con Crash, da piccolo gli Spyro mi sembravano avere la stessa identica grafica della Reignited Trilogy, ma basta guardare un rapido video-confronto su YouTube per capire la qualità e l’entità del lavoro svolto dal team (e quanto siano pericolosi gli occhi dell’amore). Parte delle ambientazioni sono comunque povere di dettagli e in alcuni casi anche di poligoni, e le finezze si notano più nei personaggi, nel sistema di illuminazione o in elementi come l’erba (che viene bruciacchiata per qualche secondo dalla nostra fiamma), ma in generale il colpo d’occhio è veramente molto buono. I colori esagerati, l’atmosfera sognante, la grande varietà di location proposte, tutto contribuisce a restituire la stessa magia di 20 anni fa, complici anche musiche e doppiaggio in italiano completamente rinvigoriti.
Peccato solo per dei caricamenti ancora un po’ lunghetti, il lip-sync non sempre preciso, qualche interazione con gli NPC che non ne vuole sapere di partire, e sporadici cali di frame-rate che spezzano, seppur in minima parte l’incantesimo. Ma visto il monumentale lavoro di ricostruzione, direi che qualcosina gliela si può concedere a Toys for Bob.
Altra collezione nostalgica, altro centro per Activision, stavolta coadiuvato da Toys for Bob: la Spyro: Reignited Trilogy è un gioiello, una fedele ricostruzione, in certi frangenti una vera e propria reimmaginazione, degli i primi tre splendidi capitoli della saga con protagonista il draghetto viola, raccolti in un unico, scintillante pacchetto per PS4 e Xbox One. Non è un prodotto perfetto sotto ogni aspetto (caricamenti non proprio scattanti, frame-rate non sempre stabile, e qualche dettaglio grafico non del tutto entusiasmante), ma la sola idea di poter rivivere quelle splendide avventure vale ampiamente il prezzo del biglietto, sia che abbiate divorato queste perle all’epoca della loro uscita, sia che vogliate recuperare dei pezzi fondamentali del genere platform 3D. |