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Editoriale 03 Giu 2024

State of Play, abbiamo visto il futuro di Sony e dell’intera industria? – Editoriale

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Live service, ma anche giochi dalle dimensioni più contenute?

Lo State of Play andato in scena lo scorso 30 maggio, e di cui potete trovare un resoconto qui, ha deluso molti, per non dire tutti, sebbene le premesse lasciassero presagire una sequela di trailer e annunci contenuta nelle ambizioni dei progetti coinvolti. Non trattandosi di uno Showcase, evento in cui per antonomasia sono riservate quelle che in gergo vengono chiamate bombe, era lecito contenere l’hype e ridimensionare le attese, per quanto fosse altrettanto dovuto aspettarsi novità da Sony, considerando che nell’immediato futuro non sono previste pubblicazioni di un certo spessore.

Non era il caso di pretendere il nuovo The Last of Us, certo, ma è forse troppo chiedere al solo Astro Bot di ribaltare il giudizio dello State of Play, aspettandosi che fosse in grado di sobbarcarsi tutte le speranze e i sogni degli spettatori. È insomma mancato il pepe, ma a ben vedere non il sale. Sia perché di titoli intriganti e stuzzicanti ce ne sono stati, sia perché, filtrato con una lente diversa, questa conferenza digitale ha molto da dirci sul futuro non solo di Sony, ma dell’intera industria.

Inutile spendere più parole del dovuto sull’attuale stato in cui versa il settore videoludico. Licenziamenti a tappeto, giochi cancellati, un generale senso di incertezza che fa il paio con dati statistici che sottolineano come le nuove generazioni concepiscano in modo del tutto nuovo questo medium, rispetto a come lo abbiamo inteso fino ad oggi. Stiamo vivendo un periodo di tumultuosa transizione e toccherà ai principali player dell’industria riassettarsi, se non vogliono correre grossi guai, sebbene i dati globali siano tutt’altro che deludenti alla voce profitti.

Nintendo, che per certi versi vive nel futuro, intuì l’esistenza di questo collo di bottiglia già vent’anni fa circa, quando cambiando completamente approccio, abbandonò la rincorsa alla grafica realistica e si specializzò in produzioni che potessero vivere in simbiosi con l’hardware su cui erano pubblicate. Un’idea forse all’epoca fin troppo visionaria, che fu introdotta quando effettivamente il progresso tecnologico poteva esserci senza pesare eccessivamente su costi e tempi di sviluppo, ma che con il senno di poi acquisisce un peso completamente differente.

Mentre Sony e Microsoft, pur potendo contare su molte più risorse e team di sviluppo, non sono ancora riuscite a far decollare la loro “next-gen”, che dopo quattro anni di next sembra avere sempre meno, Nintendo può decidere con tutta la calma del mondo quando far debuttare il successore di Switch, attendendo di avere abbastanza carne sul fuoco per accompagnarne degnamente il debutto sul mercato.

Eppure, dicevamo, lo State of Play del 30 maggio, forse è portatore di qualche segnale di cambiamento di Sony e, forse, dell’intera industria quanto a strategia di sviluppo e realizzazione dei giochi del domani.

Lo stesso Concord ci parla anche di una Sony attratta e direzionata verso i live service, croce e delizia di publisher di tutto il mondo

Prima di tutto, sembra ormai completamente sdoganato l’approccio multipiattaforma. Dopo che Microsoft ha rotto gli indugi, portando sulle console Sony alcune sue produzioni, il colosso nipponico prima ha cominciato con trasposizioni su PC dei migliori giochi apparsi su PlayStation 4 e PlayStation 5, adesso invece punta direttamente alla pubblicazione su entrambe le piattaforme, come testimonia il futuro Concord, hero shooter 5vs5 che debutterà in contemporanea su PC e PlayStation 5.

Multipiattaforma fa rima con un pubblico per forza di cose più ampio e maggior libertà di scelta per l’utenza, un win-win che speriamo possa diventare sempre più lo standard, non ce ne vogliano i videogiocatori anacronistici ancora pronti ad imbracciare un fucile virtuale e partire per una console war ormai inutile e superata.

Lo stesso Concord ci parla anche di una Sony attratta e direzionata verso i live service, croce e delizia di publisher di tutto il mondo che, uno dopo l’altro, si stanno scontrando contro un muro apparentemente insormontabile, edificato dagli unici game as a service che funzionano davvero e che, per nulla casualmente, sono gli stessi ormai da anni e anni. Fortnite, Minecraft, Genshin Impact: quanti giochi simili abbiamo visto fallire nel tentativo di raggiungere la terra promessa occupata in maniera quasi definitiva da questi pochi nomi? Concord vuole invadere il territorio di Overwatch e, stando allo scarsissimo gradimento incontrato dal trailer su YouTube, la strada sembra già in salita.

I videogiochi, in ogni caso, corrono anche in questa direzione e Sony, pur senza quella potenza di fuoco preannunciata dall’ormai ex Jim Rayan, vuole tentare fortuna. Speriamo solo che, se Concord non dovesse andare come auspicato, a pagare le conseguenze non siano solo gli sviluppatori, ma anche i dirigenti che dettano il business model da seguire.

C’è dell’altro nello State of Play del 30 maggio, qualcosa che finalmente potrebbe andare nella direzione desiderata da una buona fetta di videogiocatori che di produzioni ultramilionarie, costrette a durare inutilmente più di cinquanta ore e a spalmarsi su mappe ridondanti e immotivatamente immense, non ne sentono più alcun bisogno. Titoli come Ballad of Antara, Where Winds Meet, Infinity Nikki, ma anche lo stesso Astro Bot e Monster Hunter Wilds, testimoniano come sia vivo l’interesse intorno a produzioni che potremmo definire doppia A. Ovvero giochi che a fronte di investimenti di tempo e denaro più contenuti, un po’ come è stato per il recente Stellar Blade, propongono comunque esperienze dotate di una visione d’insieme degna sia in termini artistici, che per quanto concerne l’aspetto ludico.

Se vogliamo, questo tipo di giochi, ovviamente le dovute distinzioni, rincorrono un po’ il modello di Nintendo, fatto di giochi dai valori produttivi meno ambiziosi, come visto di recente in Princess Peach: Showtime!, ma non per questo non adatti ad un certo e ben specifico tipo di pubblico. Se questo modello dovesse prendere piede, potremmo godere di una maggior varietà e frequenza di produzioni comunque valide ed interessanti, senza per questo attendere i tempi biblici di produzione dei comuni tripla A.

Vedremo cosa ha in serbo per noi il resto della Summer Game Fest e se questi trend messi in risalto dallo State of Play verranno ulteriormente confermati o meno.

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