SuperHot vr

SUPERHOT VR – Recensione PlayStation VR

Tra tutti i titoli sfornati dal “mercato indipendente” negli ultimi anni, è impossibile non riservare un posto d’onore a SUPERHOT. Un titolo che potremmo definire unico nel proprio genere senza rischiare di esagerare, mosso da una visione per certi versi rivoluzionaria nel panorama dell’industria e corroborato, che male non fa, da una direzione stilistica di sicuro impatto. Apparsa su PC nel corso del 2016, l’estetica raffinata di SUPERHOT ha da poco compiuto i propri primi passi nell’universo del virtuale, raccogliendo consensi ancora maggiori grazie ad una versione – disponibile ai possessori di Oculus Rift – capace non solo di confermare la bontà del concept originale del piccolo sviluppatore, ma anche di espandere ulteriormente quanto di buono già visto, promuovendo proprio la tecnologia VR a “luogo ideale” per godere al meglio dell’esperienza. Un’esperienza – ed è il caso di dire finalmente – da poche ore disponibile anche ai possessori di PS VR, pronti a calarsi in un universo di hacker e sofisticazioni informatiche ulteriormente ampliato e capace, al netto di qualche peccato di gioventù del visore Sony, di confermarsi come una delle esperienze più eclatanti ed avvincenti nell’intero parterre di titoli virtuali del colosso del Sol Levante. Tempo dunque di mettere nuovamente in carica i fedeli Move, richiesti obbligatoriamente dal titolo per immedesimarsi al meglio con l’alter ego digitale, e di liberare parecchio spazio nel nostro salotto: ma fidatevi, ne vale drammaticamente la pena.superhot vrL’idea portante di SUPERHOT è tanto semplice quanto geniale: il tempo si muove solo quando noi ci muoviamo. Se già la versione “liscia” funzionava alla meraviglia, delegando il movimento e la rotazione della telecamera ai due stick analogici, c’è il rischio di rimanere quasi di sasso nello scoprire come, una volta “dentro” gli ambienti asettici di SUPERHOT VR, l’equazione funzioni in modo ancora migliore. Nonostante la risoluzione inferiore e alcuni problemi (a tratti forse troppo evidenti) con un aliasing mal gestito, complice la tenera età della tecnologia Sony, è stupefacente come schivare, attaccare il nemico o interagire con armi e altri oggetti di scena diventi facile e naturale. I meriti vanno alla possibilità di percepire in modo più evidente la profondità e, di conseguenza, alla facilità nel calcolare la distanza tra noi e ogni eventuale pericolo su schermo, fattori che rendono l’esperienza di SUPERHOT VR un qualcosa che lascia inizialmente spiazzati, per premere poi l’acceleratore nell’arco di pochi minuti e regalare sessioni di gioco memorabili.

Sia chiaro: non stiamo parlando di un passatempo “facile”. Più ci si addentra nelle routine di SUPERHOT VR, simbolicamente rappresentate da un floppy disk da inserire all’interno di un anacronistico PC e da un casco ancor più vintage da “infilare a due mani” sul proprio capo a programma caricato, più le variabili da tenere in considerazione per uscire vivi dalla sequenza iniziano a salire. L’inderogabile compensazione della mira per colpire un eventuale obiettivo tenendo conto del suo movimento, la necessità di muoverci per uscire dalla traiettoria di un colpo nemico che, tuttavia, farà avvicinare di metri preziosi proiettili e altri malintenzionati, sono solo alcune delle problematiche da affrontare nelle letali sequenze di SUPERHOT VR: che, complice un command schema intuitivo ed immediato, non è certo avaro nell’offrirci soluzioni interessanti per salvarci la pelle.

L’idea portante di SUPERHOT è tanto semplice quanto geniale.

Fulcro dell’intera esperienza di gioco sono le nostre mani “virtuali”, realizzate assecondando la stilosissima vena artistica dei designer di SUPERHOT: impossibile anche solo pensare ad un SUPERHOT VR privo di motion control, laddove sarà proprio il movimento delle nostre mani (mappato, a volte con un pizzico di ritardo o con qualche sbavatura dai due Move) a determinare il movimento del tempo – e, inutile quasi sottolinearlo, a farci guadagnare l’accesso allo scenario successivo. Come farlo è presto detto: il trigger posteriore per afferrare qualsiasi oggetto (e, nel caso di armi da fuoco, per far partire il proiettile), il pulsante Move per aprire la mano e lasciar precipitare al suolo qualsiasi cosa in essa stretto. Schivate dell’ultimo secondo, ripari dietro a coperture o fendenti ad una o due mani, che si tratti di pugni o letali affondi di katana, sono tutti a carico nostro. E quando vi accorgerete che, tra i trofei disponibili, uno richiederà di bruciare 1000 calorie in una sola sessione di gioco, capirete come, in SUPERHOT VR, sia davvero impossibile rimanere fermi.
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Ecco spiegato il motivo per cui, nonostante l’assenza di raccomandazioni speciali a riguardo, per godere appieno di questa esperienza VR sarà richiesto parecchio spazio libero attorno. Ritrovarsi a tirar cazzotti al muro, nello spasmodico tentativo di sfondare la mascella ad una di quelle odiose sagome rosse giuntaci troppo a ridosso, o a sbattere contro qualsivoglia ostacolo cercando di schivare mezza dozzina di proiettili a mo di Neo in Matrix non sono evenienze così rare (chi ha orecchie per intendere, intenda). E di situazioni “frenetiche” in SUPERHOT ne troverete a bizzeffe sin dall’inizio: un po’ come quando ti ritrovi un nemico armato ad un palmo di naso, e senza nemmeno pensarci due volte ti parte un diretto destro che Mike Tyson levate. Afferri la pistola a mezz’aria con la mano sinistra e, sempre nell’arco di pochi secondi, pianti un proiettile nel cranio dello scellerato che proprio da sinistra ti corre incontro con una spada sguainata: spada che volteggia a mezz’aria nell’attesa di farsi raccogliere al volo dalla mano libera, dando il là ad una voluttuosa ed affilatissima danza che si conclude con la testa del terzo disturbatore, stavolta proveniente dal lato opposto, che rotola a meno di un metro dal resto del corpo.

Capirete da soli, insomma, che di occasioni per muoversi in SUPERHOT VR ce ne sono parecchie: e questo senza considerare la necessità di abbassarsi, di spostarsi leggermente per colpire un eventuale bersaglio parzialmente nascosto, di schivare gli altrui affondi o di “tirar di braccia” come forsennati quando è ora di usare i coltelli o di lanciare un paio di shuriken. O perché no, una pistola scarica dritta sulla fronte nemica. Tuttavia, ed è davvero il caso di sottolinearlo ancora una volta, qualsiasi cosa facciate – dall’inclinare/ruotare la testa al muovere i Move – farà inesorabilmente scattare il letale meccanismo del tempo: restare concentrati solo su un obiettivo è forse il modo più veloce per morire, visto che in qualsiasi istante potrebbe arrivare un proiettile inatteso dalle nostre spalle e costringerci ad affrontare la sezione da capo. Serve intuito, un pizzico di riflessi e un’oculatezza certosina nel muovere il nostro corpo: un passo in più, al momento sbagliato, potrebbe essere fatale.

Impossibile anche solo pensare ad un SUPERHOT VR privo di motion control

SUPERHOT VR, insomma, funziona che è un piacere. L’immersione si “paga” in termini di movimento e, dunque, di spazio, ma bastano davvero pochissimi minuti per ritrovarsi letteralmente invischiati all’interno di un universo inquietante e capace di stupire scenario dopo scenario. Gli unici limiti di questa perla indipendente, tuttavia, risiedono proprio nell’hardware per i quali è stata progettata: la risoluzione inferiore rispetto alla controparte PC, alcuni bug che ridimensionano l’impatto coreografico dei vari scenari – che resta comunque di altissimo livello, un’identificazione non sempre fulminea dei Move che si traduce in un comportamento alle volte imprevedibile delle nostre mani virtuali (girarsi di scatto verso destra o sinistra, ad esempio, ha fatto impazzire i nostri arti almeno in un paio d’occasioni). La versione Oculus, in questi termini, gira su numeri sicuramente migliori: resta comunque il fatto che, al netto dei difetti appena elencati, nessuno sano di mente oserebbe negare che, nel mare magnum di produzioni per PS VR, SUPERHOT VR sia un acquisto praticamente obbligato. Provare per credere.

Conclusioni

Ve la mettiamo giù facile: SUPERHOT VR, al netto di qualche difetto di gioventù, è la versione definitiva del titolo che molti, negli ultimi 12 mesi, hanno amato alla follia. Rivisitato nei contenuti (con l’aggiunta di scenari inediti e ulteriori dettagli narrativi) e capace di regalare un’immersione di altissimo livello, l’opera d’esordio dell’omonimo team è qualcosa che i fruitori assidui della realtà virtuale non dovrebbero lasciarsi sfuggire per nessuna ragione al mondo. Allo stesso modo, l’assenza di motion sickness (nonostante la durata non certo sfuggevole delle sezioni di gioco più avanzate) e l’intuitività del sistema di controllo rendono SUPERHOT VR ideale anche per i curiosi, ancora indecisi sulle potenzialità di questa tecnologia recente alla ricerca di un’esperienza davvero significativa.

Dopo aver divorato la versione “liscia” poco meno di un anno fa, ci siamo ritrovati letteralmente rapiti da una spirale virtuale capace di renderci padroni del tempo e della fisica stessa: una sensazione magnifica, resa in modo leggermente meno superbo rispetto alla controparte Oculus Rift, ma ugualmente divertente e destabilizzante. SUPERHOT VR vi farà sudare nel vero senso della parola, vi farà maledire quel dannato proiettile apparsi chissà da dove e, in svariate circostanze, vi insinuerà sotto la pelle la malsana idea di scagliare uno dei due Move ad un paio di metri di distanza. Ma, assieme a Rez e Resident Evil 7, è una delle partite migliori in assoluto giocate da PS VR. Al posto vostro, non ci penseremmo due volte.

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