Colonia – I videogiochi ci hanno più volte ricordato che su Marte, con molta probabilità, ci saranno alieni armati fino ai denti e pronti a perforarci il cervello con le loro armi sofisticate quanto letali. Basterà mettere piede lì, sul Pianeta Rosso, e puff, diventeremo tutt’uno con la polvere cosmica di cui è interamente coperto. Ma Paradox Interactive e Haemimont Games, due pesi massimi del genere strategico/gestionale (publisher e sviluppatore di serie come Europa Universalis, Crusader Kings e il recente Stellaris, i primi; autori di Tzar, Imperium e in cabina di regia della serie Tropico dal terzo capitolo in poi, i secondi) non ci stanno. Su Marte potrebbero non esserci forme di vita ostili, e anzi, il compito dei terrestri, e nello specifico del giocatore, è quello di appurarlo, e con l’occasione tirar su qualche prezioso minerale per tenere buoni gli sponsor che hanno pagato la spedizione. Perché l’amore per la scienza è lodevole, ma quello per i quattrini lo è ancor di più.
Ma si sa: quando ci sono tanti, troppi interessi di mezzo, le cose iniziano a complicarsi. E il team, in occasione della nostra prova in quel della gamescom, ha stuzzicato la nostra immaginazione confessandoci che tra una città da gestire e l’altra, dovremo anche indagare su alcuni misteri che avvolgono il Pianeta. E facendo due più due con la per nulla nascosta passione per la sci-fi anni ’60-’70, chissà chi o cosa ci ritroveremo tra i piedi una volta entrati nel vivo di Surviving Mars.
Ma bando alle ciance, torniamo a quel che ci interessa per davvero, l’anima gestionale. Surviving Mars è un city builder, e all’avvio della partita avremo a disposizione una vasta area, generata proceduralmente ad ogni New Game, una soluzione in grado di rendere variegato ogni nuovo salvataggio.
Una volta aperta la “scacchiera”, dovremo scegliere in quale riquadro iniziare a coltivare i germogli della nostra civiltà: in quel frangente ci tornerà molto utile lo Scan, in quanto ci offrirà qualche utile informazione sulla natura del terreno e sulla tipologia di risorse presenti, necessarie a costruire strutture via via più cruciali per lo sviluppo della popolazione e per la crescita della metropoli. In questo modo potremo decidere di suddividere ordinatamente le varie colonie, concentrando la presenza di minatori e lavoratori in quelle porzioni di pianeta più ricche e rigogliose, mentre quelle più libere e desertiche potremo plasmarle a nostro piacimento e trasformarle, perché no, in vere e proprie oasi, con tanto di piante, diner, scuole e chi più ne ha più ne metta.
Ma, ed è bene tenerlo a mente, siamo su Marte, non sulla cara, famigliare e accogliente Terra: l’unico modo che i nostri cittadini hanno per respirare lì è all’interno di speciali strutture circolari, dei padiglioni che, di fatto, andranno a limitare il nostro potere costruttivo, costringendoci a giocare d’astuzia per strutturare al meglio gli edifici e le zone abitate, e gestire al meglio i pochi spazi a nostra disposizione. Ruolo molto importante lo avranno anche turbine, trivelle e tubature, peraltro pronte e rompersi da un momento all’altro (ma i nostri fidi robot costruttori provvederanno a ripararle automaticamente), con cui raccogliere le risorse fondamentali per il processo di costruzione.
È però nei “dome” che la nostra popolazione si moltiplicherà, ben protetta da asteroidi e tempeste di sabbia, a patto, ovviamente, di trattarla come si deve e concedergli anche un po’ di svago, costruendo palestre, gioiellerie, ma anche infermerie e torri-giardino che daranno un tocco “terrestre” all’arida superficie di Marte. È davvero interessante vedere come il team abbia fatto di tutto per ricordarci che la vita sul Pianeta Rosso deve essere un inferno, e c’è anche un’intrigante meccanica, basata sulla personalità dei cittadini, a complicarci potenzialmente le cose. Ognuno di loro, infatti, svilupperà dei tratti distintivi, tra chi risulterà essere più efficiente, chi più pigro, chi passerà più tempo a bere al bar e chi invece non legherà molto con gli altri, tratti che andranno chiaramente ad influenzare le loro performance e i loro comportamenti.
Tramite le scuole e le università potremo inoltre indirizzare verso particolari professioni i coloni, in base alle nostre necessità o al nostro playstyle, ma nulla ci vieterà, e questo vale soprattutto nelle prime fasi, in cui non c’è ancora quell’hummus sociale utile a far fiorire le relazioni (e le nascite), di sceglierci i cittadini, dovendo letteralmente “spedire” sul pianeta un nugolo di terrestri, che potremo selezionare con cura (anche perché si tratta di operazioni dispendiose, in termini di risorse e di tempo, quindi bisognerà prestargli molta attenzione), scegliendo tra il ruolo che avranno all’interno della società, ma anche tra i vari (e tanti) tratti caratteriali.
In conclusione
Purtroppo la nostra prova/dimostrazione è stata davvero breve, e abbiamo potuto solamente scalfire la superficie di Surviving Mars, che arriverà nel 2018, oltre che su PC, anche su PS4 e Xbox One. Di certo ci ha incuriosito la possibilità di esportare vita terrestre sul Pianeta Rosso, su cui, peraltro, potremo incontrare minacce di ogni genere. La costante sensazione di pericolo e di precarietà, ricordata in ogni aspetto da gestire nel gioco, è sicuramente un ulteriore vantaggio, in quanto renderà ogni azione riuscita una piccola vittoria, ma al contempo, se non dosata a dovere, rischia di trasformare l’esperienza in un incubo, ed è questo che il team dovrà evitare ad ogni costo.