San Francisco – Nel nostro vagare tra gli stand della GDC 2018, Sword of Yohh ha catturato la nostra attenzione per due semplici motivi: un gameplay veloce e frenetico, e una certa somiglianza con Nidhogg. Ci è bastato impugnare il pad e scambiare quattro chiacchiere con i ragazzi di Undevs per notare però un gran numero differenze con gli acrobatici duelli all’arma bianca di Messhof Games.
Lo sfondo mitologico c’è, idem il concetto di duello alla base: al centro del gioco c’è infatti il “Duel of Totems”, in cui due o quattro giocatori (2vs2) affrontano una battaglia rituale all’interno delle rovine di un tempio abbandonato. L’obiettivo è quello di distruggere il totem, un gigantesco volto di donna appartenente a chissà quale divinità, in cinque differenti arene e impersonando uno tra sette diversi personaggi, ma c’è un solo modo per arrecare danni alla statua: la Sword of Yohh è l’unica in grado di danneggiarla, e bisognerà contendersene il possesso con l’avversario, per poi lanciarla con quanta più forza e precisione possibile.
Il team paragona questa forma di duello alla pallamano, e forse non a torto: bisogna infatti afferrare l’enorme spada e lanciarla verso la “porta” nemica, anche se il più delle volte ci si ritrova, complice il ritmo forsennato, a lanciarla a casaccio, nella speranza di guadagnare terreno, centimetro dopo centimetro, fino a trovarsi nella condizione più adatta per centrare il bersaglio. Il nostro avversario ha a sua disposizione vari mezzi di difesa: può infatti attivare dei pilastri con cui interrompere la traiettoria del nostro lancio, disattivare ponti con cui farci perdere l’equilibrio e cadere, e in alcuni casi ci penserà anche la morfologia dell’arena a complicarci le cose, richiedendo riflessi e tempismo non indifferenti per contrastare la strategia difensiva dell’altro duellante. Regole semplici, che però non rendono meno elettrizzante ogni battaglia multiplayer, affrontabile sia contro avversari in carne ed ossa che contro quelli gestiti dall’IA, match velocissimi, ai limiti del morti e fuggi, molto più immediati e meno estenuanti del già citato, tecnicissimo, Nidhogg. Un indubbio punto a favore del gioco dei brasiliani Undevs: Sword of Yohh ci ha letteralmente rapito nel giro di due-tre partite.
Ma non è tutto oro quel che luccica: altrettanto velocemente sono emersi dei problemi non indifferenti, alcuni risolvibili in fase di sviluppo, altri bisognosi di importanti interventi dal punto di vista del design. Il control-scheme e i comandi non sempre precisissimi ci hanno portato più volte ad attivare un pilastro invece di afferrare la spada, e viceversa, contribuendo a rendere ancor più confusionaria un’azione già di per sé non così leggibile, e soprattutto, le arene si somigliano sin troppo tra loro, non proponendo chissà quale elemento distintivo (ma anzi, denotando una certa mancanza di varietà), e portando ad un esaurimento repentino delle strategie d’attacco e difensive, che rischiano nemmeno troppo alla lunga di ripetersi fino alla nausea e di trasformare uno scambio di colpi da maestro degno di una partita a scacchi, in una gara di nervi e resistenza e nulla più.
Sword of Yohh ha dalla sua la velocità e l’immediatezza, ma anche un certo grado di complessità in grado di rendere l’esperienza ardua e appagante allo stesso tempo. La sua frenesia può creare dipendenza, complice un’attitudine mordi e fuggi con cui macinare un rapido match dopo l’altro senza nemmeno accorgersene. Al contempo però, alcune problematiche ne minano la godibilità, a partire da una povertà strategica che rischia di appiattire il tutto nel giro di qualche scontro, e una confusione, complici dei comandi da rivedere, che rischia di portare con sé tanta frustrazione. Le basi per creare qualcosa di buono, però, ci sono tutte: il team non ha ancora annunciato né una data di uscita, né possibili piattaforme di riferimento, il che significa che ha tutto il tempo per levigare la sua piccola ma promettente opera.