Tails of Iron – Recensione

Tails of Iron è il perfetto esempio di ambizione controllata. Un piccolo sviluppatore, in questo caso Odd Bug Studio, che decide di creare un piccolo ibrido tra un metroidvania e un soulslike. Il tutto è estremamente contenuto nei valori produttivi e negli spazi, ma non manca l’ambizione di creare qualcosa di originale e a suo modo unico. La storia del topo Redgi e del suo Regno è perfetta per l’idea, così come il mondo 2D che gli fa da sfondo.

Nel momento in cui si avvia Tails of Iron, è già piuttosto chiaro come Odd Bug Studio avesse le idee chiare durante lo sviluppo di questo piccolo grande titolo. Un debutto che dimostra già una certa maturità, nonostante alcune ingenuità e imperfezioni che affossano in parte l’esperienza. Parliamone più nel dettaglio, anche perché non è cosa di tutti i giorni vedere un gioco con topi e rane che si uccidono a vicenda.

L’inizio di Tails of Iron è estremamente piacevole: il piccolo topo Redgi deve battersi con suo fratello per la successione al trono. In quello che di fatto è un tutorial mascherato, Tails of Iron riesce a gettare le basi per un immaginario convincente e piacevole. Il regno dei Topi e la prima esplorazione del castello dimostrano fin da subito una cura per il dettaglio notevole, soprattutto per un titolo di debutto.

Tails of Iron

L’idillio è però presto distrutto, con l’invasione delle temibili e violente Rane, che attaccano il regno e compiono il tanto temuto regicidio. Con una corona che grava sulla sua testa, Redgi è costretto a partire per aiutare il suo popolo ed esiliare le orrende rane (lo sono davvero). Ecco quindi che Tails of Iron mostra la sua natura: un action a scorrimento con degli elementi souls like e da metroidvania, che però sceglie la strada dell’essenzialità rinunciando a qualche complessità di troppo.

Gli elementi ruolistici e parametrici sono in parte assenti, con i movimenti e i danni di Redgi che sono gestiti da tre pezzi di equipaggiamento. C’è quello leggero e pesante, con libertà di movimento maggiori o resistenze superiori. Questo permette al giocatore di concentrarsi sul combat system, più che sull’aspetto parametrico dell’esperienza. Tails of Iron in questo senso è abbastanza punitivo: gli scontri sono cruenti e i danni ricevuti elevati.

Non mancano però modi per passarla liscia: il gameplay è infatti legato ad attacchi pesanti e leggeri, con la necessità di parare con lo scudo per avere la meglio in situazioni concitate. Il problema di Tails of Iron è però la sua imprecisione parziale negli input. Non sempre le hitbox sono chiare e leggibili, soprattutto quando abbiamo intorno a noi più di un nemico.

Gli scontri sono poi gestiti in modo inusuale. Più che muoversi negli spazi 2D con rapidità, la progressione è più lineare e vede gli scontri avere luogo in piccole “arene”. Eliminare tutti i nemici permetterà di proseguire, dando però il là a situazioni di trial & error spesso frequenti. Gli spazi sono angusti e non sempre adatti agli scontri, soprattutto nelle boss fight. L’elemento esplorativo in questo senso è piuttosto asciutto, con un backtracking limitato e un’ampiezza delle aree contenuta.


Conclusioni

Tails of Iron è un buon gioco, e va premiata la lucidità e la visione di Odd Bug Studio. Un bell’ibrido, che riesce a trovare una sua identità nonostante qualche problema negli equilibri di gioco. Chi cerca un’esperienza intensa e appagante troverà nel viaggio di Redgi questo e altro, in un’avventura dalla durata contenuta (dalle 7 alle 10 ore). L’aspetto più riuscito è senza dubbio la direzione artistica.

Tutto in 2D, con gli sfondi e le ambientazioni in parallasse, Tails of Iron è insospettabilmente pieno di dettagli e minuzie. Uno splendido 2D che sembra quasi uscire da un libro illustrato, estremamente sporco e violento nel suo modo di raccontare la guerra. Notevole anche la voce narrante che illustra le vicende al giocatore, con uno splendido doppiaggio inglese. Un buon debutto per Odd Bug Studio.

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