The Banner Saga 3 – Recensione

Forse la saga più tetra che mi sia mai capitato di giocare, con The Banner Saga mi sono trovata al comando di una carovana di gente disperata, attanagliata dai morsi della fame e in fuga da quello che sembrava essere un nemico invincibile; attraversando terre dai chiari riferimenti norreni (che permeano in realtà tutta la produzione, dalla storia al design) in cerca di un rifugio, di speranza, non importa dove l’avrebbero trovata, queste persone hanno solo incontrato altri rifugiati, altri nemici, ancora più conflitto. Se siete appassionati dei GdR tattici, amate le sfide e vi piacciono quelle narrazioni che hanno il sapore di una leggenda, allora non potete ignorare una trilogia sviluppata con tanta cura.

Proprio oggi infatti si conclude il ciclo con The Banner Saga 3, che andremo a breve a recensire. Uno dei pregi di questa saga, come ho appena scritto, è la storia: raramente mi sono scoperta coinvolta nelle vicende dei personaggi, preoccupata per il loro destino, quanto mi è capitato con i protagonisti ideati da Stoic. Non sono sicura fino a che punto sia coinvolta la qualità della scrittura e dove invece entri di prepotenza il peso delle mie scelte, i cui esiti sono quasi sempre stati imprevedibili, ma quale che sia il motivo mi sono trovata incredibilmente coinvolta da una serie che – devo ammetterlo – ho scoperto per caso. Il gameplay è circoscritto soprattutto ai combattimenti, dove la nostra capacità strategica e decisionale sarà fondamentale per la vittoria che tuttavia non è strettamente necessaria per proseguire nel gioco; il bello di The Banner Saga sta proprio in questo dettaglio, nella possibilità di essere sconfitti e comunque proseguire – pagando il prezzo di una pessima gestione della battaglia. Non esiste un vero e proprio game over, qui, solo scelte giuste e sbagliate, sia spade alla mano sia gestendo la nostra carovana.

Se avete giocato ai primi due capitoli, sapete che la serie non fa le cose a metà. Pur essendo cominciata come una campagna Kickstarter sorretta da un team relativamente piccolo, questo non ha impedito di presentare al pubblico bellissimi artwork, un gameplay fortemente strategico e una storia concitata nella quale le nostre scelte contano davvero e spesso portano a conseguenze inaspettate. Come tutte le leggende nordiche alle quali si ispira, tuttavia, ogni epopea deve trovare la sua fine e The Banner Saga 3 ci riesce con quello che – con un linguaggio meno poetico – definirei un bel botto. Dopo aver seguito fino in fondo le avventure di Iver, Juno, Rook (o Alette) e di tutti gli altri personaggi condannati a soccombere di fronte a una oscurità inarrestabile, non c’è dubbio nel dire che il gioco si comporta proprio come un sequel dovrebbe fare. Non reinventa la ruota, preferendo piuttosto puntare sulle caratteristiche migliori dei capitoli che l’hanno preceduto e su quelli costruire l’esperienza mentre accompagna verso una conclusione che non manca di lasciare l’amaro in bocca ma non per questo si mostra deludente, anzi.

Come nei capitoli precedenti, The Banner Saga 3 vi porta a controllare due diverse carovane in viaggi paralleli: la prima, guidata da Rook o Alette a seconda delle vostre precedenti scelte, ha raggiunto Arberrang ai limiti del mondo conosciuto per trovare riparo dall’Oscurità – una forza misteriosa e antica che stravolge qualunque cosa tocchi trasformandola in creature chiamate Distorti che non sfigurerebbero in una storia di Lovecraft. Tuttavia non saranno loro a dover affrontare questi incubi, poiché ancora in una zona franca, bensì la compagnia guidata da Iver, Juno ed Eyvind, che affonda nell’Oscurità per trovare l’origine di tutto e con un po’ di speranza debellare questa piaga: bisogna tornare a quella Torre dove tutti è iniziato, lì dove i Varl hanno soccorso i due riparatori durante il primo capitolo della saga. Prima di guardare alle implementazioni di The Banner Saga 3, una spiegazione veloce per chiunque non abbia mai approcciato la serie prima (e ai quali naturalmente consiglio di cominciare dall’inizio, sia per una migliore comprensione degli eventi sia perché si possono importare i salvataggi di gioco in gioco): il combattimento si svolge su una griglia quadrata lungo la quale i personaggi si muovo e attaccano scegliendo fra l’attacco di base semplice oppure diverse abilità.

Gli spostamenti sono limitati alla capacità di movimento dell’eroe in uso e ogni passo in più consuma volontà, quello stesso fattore che ci permette di utilizzare abilità speciali. Oltre alle varie debolezze di classe, sono due i fattori principali da tenere in considerazione: l’Armatura e la Forza. La prima costituisce la difesa del personaggio, dunque più è alta e meno danni possono essere inflitti; la seconda rappresenta invece, oltre ai punti vita, il valore di attacco del personaggio e il danno viene calcolato dalla differenza fra i valori di forza nostri e del nemico. In questo senso, dunque, abbassare la Forza di un avversario potrebbe essere efficace tanto quanto ucciderlo. Ogni uccisione “accende” inoltre una stella sul corno in alto al centro dello schermo: si tratta di un bonus aggiuntivo che possiamo utilizzare quante volte vogliamo a inizio turno per assegnare un punto volontà al personaggio attivo. È un valore aggiunto in grado di fare una netta differenza fra vittoria e sconfitta.

The Banner Saga 3 è la chiusura perfetta di una trilogia epica

Ogni vittoria aumenta la nostra fama, che in The Banner Saga rappresenta la valuta grazie alla quale migliorare i nostri guerrieri o contrattare con i mercanti. Nei due precedenti capitoli questo aspetto pesava moltissimo sull’economia di gioco, data la necessità di mantenere in vita i membri del clan avendo scorte a sufficienza per il viaggio – scorte per le quali era spesso necessario tanto sacrificare i potenziamenti dei soldati quanto entrare in battaglie avverse con il solo obiettivo di guadagnare fama e sopravvivere un giorno in più. Inoltre, l’aspetto decisionale si riflette anche nelle scelte che dovremo compiere a mano a mano nel corso dell’avventura, sia a livello di storia sia di eventi secondari che, di nuovo, possono alterare in bene o in male la situazione. Va detto che non si tratta di decisioni semplici da prendere, perché le possibilità tra cui scegliere sono molte e Stoic ha fatto in modo che fra i due estremi (più permissivo e più irremovibile) ci siano delle sfumature in grado di farci dubitare a lungo su quale di fatto sia la soluzione migliore. I risultati nonostante tutto, come già ho scritto, non sono per nulla prevedibili.

The Banner Saga 3 è stato alleggerito in questo senso, perché la permanenza ad Arberrang per Rook/Alette e la sua carovana non richiede lo stesso quantitativo di cibo rispetto a un lungo viaggio e perdere eventuali membri per decisioni poco oculate non influenzerà la partita come prima, se non verso un determinato punto della storia; per contro, il gruppo guidato di Iver non ha proprio necessità di mangiare e questo significa che la fama può essere interamente spesa per potenziare i guerrieri, specie considerando che più ci avvicineremo alla fonte dell’Oscurità e più difficili si faranno i combattimenti. Non che poi ad Arberrang le cose vadano meglio ma nemici umani o Distruttori, cui ormai siamo abituati, sono molto più gestibili dei Distorti e non influenzano il campo da gioco: i resti di queste creature rimarranno infatti sul terreno per qualche turno una volta uccise, sottraendo un punto volontà a chiunque le attraversi e dunque ostacolando la nostra strategia.

Sono due le novità principali del gioco: anzitutto il level cap è stato ulteriormente aumentato, superando il precedente limite di dieci. Inoltre, dal livello undici si sbloccano una serie di tratti eroici tra i quali sceglierne uno che definirà il nostro personaggio e gli conferirà caratteristiche uniche: questo tratto può essere sviluppato fino a cinque volte spendendo sempre più punti fama, una scommessa su cui vale la pena puntare con quello che considerate il vostro eroe di punta. Infine sono state migliorate le ondate. Se ben ricordate, nei capitoli precedenti era possibile affrontare più scontri oppure, dopo il primo, scegliere di abbandonare il campo lasciando indietro qualche unità. In The Banner Saga 3 torna questa meccanica ma più rifinita: anzitutto potrete capire quando una battaglia si prolungherà in più sessioni perché accanto alla sequenza dei turni comparirà un indicatore a segnare quanti ne avete a disposizione prima che, volenti o nolenti, arrivino i rinforzi nemici. Se riuscirete a vincere prima, potrete scegliere di restare sul campo oppure abbandonarlo e nel caso decidiate di combattere potrete sostituire le unità indebolite con altre più fresche, senza tuttavia cambiare la loro posizione sulla griglia. Si tratta indubbiamente di un passo avanti fondamentale per gestire situazioni complesse, a maggior ragione perché questi scontri extra vi conferiranno un oggetto raro come ricompensa. In assenza di mercanti, sono l’unica possibilità che avete per ottenerli. L’aggiunta di nuove classi fra alleati e nemici concorre a migliorare ancora di più un sistema di combattimento ben costruito e coinvolgente nella sua apparente semplicità, quanto basta per non far accusare la ripetitività dei combattimenti. A evitare questo inciampo è anche la durata complessiva del gioco che non va oltre le quindici ore, perfetta per questo tipo di esperienza se si considera che – giocato nel complesso – The Banner Saga supera tranquillamente le quaranta ore.

A livello narrativo, Stoic dimostra una volta di più le proprie capacità, tessendo un capitolo finale intriso di disperazione, eroismo, avidità e tutti quei sentimenti che solo una situazione senza possibilità di ritorno può provocare: una vera e propria epopea, di quelle che anticamente venivano tramandate dai bardi, arricchita in questo terzo capitolo da pochi filmati animati e occasionale doppiaggio che nonostante tutto aggiungono altro valore al gioco. Il cast molto ampio è stato ben caratterizzato, le scelte messe a disposizione sono tante e sempre delicate da prendere, soprattutto per la carovana che alloggia ad Arberrang perché c’è un momento in cui i proverbiali nodi verranno al pettine e la ponderatezza delle vostre decisioni sarà l’ago della bilancia per il vostro destino. Insomma, sebbene la componente strategica concorra a vivacizzare il gioco e tenerci sospesi in punta di dita, la vera colonna portante in The Banner Saga 3 (come poi in tutta la serie) è la struttura narrativa in cui la drammaticità della situazione emerge con prepotenza, coinvolgendoci nell’atto finale di quella che si è preannunciata come una tragedia.

Un capitolo finale caratterizzato da un forte pathos

Dal punto di vista tecnico, al di là di una componente artistica sempre bellissima a vedersi e migliorata nel tratto, con linee più pulite a definire i personaggi, la versione per Switch di The Banner Saga 3 non è esente da alcuni difetti: passando oltre all’unico crash della partita, il gioco soffre in modalità docked di evidenti cali di framerate soprattutto nelle battaglie più concitate, con rallentamenti al di sotto dei 30fps, mentre questo problema non si presenta in modalità portatile dove invece tutto scorre più fluido. Per contro, la schermata non è stata ottimizzata al meglio quando si gioca console alla mano e i dialoghi durante le marce della carovana appaiono troncati in maniera piuttosto brutta a vedersi. Un appunto negativo anche in merito alla localizzazione: contrariamente ai precedenti che ne hanno vista l’implementazione in seguito, il terzo capitolo offre una traduzione italiana fin dall’inizio, purtroppo non molto convincente. C’è un po’ di approssimazione e un uso spesso sbagliato dei pronomi, soprattutto per quanto riguarda la storia ad Arberrang. Non è stato raro, proseguendo la storia con Rook, sentirsi apostrofare come se al suo posto ci fosse stata Alette. Questo non vi impedisce di apprezzare l’opera di Stoic, senza contare che la Day One Patch lima questo e diversi altri aspetti (aggiungendo anche nuovi tratti eroici e un tutorial per Juno), ma se siete più ferrati con l’inglese potreste voler giocare direttamente in lingua.

Conclusioni

The Banner Saga 3 chiude e conferma quello che è un piccolo – ma nemmeno troppo – capolavoro. L’opera di Stoic si è evoluta di capitolo in capitolo, sviluppando dei sequel che non hanno reinventato nulla ma piuttosto migliorato degli aspetti che già alla base funzionavano molto bene: il sistema di combattimento è profondo quanto basta per offrire un buon livello di sfida, senza eccedere in una complessità tecnica che andrebbe a oscurare la sua parte migliore – la narrazione. La storia messa in atto è incredibilmente emotiva e coinvolgente, ricca di colpi di scena inaspettati anche nelle decisioni “minori”, perché nell’epopea di uomini e varl non c’è nulla che abbia meno importanza di altro.

A modo suo, The Banner Saga ci ha mostrato cosa significa avere la responsabilità di centinaia di persone, essere padroni delle loro vite e condannarli per un banale errore: questo terzo e ultimo capitolo chiude il cerchio di una tragedia annunciata ed è un peccato che su Nintendo Switch non mostri tutto il suo potenziale. Se siete appassionati della serie, sapete già cosa fare. Se invece non la conoscete o avete preferito aspettare la conclusione della trilogia, è tempo di fare il grande passo: soprattutto perché da oggi è disponibile completa anche in versione retail.

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